Erin Fenya Ivanov, Stanza di Erin Fenya Ivanov, Villa Ivanov, Mosca-Russia.
Alle tre del mattino Aleksei irruppe nella mia camera dai passaggi secondari e richiuse dietro di sè la porta, sprangandola con la mia scrivania.
"Aleks," biascicai ancora assonnata. "Che diavolo combini?"
Mi stropicciai gli occhi e mi sollevai a sedere, lasciando che le coperte mi scoprissero il seno fasciato da una camicetta da notte.
"Ti prego, Erin." Sbuffò camminando avanti e indietro come un leone in gabbia, bevendo dalla sua borraccia che di solito utilizzava in palestra. "Come diavolo possiamo fare?"
"Aleks, prima dimmi perché cammini come un ossesso e bevi un frullato proteico alla tre del mattino."
Mi lasciai andare contro il cuscino e chiusi gli occhi, ma quello che fino a qualche ora prima avevo considerato mio cugino, non mi diede pace e decise di adagiarsi con il suo corpo marmoreo sul lato destro del mio materasso. Mi dovetti spostare per fargli spazio, in modo tale che non penzolasse a metà di esso.
"Ho fatto palestra." Ingurgitò un ennesimo sorso del frullato e mi guardò da sopra la spalla. "Non riuscivo a dormire, ho anche suonato, ma non ci riuscivo."
Reclinò la testa all'indietro e chiuse gli occhi.
"È pericoloso ingurgitare così tante proteine."
Aprì un occhio e quasi sorrise.
"Mi dimentico sempre che hai la tendenza a considerarti la mia mammina solo perché sei nata sei mesi prima di me, ma non è così."
Sorrisi alla penombra e mi schiacciai di più contro al materasso.
"Allora, quale problema ti affligge, Aleksei?" Lo osservai morsicarsi il labbro e ponderare la riposta, così mi sollevai di scatto dal letto, non preoccupandomi della mia camicetta. "Dimmelo! È successo qualcosa? Qualcuno si è fatto male?"
"No, tranquilla." I suoi occhi indugiarono un po' troppo sulla mia scollatura. "Ma mi ha scritto Kara."
Divenni un blocchetto di marmo e sfarfallai le palpebre sperando di non aver capito, ma la sua espressione colpevole e contrita espresse esattamente ciò di cui avessi timore. Ero stata io stessa a suggerire che l'idea di mio padre e di mio zio fosse sensata, e adesso, adesso che davvero Aleksei sarebbe stato, per forza di cose, costretto a mantenere salda la sua facciata da scapolo più appetibile della Drakta, non potevo certo tornare sui miei passi. Non potevo fare la codarda e fu per questo che non permisi alla mia espressione di creparsi.
"Okay," sussurrai al buio e cercai di infossarmi di più all'interno del mio materasso. "E me lo dici perchè?"
Aleksei, alla villa e tra i cugini Ivanov, non era famoso per la sua pazienza e con un moto di stizza sollevò le coperte per introdursi nel mio letto.
"Smettila, Erin." Mi prese la mascella con la mano destra e mi indusse a guardarlo negli occhi. "Smettila di dire cazzate." Si avvicinò alle mie labbra. "Dillo che sei consumata dalla gelosia quanto me."
In quel momento non riuscii a comprendere che diavolo di problema avessi, perché più quel ragazzo mi trattava con quella impetuosa autorevolezza più i miei ormoni impazzivano e la mia voglia di strapparmi la camicetta di dosso si acuiva.
"Aleks, io..."
"Io farei un casino se tu dovessi uscire con Ilya." Il suo pollice mi stuzzicò la giugulare. "Non puoi uscire con lui."
"Aleks, noi, noi non possiamo, lo sai," balbettai troppo concentrata sulla sua mano. "Noi, noi, dobbiamo."
Il suo dito indice mi chiuse la bocca. "Noi non dobbiamo seguire i consigli di nessuno." Mi aprì le labbra con il pollice e la mia lingua sbattè contro la sua pelle. "Non voglio condividerti, Erin." Il suo ginocchio si insinuò tra le mie cosce. "Perché diavolo dovrei condividerti?"
STAI LEGGENDO
Finti legami di sangue|THE NY RUSSIAN MAFIA #5
Literatura Feminina[COMPLETAMENTE REVISIONATA✨] Leggete prima il #1 se no non capireste, a tutti i miei vecchi lettori/ lettrici: ci siamooooo! Erin e Aleksei sono ormai due adolescenti in Accademia.