XVI

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Aleksei Fabiano Ivanov, Camera di Aleksei Ivanov, Villa Ivanov, Mosca-Russia.

Quella notte varcarono la soglia della mia camera come il plotone di un reggimento, uniti, compatti, tutti e tre vestiti di nero con i cappotti grigio scuri; nessuno degli uomini sulla soglia della mia camera tradiva alcuna emozione e nemmeno il benché minimo interesse per la vita dei loro nemici, così vestiti, potevano benissimo recarsi ad un matrimonio, dettaglio che avrebbe potuto confondere, se non fosse stato per le fondine, che sapevo per certo essere nascoste al di sotto dei tessuti pregiati e perfettamente stirati.

"Aleksei, vestiti, questa notte vieni con noi."

Mi sollevai di scatto dal materasso e mi scapicollai nel bagno, perché mio padre aveva bisogno di me ed io sarei andato con loro. Non avevo un completo da riunione della Drakta, come non ero ancora in possesso delle fondine, non che non nascondessi le armi da qualche parte quando ero costretto ad uscire, ma quella parte della mia iniziazione non era ancora avvenuta.

"Aleksei." Mio padre bussò alla porta del bagno poco dopo il mio ingresso. "Puoi aprire un secondo?"

Ancora mezzo addormentato eseguii l'ordine e mi ritrovai di fronte mio padre, che mi allungò un sacchetto nero.

"Di che cosa si tratta?" Presi l'involucro e lo studiai. "Mi servirà per questa notte?"

Mio padre fece un breve cenno del capo, si guardò alle spalle, mi spinse in bagno con poca grazia e si chiuse dentro.

"Che diavolo?" Barcollai all'indietro e finii seduto sulla tazza del water. "Tutto bene, papà?"

Si spettinò i capelli, si guardò allo specchio, allentò la cravatta e finalmente tornò a guardarmi.

"Per me non c'è stato nessuno, sono diventato boss la notte del mio matrimonio," deglutì. "Ho dovuto imparare senza che nessuno mi aiutasse, tranne per i tuoi zii, questo è ovvio."

E quella parte della storia dei miei genitori la conoscevo benissimo, ma non riuscivo comunque ad afferrare il punto del discorso.

"Papà, cosa stai cercando di dirmi?"

Fece un cenno al sacchetto.

"È ora di entrare definitivamente nella Drakta, da questa notte in poi non voglio più errori stupidi, Aleksei. Lascia il cuore fuori da questi affari o non riuscirò nemmeno io a tenderti la mano, se dovesse essere necessario."

Studiai gli occhi di mio padre e la sua espressione, lo specchio dei miei e dei miei sentimenti. Avevo paura, sì. Ero in trepidante attesa, anche. L'avrei deluso ancora, no.

"Hai la mia parola." Mi appoggiai la mano sul tatuaggio. "Niente stronzate là fuori." Indicai con un cenno la porta. "Non ti metterei mai in imbarazzo tra i tuoi soldati e nemmeno con i tuoi clienti, i tuoi sottocapi. Non lo farei mai, padre."

Dimitri mi appoggiò una mano sulla spalla e mi sorrise paterno.

"Non avrei mai voluto che questo giorno arrivasse, lo strazio di vedere tuo figlio percorrere i tuoi stessi passi, i tuoi stessi errori e il possibile pericolo." Chiuse gli occhi e fui colpito da quel timore paterno. "Avrei voluto esserci quando sei nato, quando hai pianto in quella stanza di ospedale, quando tua madre è rimasta sola e per colpa di questa società non ci sono stato"—chiuse le mani a pugno—"a volte odio tutto questo, ma so anche che non sarei in grado di vivere fuori di qui, purtroppo questa è l'unica realtà che conosco." Si passò una mano tra i capelli. "Quindi, ti chiedo già scusa per tutto ciò che dovrai affrontare, ma devi essere uomo ed iniziare a risolvere i problemi da uomo." Con un cenno del capo indicò il sacchetto. "Indossa gli abiti, ci vediamo di là."

Finti legami di sangue|THE NY RUSSIAN MAFIA #5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora