XIV

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Qualcuno non trovava il capitolo, proviamo così.

***

Erin Fenya Ivanov, residenza invernale Ivanov, Russia.

Non risposi alla provocazione di mio padre, chiusi la bocca e guardai fuori dalla finestra. Con la coda dell'occhio notai la carezza che mia madre fece alla sua schiena e fui gelosa di quel loro momento di intimità.

"Le cose cambieranno, signorina."

Mi morsicai la lingua e continuai a guardare fuori dalla finestra.

"Erin, questa volta non permetteremo che tu ti chiuda in un silenzio tombale." Quindi anche la gentile Lily Rose poteva perdere la pazienza? Buono a sapersi. "Dobbiamo capire quale-

"Oh, no." Risi. "Voi non volete capire niente." Tornai a guardarli e non mi preoccupai delle loro espressioni arrabbiate. "Voi non volete sentire la verità, è questo il problema." Toccai il tubicino della flebo. "Voi avete già disegnato nella vostra testa tutto quello che è successo ." Chiusi gli occhi. "Erin è pazza, Erin ha istinti suicidi," li scimmiottai. "Tutto un gran mare di cazzate." Sollevai gli occhi. "Tante grosse inutili cazzate, che non vi allevieranno il dolore per la vostra quasi perdita."

Ero stata crudele? Poteva anche darsi, ma non mi interessava, non quando i miei genitori non mi ascoltavano e non credevano ad una singola sillaba che usciva dalla mia bocca.

"Non stiamo dicendo che non ti crediamo, Erin."

In quel momento la diplomazia di mia madre mi diede il voltastomaco.

"No è vero, in effetti credete che io sia una pazza psicopatica con tendenza suicide"—sorrisi ad entrambi strafottente—"ho sbagliato diagnosi, scusatemi." La furia di mio padre fu contenuta a stento dalla mano che Lily Rose appoggiò sul suo petto, ma non riuscii a bloccarmi, la mia lingua fu più veloce e il secondo affondo più brutale. "Sono cresciuta con un padre che si trastulla con i coltelli e una madre che ricuce cadaveri e che curava i pazzi, cosa vi aspettavate, una figlia normale?"

Mia madre chiuse brevemente gli occhi e mio padre uscì dalla porta. Non la guardai, non avevo bisogno della sua pietà, in quella famiglia vi era già troppa gente a cui facevo pena. Povera Erin, chissà quanto starà soffrendo senza Aleksei e senza amici. Piccola Erin, ha appena scoperto di essere stata adottata. Guardate com'è dimagrita, sarà sicuramente la sua condizione. Ero stufa dei melodrammi che mi circondavano, ero davvero stanca di dover giustificare ogni mia singola azione, volevo la mia libertà, la minima libertà con cui l'Accademia mi aveva illuso.

"Se tratti tuo padre in questo modo non farai altro che peggiorare la situazione."

Scrollai le spalle a quel commento superfluo.

"Io e papà siamo uguali." Mi toccai la fronte con un dito. "Pazzi alla stessa maniera, perchè non sono di certo io che devo ricordarti chi si è finto psicopatico per salvare il fratello, oppure quale donna ha lanciato un coltello nella giugulare di Domenico Bruno." Sospirai, euforica per quella breve battaglia verbale. "No, dalla tua espressione mamma, non devo essere io a ricordarti nulla."

"Perchè sei così cattiva? Noi vogliamo solo aiutarti." Si sistemò i capelli biondi dietro l'orecchio, ma se fu oltraggiata dai miei insulti, non lo diede a vedere. "Non siamo i tuoi nemici, Erin."

"Voi volete risolvere un problema che non esiste." Mi portai le mani al petto. "Sono consapevole della portata del mio gesto, sono conscia che potevo morirci in quell'auto, ma ero anche consapevole che avrei risparmiato più di due vite accettando l'invito di Tommaso Bruno, è così fuori dal normale?" Ansimai. "Pensate che sia davvero una degenerata solo perchè volevo salvare la mia famiglia?"

Finti legami di sangue|THE NY RUSSIAN MAFIA #5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora