III

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Erin Fenya Ivanov, quartieri periferici di Mosca, Russia.

Attesi nel vicolo buio con le orecchie allerta e la magnum nascosta nella mia borsetta. Era rischioso, ma avevo bisogno di conoscere la portata del pericolo a cui la mia famiglia sarebbe potuta andare incontro, se non avessi accettato i patti dello sconosciuto. Erano mesi, precisamente da quando Aleksei era entrato nel programma di addestramento, che quel tizio mi aveva contatta.

"Cosa vuoi," dissi all'ombra appostata nel buio quando la notai. "Dimmi ciò che vuoi, sono una Ivanov, posso darti tutto, ma lascia in pace la mia famiglia."

L'ombra uscì allo scoperto e finalmente potei osservare il reale volto di colui che mi minacciava da mesi: italiano. Quell'aggettivo fu il primo che il mio cervello collegò al ragazzo slanciato, dai capelli ricci e con la sigaretta in bocca. Aveva il fascino magnetico di chi non aveva perso un mese di sole e gli occhi di un color castagna così intenso da perdercisi. Nel complesso era un bel ragazzo, affascinante, sicuramente, ma letale come tutti gli italiani.

"Oh, signorinella, ma io voglio te." Fece un passo verso di me e si scompigliò i capelli, presumibilmente doveva avere su per giù l'età mia e di Aleksei, forse più grande di un paio di anni. "Proprio te, la bellissima Erin Fenya Ivanov." Scoccò la lingua sul palato. "La Donna più chiacchierata di tutta la mafia."

Indietreggiai. "Mi hai minacciato per mesi solo per chiedermi un appuntamento?" Inarcai un sopracciglio biondo e lo squadrai. "Sono cresciuta credendo che la mafia italiana fosse più intelligente e letale, ma a quanto pare non sempre la reputazione corrisponde al vero." Mi morsicai la lingua, solo parzialmente conscia del pericolo a cui mi fossi davvero esposta: dovevo essere cauta o mi avrebbe ammazzato sul colpo. "Perdona la mia irruenza."

Il giovane ragazzo buttò la testa all'indietro e rise di gusto, per poi tornare serio quasi trenta secondi dopo.

"Sulla tua persona ci sono alcune voci che circolano tra i miei ranghi." Chiuse la distanza e mi sollevò il mento con un dito; nonostante la paura ed il terrore, non permisi all'italiano di smascherarmi, dovevo essere fiera come mio padre mi aveva insegnato. "Una tra queste è che tu non sia una vera Ivanov, signorina."

Sorrisi crudele ed allacciai i miei occhi azzurri ai suoi.

"Direi che dovresti aggiornare le notizie dei tuoi uomini, perché sono decisamente una Ivanov." Sostenni il suo sguardo e all'interno delle iridi marroni smascherai la verità: lui mi credeva, mi credeva così disperatamente che sarebbe stato semplice rifilargli altre bugie, ma fui cauta e non parlai di più. Era un ragazzo, come tutti noi, un ragazzo inesperto e impaurito dai propri compiti. "Non conosco il tuo nome." Sorrisi. "Se devo trattare con il mio aguzzino almeno voglio sapere il suo nome, considerato che lui sa perfettamente chi sono."

Rise ancora e mi accarezzò la guancia.

"Tommaso Bruno al vostro servizio, signorina."

"Tommaso Bruno," assaporai il suo nome sulle mie labbra, ma non diedi a vedere il mio attonimento: sapevo esattamente chi fosse e quale ruolo la sua famiglia avesse assunto nella storia della Drakta. "No, non conosco nessun Tommaso Bruno, suppongo non siate così importanti qui in Russia."

"No, no, bambolina." Mi appoggiò le labbra sul collo e tremai dal terrore, ma Tommaso la scambiò per eccitazione e sorrise fiero. "Noi siamo importanti in America ed è proprio questo il punto: tu mi dovrai aiutare, principessa." Sorrise ancora mostrando i denti bianchi e perfettamente allineati. "Tu, bellissimo cigno bianco, sei proprio ciò che mi serve." Mi regalò un bacio sulla guancia. "Il mio jolly del mazzo."

Aleksei Fabiano Ivanov, Villa Ivanov, Mosca-Russia

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Aleksei Fabiano Ivanov, Villa Ivanov, Mosca-Russia.

Avevo davvero un brutto presentimento quando lanciai il telefono con le foto a mio padre e appoggiai i piedi sulla scrivania.

