Aleksei Fabiano Ivanov, scantinati di Villa Ivanov, Mosca-New York.
Li avevo seguiti lungo le scale che ci avrebbero condotti ai sotterranei della villa e non potevo evitare di ammettere di essere un po' esaltato; avevo sempre vissuto la mia società nell'ombra ed essere finalmente parte integrante di essa mi sembrava gratificante.
In realtà, compresi solo dopo cosa significasse davvero uccidere un uomo e per la prima volta nella mia vita mi sentii strano: strano perché per un infinitesimo istante percepii una punta di potere, il potere di avere la vita di qualcuno nelle proprie mani e fu pericolosamente elettrizzante.
Mentre guardavo Mikhail soggiogare il nemico con la tossina, Andrej provocarlo con i coltelli e mio padre ordinargli di parlare, mi sentii potente e fu proprio per questo che nel bel mezzo dell'interrogatorio feci un passo avanti e mi affiancai al mio boss con gli occhi spalancati dal desiderio di comprendere più a fondo quel mondo.
"Allora, stronzetto, vuoi parlare o ne hai bisogno ancora di un po'?" Mikhail saltellò in avanti e mosse la siringa in maniera minacciosa. "Non ti conviene giocare con il fuoco, sai? Ogni tanto ci annoiamo con quelli come te e preferiamo farli fuori." Sorrise come un bambino birichino ed inclinò la testa verso Andrej. "Non hai proprio voglia di collaborare?"
"Evidentemente non ha ancora imparato la lezione." Tirò fuori il coltellino e si avvicinò alla gola dell'uomo quasi privo di sensi. "Sono sempre così stupidi, si avvicinano ai nostri confini pensando di farci saltare in aria e poi piagnucolano come dei bambini quando vengono torturati."
Trascorsero tre ore, nelle quali non riuscii a scollare gli occhi della mia famiglia, che era intenta a fare a pezzi quel pover'uomo che aveva tentato di mettersi contro la Drakta e non ne era uscito; non mi feci nessun scrupolo dal punto di vista morale, nemmeno la sua fazione se lo sarebbe fatto, nel caso in cui qualcuno di noi fosse stato catturato e mi sembrava equo il mio disinteresse.
"Come stai?" Mi chiese mio padre mentre sistemò con minuziosa cura gli 'strumenti' con cui i miei zii si erano divertiti. "Tutto a posto?"
Avevano già ripulito la cella, ma io avevo deciso di attardarmi con lui.
"Perchè credi non lo sia?" Inarcai un sopracciglio scettico e notai un accenno di sorriso sulle labbra di mio padre. "Non sono un bambino."
"Non è quello che ho detto, Aleks"— si stropicciò il viso segnato dalle occhiaie causate dal mancato sonno—"ma come ti ho già accennato, guardare un film in cui si uccidono le persone è assolutamente diverso dall'assistervi."
"Sto bene, papà." Sorressi il suo sguardo con spavalderia. "Sto bene davvero, non avrò una crisi isterica, non mi strapperò i capelli, non mi butterò dal piano più alto della villa o dell'accademia, sto bene, davvero."
Il volto di mio padre si scurì, probabilmente a causa di un episodio correlato a mio zio Ivan, che incontravo solo durante le feste insieme alla bellissima Primrose. Zio Ivan, da quanto mi aveva raccontato papà, era stato il più problematico dei suoi fratelli e alla fine avevano deciso di lasciarlo libero di vivere la propria vita, ma non senza riscattare il legame che li univa: era diventato una sorta di sostenitore pecuniario della Drakta e finché le acque fossero rimaste calme con i nostri nemici, sarebbe andato bene così.
"Sono felice di sentirtelo dire." Mi spettinò i capelli ed io mi irrigidii orgoglioso, comportamento che lo fece scoppiare a ridere di gusto. "Ma non esitare a chiedere aiuto, Aleksei." Ci fermammo ai piedi della scala che ci avrebbe condotti al pian terreno. "Questa vita uccide, se non le si sa tener testa," sospirò e salì un paio di altri gradini. "Devo dire a tua madre che ti ho fatto assistere a questo scempio, augurami buona fortuna." Mi sorrise.
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Finti legami di sangue|THE NY RUSSIAN MAFIA #5
ChickLit[COMPLETAMENTE REVISIONATA✨] Leggete prima il #1 se no non capireste, a tutti i miei vecchi lettori/ lettrici: ci siamooooo! Erin e Aleksei sono ormai due adolescenti in Accademia.