XVIII

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Erin Fenya Ivanov, ufficio del legale Mikhail Theodore Ivanov, Villa Ivanov, Mosca-Russia.

Con fatica mi appoggiai alla poltrona di pelle nera dello studio legale di zio Mikhail all'interno della grande villa e respirai a fondo per calmare il dolore bruciante alla costola.

"Mi devo spaventare, angelo?" Mikhail chiuse il computer, si sistemò la giacca e mi guardò sorridendo. "E ti prego, non muoverti, non toccare nulla, se dovessi riuscirci non respirare ed evita di farmi saltare per aria lo studio." Mi strizzò l'occhio. "Niente di personale, ovviamente."

Mi sistemai meglio sulla sedia a causa della costola e sorrisi blandamente.

"Ho-Ho bisogno di conoscere un piccolo dettaglio."

"I tuoi genitori sanno che sei qui?"

Abbassai il capo e mi morsi il labbro inferiore.

"Porca puttana, Erin." Si spettinò i capelli e la sedia cigolò a causa del suo movimento sconclusionato. "Spero solo che non sia qualcosa di cui mi dovrò pentire, perché vorrei evitare di litigare con mio fratello."

Sbuffai. "Non proprio, non ti metterei mai in una posizione del genere, zio," borbottai sotto voce. "Ma per me questo affare è importante." Sospirai e nascosi le mani sotto il pigiama. "Devo davvero sapere alcuni dettagli circa la mia ...adozione"—mi morsicai di nuovo il labbro—"credo possiamo parlare di adozione, a questo punto."

I lineamenti di mio zio si irrigidirono.

"Tuo padre ci ha fatto promettere di non dire nulla a nessuno." Sistemò qualche documento sulla sua bellissima scrivania. "Per giunta, Ariel dovrebbe arrivare tra poco con un cliente."

"Zio..." Non demorsi, non potevo, non potevo per il mio futuro e la mia sanità mentale. "Ho bisogno di te, zio." La mia voce si abbassò di ottave ed assunse un tono lugubre. "Devo sapere quale relazione ho con i miei genitori all'anagrafe russa."

Si stropicciò il viso, ma non ebbe paura di rispondermi.

"Sei stata registrata come figlia biologica, dovevamo riscuotere un paio di favori e siamo riusciti a farti risultare figlia legittima."

Deglutii e annuii. Me lo aspettavo, dopo tutto eravamo la Drakta, ma non mi importava, avevo bisogno di concludere questo discorso, mettere da parte questo mio problema e l'unico modo era fare le cose per bene, almeno per me.

"Okay"—lo guardai negli occhi—"ma ho bisogno che per me, qui, tra la mia famiglia, ci sia la verità e per sistemare il tutto ho bisogno di un certificato di adozione." Lo dissi di getto, osservai lo stupore sul volto di mio zio e poi aggiunsi veloce: "per favore."

"Ma, Erin tesoro, tu sei la loro figlia, perché modificare-

"Aspetta." Scossi la testa di colpo. "No, no, non voglio cambiare nulla, ma è un... gesto che voglio fare nei confronti dei miei genitori. Li ho fatti soffrire e tanto, ho sofferto quando ho scoperto di essere una estranea in questa famiglia e ne ho davvero bisogno."

"Tu non sei-

"Sì, zio Mik, io lo sono, con voi non condivido più di un cognome, al momento." La mia tristezza sembrò affliggerlo, e fu così strano osservare zio Mik triste e affranto, che qualcosa mi si agitò nel petto. "È che ho tentato, ho tentato davvero di essere come voi e più ci provavo, più cercavo di pensare come una Ivanov, più combinavo disastri." Chiusi gli occhi. "Ai miei genitori bastava che fossi me stessa, ed io non l'ho capito." Sospirai. "Quindi, ho bisogno di quel documento per me, per loro, non mi interessa quello che lo stato pensa di me o crede di sapere di me, ho bisogno di sistemare la situazione con loro." Riaprii gli occhi. "Ho bisogno di parlargli come Erin Fenya, la figlia di Evelyn la prostituita della Drakta e mettere un punto a questo discorso."

Finti legami di sangue|THE NY RUSSIAN MAFIA #5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora