Trentaduesimo

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Stan fece una risata, distogliendo lo sguardo e incrociandosi le braccia al petto. Poi riportò gli occhi su di lui, quasi come se volesse scioglierlo con il calore del suo sguardo. C'era dentro un qualcosa di amareggiato e allo stesso tempo sadico e selvaggio.

<<Lo sei diventato tu, che hai rimosso quello che è successo>> disse in tono quasi ironico e scontato. <<Come potevo non diventarlo io?>>

Senza dire altro, Stan si avvicinò, un passo dopo l'altro, fino a trovarsi in piedi di fronte a Louis. Lui pensò di alzare il coltello, ma era come se non ne avesse la forza, lo shock che lo teneva inchiodato al pavimento.

<<Ricordo tutto, tutto>> disse Stan, ormai pochi centimetri tra di loro, così pochi da poter percepire il suo respiro. <<Ricordo le urla e tutto quel sangue e te che piangevi, e ogni volta è come ricordarlo di nuovo, come se fossi lì. E' stato come rinascere, Louis. E non posso più farlo senza di te. Siamo uguali. Noi siamo uguali.>>

Louis sgranò gli occhi. Harry.

<<Lui non è come te>> continuò in tono incalzante Stan, quando capì di aver fatto breccia con le sue parole. <<Proprio quando stavo per uscire allo scoperto con te, tu lo hai portato qui, e ho dovuto aspettare ancora per trovarti da solo. Lui... Louis, pensi davvero che continuerà? Ti ha solo usato, non è come noi. Hai voluto credere che potesse capire ma non è così. Io invece sì. Io ti capisco, noi ti capiamo, Louis.>>

Louis, Louis. Ha detto noi.

<<Tu- tu non sai cosa deciderà>> disse il liscio, e gli sembrò fosse passata una vita dall'ultima volta che aveva aperto bocca anche se si era trattato solo di minuti.

<<Invece sì, lo so>> disse l'altro, avvicinandosi ancora. Era troppo vicino e Louis avrebbe dovuto mandarlo via, perché era pericoloso, come lui. Forse più di lui. In quel momento, una realizzazione improvvisa e intensa lo colpì in pieno petto.

Stan non era stato educato da nessuno. Suo padre aveva ucciso davanti a lui e poi era morto, e a quanto pareva non aveva neanche avuto una madre abbastanza affidabile da tenerlo con sé, o forse non l'aveva avuta in generale. Era... era ciò che lui sarebbe diventato se non ci fosse stato Mark. Era libero e senza freni, privo di regole che potessero trattenere la sua vera natura.

E quando si rese conto di provare invidia, al di sopra dello shock e del dubbio lancinante che lo stava straziando al solo pensare il nome di Harry, fu come se le sue difese si fossero pericolosamente abbassate, e tutto quello che Stan aveva detto fino a quel momento iniziò a penetrare al di sotto della sua pelle, nella sua mente, intossicandolo come gas velenoso.

Stan era come lui, era nato nel sangue. Harry no.

Harry aveva iniziato ad uccidere per vendetta, non per piacere; quello era venuto dopo. Invece Stan, oh, Stan era lì, Stan sapeva, Stan capiva, perché chi poteva mai farlo più di lui, più della persona che c'era stata sin dall'inizio? Era come una connessione, un legame che Louis aveva sempre avuto senza saperlo, ma ora che c'era non poteva ignorarlo.

Ma Louis amava Harry. Amava Harry. E lo amava al di là del sangue e della morte ed era quello che faceva più male, il fatto che pur non potendo condividere quelle cose con lui, proprio le cose che lo rendevano ciò che era, lo avrebbe amato comunque senza poter essere amato davvero di rimando. Louis amava Harry per ciò che era, ma il riccio avrebbe mai potuto amare lui per ciò che era?

<<Pensa a tutte le cose che potremmo fare insieme, Lou>> disse Stan, e di colpo il suo respiro era contro l'orecchio del liscio, le labbra vicinissime, e nonostante non lo stesse toccando con nessuna parte del corpo era come se fosse ovunque intorno a lui. Louis rabbrividì. <<E' destino, è così che deve andare, da sempre.>>

Il respiro scomparve, e all'improvviso fu contro le sue labbra, gli occhi di Stan fissi sui suoi. Il ragazzo alzò una mano e gli cinse il viso quasi con cautela, e la testa di Louis stava girando, perché tutto era nuovo e confuso e assurdo. Doveva ritrarsi. Doveva fare anche solo un passo indietro, mettere distanza tra di loro, fare qualcosa.

Tutto quello che riuscì a fare, invece, fu inspirare, e stringere la mano libera a pugno quando Stan lo baciò - senza lingua, solo un breve e morbido incontro di labbra. Louis non ricambiò nemmeno, ma subito dopo, non appena l'altro interruppe il bacio, si sentì più sbagliato e orribile di quanto già non fosse.

Era tutto al contrario, perché non poteva essere Harry quella persona? La persona destinata a capirlo nel modo più completo e profondo che potesse esistere? La persona destinata a stare al suo fianco a qualsiasi costo, senza mai un rimorso, senza preoccuparsi del mondo? Era tutto sbagliato, e per la prima volta sbagliato in un modo che non andava bene.

Lo fu ancora di più, quando Stan iniziò a lasciare una scia di baci lungo la sua mascella fino a raggiungere di nuovo il suo orecchio, mordendogli dolcemente il lobo, facendolo rabbrividire di lussuria e vergogna.

<<La prima persona che uccideremo, sarà lui>> sussurrò con voce roca e sensuale, e No.

No no no no no no no no, lui no, no.
No.

Louis fece l'unica cosa che poteva fare, la cosa che avrebbe dovuto fare sin dall'inizio. Alzò il coltello, lo puntò in avanti, e colpì Stan dritto allo stomaco senza lasciargli neanche il tempo di esitare, di rendersene conto.

Il ragazzo emise un suono strozzato, il preludio di un grido che non arrivò, e si ritrasse giusto in tempo per guardarlo in viso con un'espressione tradita e sconvolta prima di cadere in ginocchio davanti a lui e accasciarsi al suolo, coprendosi la ferita con la mano che a poco a poco si stava ricoprendo di rosso. Louis lo fissò, il coltello insanguinato ancora in mano, il respiro affannato come se avesse corso per venti miglia.

Poi alzò lo sguardo, e il mondo si capovolse per l'ennesima volta quella notte.

Amore e OscuritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora