Epilogo

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Erin Fenya Ivanov, salone di Villa Ivanov, Mosca-Russia.

Scesi la grande rampa di scala con cura e osservai la gran confusione che regnava tra gli invitati. Confortante, in quella sera quella confusione era confortante. Era una vera festa in stile Ivanov e dovevo attendere la mezzanotte per regalare ai miei genitori il certificato dell'adozione.

Sospirai e mi inoltrai tra la folla, con un'occhiata casuale intercettai Aleksei, circondato dai miei zii e mio padre. Accettai un calice di champagne, studiai il suo nervoso, l'espressione guardinga dei nostri genitori e come mio zio Mikhail gongolava.

Uno strano sospetto si impossessò delle mie ossa e per allontanarlo trangugiai lo champagne; che diavolo stavano architettando?

Così intenta a studiare la mia famiglia non mi accorsi dell'arrivo di Kara.

"Tu!" Strillò e l'intero salone si ammutolì. "Brutta puttana."

Con lentezza spostai la testa verso di lei e sorrisi. Calma. Ero dannatamente calma. Per la prima volta nella mia vita stavo bene. Davvero bene. Aleksei mi amava, Aleksei mi stava accompagnando in un mondo di lussuria e amore, i miei genitori avrebbero accettato la mia adozione ed ero così felice, così calma e tranquilla, che sorpresi la mia famiglia quando risposi serafica.

"E dire che tutti in questa stanza avrebbero puntato su di me." Ingoiai un altro po' di champagne. "Non di sicuro su di te, Kara."

"Che cosa?!" Sbraitò furiosa. "Che cosa stai dicendo?"

La mia pace interiore mi fece dare la schiena al mio nemico, per poi girarmi di nuovo verso di lei.

"La testa, cara, tutti avrebbero puntato su di me." Sollevai il calice in segno di brindisi. "Ma a quanto pare l'hai persa tu."

Mi voltai di nuovo, percepii qualche risolino soffocato e prima che Kara potesse avventarsi su di me, i suoi genitori nell'imbarazzo più totale la trasportarono fuori dal nostro salone.

"Complimenti." Mia madre mi raggiunse e mi sorrise. "Davvero complimenti, cara."

Sorrisi a mia volta. "Grazie."

"Sei"—inclinò la testa e mi studiò per bene—"calma, quasi compiaciuta e serafica."

Spalancai le labbra in un ghigno genuino e mia madre fece un risolino.

"È esattamente così." Le presi le mani tra le mie. "A proposito, possiamo vederci a mezzanotte? Puoi portare anche papà? Voglio darvi un regalo anticipato di Natale sulla terrazza."

Mi sistemò una ciocca di capelli ed i suoi occhi si velarono di una strana patina guardinga, ma annuì.

"Certo." Non guardinga, compresi fu più sorpresa. "Ora, ti prego, fai un favore alla tua costola, siediti."

E lo feci. Rimasi seduta sulla mia porzione di divanetto tutta la sera, parlando, ridendo e quasi mi dimenticai della mia costola incrinata. Mi persi addirittura in una lunga conversazione con zia Gayaniya e la mia bellissima cuginetta Prim, che aveva i capelli sempre più neri e sempre più lunghi, con quei due occhioni azzurri che erano la fine del mondo. Un cielo al cui interno brillavano le stelle più iridescenti dell'universo.

Gli occhi degli Ivanov.

Gli occhi di Aleksei, che mi osservavano dall'altro lato della stanza con un'intensità tale, che mi aveva procurato dei brividi lungo tutta la schiena per l'intera serata.

Inarcai le sopracciglia come a chiedergli cosa volesse e la sua bocca si stirò in un ghigno felino. Aveva in mente qualcosa e questo era limpido come il cielo senza nuvole, ma che cosa? Inclinai la testa e mi rispose con una strizzata d'occhio, e quella bramosia non si dissolse, mi sistemai meglio sul divano e le lancette dell'orologio scoccarono le dodici.

Finti legami di sangue|THE NY RUSSIAN MAFIA #5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora