Trentunesimo

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Siiii, lo so. Sarà tipo un mese che non aggiorno sta roba qua. Oggi ho ripreso. Chiedo venia! Ho le mie motivazioni. Spero peró di essermi riscattata. Anzi, spero di riscattarmi presto...
Buona lettura!♥️
-.-.-.-.

<<Sì, sono io>> disse Stan, come se non ci fosse nient'altro di rilevante da aggiungere. Come se non sapesse che la domanda di Louis implicava anche Cosa diamine ci fai qui e perché stai sorridendo mentre io ho un coltello in mano e sto per uccidere un uomo davanti a te?!

Louis contemplò la possibilità di fare lentamente il giro del tavolo per poi scattare in avanti senza preavviso e ucciderlo; Stan lo aveva visto, non c'era nient'altro che poteva fare. Si sarebbe preoccupato dopo di come coprire la cosa con i colleghi, ma intanto doveva dare la priorità alla sua sicurezza, al presente. Abbassò il coltello e iniziò a spostarsi, mantenendo lo sguardo fisso sull'altro.

Sembrava compiaciuto, soddisfatto, e stava davvero sorridendo. Se anche fosse stato contento di aver beccato Louis a fare qualcosa che avrebbe potuto rovinarlo, quello non era proprio il tipo di sorriso che il liscio si sarebbe aspettato. Non c'era disgusto, disapprovazione, né tantomeno... sorpresa. E questo lo colpì ancora di più.

<<Cosa ci fai qui?>> chiese Louis, perché avrebbe ucciso Stan ma prima di farlo aveva bisogno di capire, capire dove aveva sbagliato, come aveva fatto a farsi scoprire così. La sua mente era così impegnata ad arrovellarsi su quel pensiero, che praticamente si dimenticò di Harry, della lieve amarezza che aveva provato nel rendersi conto che non sarebbe venuto. Era una questione che presto si sarebbe risolta, in un modo o nell'altro, mentre quel nuovo problema era praticamente un mistero e non poteva continuare a vivere con il dubbio.

<<Oh, Louis>>disse Stan, facendo un passo in avanti e portandosi una mano al petto. <<Non sai quanto ho aspettato.>>

Louis si fermò, il coltello con la punta verso il basso ancora stretto tra le dita, e rimase immobile accanto alla testa della vittima nuovamente sedata, inerme e silenziosa come fosse un pezzo d'arredamento, un oggetto inutile dentro la stanza. Sembrava non avere importanza persino per Stan, che non l'aveva neanche guardata.

<<Aspettato?>> ripetè il liscio, la testa che iniziava a girare a causa delle troppe domande. Da quanto Stan sapeva?

<<Tu non ti ricordi di me>> disse lui, e il suo sguardo sempre furbo e tronfio per la prima volta si addolcì in qualcosa di confidenziale e intimo, come se nient'altro in quel momento contasse. <<Ma io c'ero. Quel giorno.>>

Louis aveva la pelle d'oca, sudore freddo che già iniziava ad imperlargli la fronte, un lieve tremore alla mano e alla spina dorsale. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma per un attimo non uscì niente. Non riusciva a parlare, a pensare.

<<Quale giorno?>> chiese, ed era stupido da chiedere perché aveva già capito, per quanto continuasse a non avere senso. Ma era come se avesse bisogno di sentirlo, per crederci.

<<Quando tua madre è morta, io ero lì, Louis. Avevo sei anni. Non avrei mai potuto dimenticare>> rispose Stan, e la sua voce era diversa, più profonda, come se raccontarlo significasse qualcosa di terribilmente intenso per lui e Louis sapeva che era così, perché se anche lui avesse ricordato raccontarlo sarebbe stato altrettanto doloroso. Per un attimo si chiese se faccia da cavallo stesse mentendo, ma non ne vide il motivo. Forse voleva divertirsi, giocare con la sua mente e i suoi ricordi, ma l'idea si dissolse non appena parlò di nuovo.

<<Era mio padre. Mi ha... tenuto lì con lui. Era->> - Stan accennò una risata amara, passandosi una mano tra i capelli - <<era completamente pazzo, per usare un eufemismo. Non gli importava che vedessi. Anzi, credo lo volesse.>>

Louis era ufficialmente a bocca aperta, pietrificato, totalmente pietrificato forse per la prima volta nella sua vita. Se Stan avesse voluto ucciderlo in quel momento ci sarebbe riuscito, perché il liscio non avrebbe neanche reagito, non si sarebbe neanche mosso. Si sentiva stordito, come se fosse avvolto da uno strato di nebbia, ed era più che certo che la sua pelle avesse assunto una malsana gradazione di bianco opaco come se fosse ad un passo dal vomitare, cosa che forse non era del tutto falsa. L'Oscuro Passeggero intanto era stranamente silenzioso, e quando succedeva voleva dire che stava riflettendo attentamente su qualcosa. O forse era solo altrettanto sconvolto, chissà.
Stan non disse nient'altro, fissandolo, aspettando che parlasse, ma Louis non sapeva cosa dire. Era tutto talmente assurdo che non sapeva da che parte cominciare, non sapeva cosa chiedere, perché Stan era lì e lui aveva rimosso tutto, continuava a non ricordare, e per tutto quel tempo c'era stata una persona nel mondo che sapeva. Com'era possibile che suo padre non glielo avesse mai detto?

Oh, ecco cosa poteva chiedere.

<<Come- com'è possibile che nessuno me lo abbia mai detto prima?>> disse, la voce roca ed innaturale.

<<Perché non l'ho mai detto a nessuno>> rispose Stan, in tono piatto. <<E quando lo hanno preso, lui non lo ha raccontato. Dopo la sua condanna a morte mi hanno messo in orfanotrofio, e fine della storia.>>

Louis annuì, ma prima che potesse formulare una risposta, Stan continuò a parlare come se lo avesse provato, e forse era così. Da sempre.

<<Ho sempre pensato a te, a che tipo di persona fossi diventato. Quando sono uscito dall'orfanotrofio ho fatto qualche ricerca e ho scoperto dove lavoravi, ho ottenuto l'internato come stagista e ho fatto in modo di poterti conoscere. Non sono mai stato bravo ad avvicinare le persone, e provarci spudoratamente era l'unico modo che conoscevo, ma non ha mai funzionato. Così... ho iniziato a seguirti. E ho scoperto che sei come me.>>

<<Tu->> tentò di dire Louis, ma dovette riprovare. <<Tu sei un serial killer?>>


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