"Giù i piedi, Aleksei."

Seguii docile il comando e sbuffai, per poi iniziare a camminare nella stanza in preda al nervoso. Mi morsicai la mucosa interna della guancia più e più volte, prima che mio padre mi richiamasse.

"Aleks?"

"Mh?" Feci una mezza piroetta sul tappeto orientale. "Sì?"

"Dove hai trovato questi messaggi?" I suoi occhi azzurri mi penetrarono il cranio come due laser. "Allora?"

"Okay"—mi lanciai sulla poltrona di fronte alla bella scrivania in mogano e adagiai i piedi su di essa—"questa notte sono andato a trovare Erin e-

"I piedi." Il suo sguardo omicida mi fece desistere dal tenere i piedi sulla scrivania. "Eri da Erin?"

"Esatto"—mi allungai verso di lui—"ero da Erin per capire che cazzo le fosse successo negli ultimi sei mesi ed ho assistito ad una mezza crisi isterica. Mi ha liquidato in una decina di secondi, forse meno, e, padre, posso giurartelo, ho davvero avuto uno strano presentimento, uno di quelli che ti fanno rabbrividire." Indicai il telefono con un cenno del capo. "Ho preso il suo telefono e ho trovato quelle chat."

"Aleks..." Mio padre inarcò le sopracciglia stupito. "Tu mi stai dicendo che un sesto senso ti ha ragguagliato su una determinata intuizione e per questo hai cercato nel telefono di Erin?"

Okay, sì, poteva sembrare un ragionamento astruso e da dilettanti, ma era andata proprio in quella maniera.

"Esattamente!" Mi animai. "Proprio così."

La sua incredulità si acuì maggiormente, come se avessi reso vera una sua supposizione.

"Ed esattamente, Aleksei, hai paura che Erin esca con qualcun altro?"

"No, cioè -

"Perché queste sono chat di due ragazzi che si frequentano e con tutta probabilità, Erin ha evitato di tirare fuori l'argomento con suo padre perché non è pronta, o semplicemente il ragazzo non fa parte della nostra società e sta cercando di scaricarlo."

Sbalordito dal ragionamento di mio padre mi lasciai andare sulla sedia.

"No, Erin non sarebbe uscita con-

"Con nessuno?" Spense il mio telefono e lo appoggiò sulla scrivania. "Aleks-

"No, so cosa può sembrare, padre, ma non è assolutamente un attacco di gelosia, io so che Erin non avrebbe mai accettato nessun altro."

Mio padre si stropicciò il viso. "Aleksei, cancella questa immagine dal telefono e vai a dormire, non posso assolutamente allarmare Andrej per due messaggi di quel tipo."

Mi stizzii. "Mi credi un idiota?"

"No."

"Sì, mi credi un idiota, è l'unica soluzione alla tua risposta." Mi sollevai dalla sedia infuriato e a grandi passi raggiunsi la porta. "Ti dico che Erin ha qualcosa che non va, che in tutta questa storia c'è qualcosa che non quadra e te lo dimostrerò."

"Aleksei." Mio padre si sollevò dalla poltrona e attraversò lo studio per fronteggiarmi. "Non sto dicendo che non ti credo, sto semplicemente dicendo che purtroppo sono delle prove troppo blande per credere davvero che Erin sia incappata in qualcosa di brutto, ma se dovessi scovare qualcosa, qualsiasi minaccia nei confronti di mia nipote, sarei il primo a sostenerti. Però, purtroppo, con quelle prove scarse non potrei mai." Mi appoggiò le mani sulle spalle e sospirò. "Ti prego di capirmi, Aleksei."

Parte della mia rabbia si dissipò all'istante, perché compresi quale fosse il grande compito di mio padre.

"Se troverò qualcosa sarai il primo a saperlo, padre." Poi abbattei la mia indecisione. "Ma chiunque sia la minaccia, perché so che c'è una minaccia, vorrei il permesso di farlo fuori."

Dimitri Ivanov sorrise feroce e mi scompigliò i capelli.

"Tutto tuo mio caro, anche se bisognerà fare i conti con Andrej."

ANGOLO AUTRICE🤩;
Ho letto un po' di commenti e sono contenta che non abbiate capito di quale minaccia poteva trattarsi, così da lasciRe un po' di suspence a questo romanzo.

Finti legami di sangue|THE NY RUSSIAN MAFIA #5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora