Ventiseiesimo

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<<Sei solo un frocetto senza palle, Styles, non vali niente, ricordatelo quando ti guarderai allo specchio e vedrai quello che sto per farti, non vali niente>> disse Harry, recitando la frase come se fosse una filastrocca imparata a memoria, e Louis si rese conto dopo un secondo di confusione che era la frase lasciata incompleta da Nick. Lo fissò, assorbendo con gli occhi il modo in cui il riccio stava pesantemente ansimando, i pugni stretti ai fianchi e ogni singolo muscolo rigido e teso, lo sguardo lontano e vuoto come se gli stesse passando attraverso.

Louis lasciò cadere la siringa, oltrepassò il corpo di Nick senza neanche guardarlo e baciò Harry con forza, quasi con prepotenza, il suo modo per dirgli di non credergli, non credere ad una singola parola di ciò che aveva detto. ricambiò soltanto dopo qualche secondo, esitante, prima di stringere le dita ai capelli di Louis e trasformare il bacio in qualcosa di febbrile e violento, mordendogli il labbro inferiore e conficcando le unghie alla base del suo collo, e il lcastano fece un mugolio di dolore misto a piacere e si lasciò baciare, lasciò che l'altro prendesse tutto quello che voleva, che si sfogasse come voleva con il suo corpo e la sua bocca finchè Harry non sembrò stancarsi, ritraendosi ed emettendo un singhiozzo sulle sue labbra.

Insieme si accasciarono sul parquet, Louis che attrasse l'altro tra le sue braccia e gli accarezzò i capelli mentre piangeva contro il suo petto, sussurrandogli all'orecchio <<Sei stato così coraggioso, sono fiero di te, Haz. Sei bellissimo, sei perfetto, andrà tutto bene. Lo ucciderò, lo ucciderò per te.>>

Ma quando la crisi di pianto lentamente si dissolse, lasciando spazio soltanto a respiri strozzati e incerti nell'aria, il riccio alzò la testa dal suo petto e lo fissò con uno sguardo tra il risoluto e il selvaggio che ricordò a Louis cosa lo aveva attratto di quel ragazzo sin dal principio: la rabbia.

<<No>> disse Harry, mentre Louis scacciava l'ultima delle lacrime dalla sua guancia. <<Voglio farlo io, qui. Voglio ucciderlo qui.>>
Louis lo fissò per qualche secondo, interdetto. Non avrebbe mai voluto negare all'altro qualcosa, ma era complicato.
<<Haz, non possiamo imballare l'intera palestra, e se poi viene un custode? E' pericoloso.>>
<<Non c'è mai stato un custode, e possiamo- possiamo farlo in un'aula. Scassini una porta come hai fatto a casa di Richard e lo trasportiamo dentro la scuola>> disse Harry, supplicandolo con gli occhi.

Non abbiamo mai ucciso su una cattedra, dev'essere divertente.

<<D'accordo>> disse il castano, perché davvero, avrebbe fatto qualsiasi cosa per non vederlo piangere mai più. <<Andiamo.>>

-.-.-.-.-

Trasportare un corpo inerme attraverso i corridoi di un liceo per poi svestirlo e legarlo ad una cattedra fu una delle cose più assurde che Louis avesse mai fatto, il che la diceva davvero lunga. Il contrasto tra la loro presenza, ciò che significava, e l'aura di innocenza e giovinezza e speranze in erba che emanavano gli armadietti, i banchi, i cartelloni sui muri e le lavagne era così palese da poter essere quasi palpabile intorno a loro: non era il loro posto, non dovevano trovarsi lì. Le cascine abbandonate erano posti adatti, quasi fatti per uccidere, mentre quel luogo si sarebbe presto riempito di adolescenti totalmente ignari; nerd, cheerleader, bulli o semplicemente giovani uomini e donne che avrebbero continuato la loro vita senza sapere che in quella stessa aula una persona era arrivata viva e se n'era andata da morta.

Eppure, non gli diede fastidio il pensiero. Non fece che generargli un brivido, una sorta di gusto perverso all'idea di quanto fosse profondamente, inequivocabilmente sbagliato, perché Louis amava le cose sbagliate, e amava gli opposti, e amava Harry così forte e fragile perché era l'esatta incarnazione di tutte quelle cose.

Si ricordò anche della sua scuola, non molto lontana da lì: degli anni del liceo passati a fingere di essere qualcuno che non era, ad uniformarsi il più possibile per non dare nell'occhio, a sopprimere i suoi istinti in attesa che il momento giusto arrivasse. Chissà cosa avrebbero detto tutte quelle persone, quelle figure ormai evanescenti che un tempo avevano fatto da scenografia sullo sfondo di una vita costruita col cartone e la colla; cosa avrebbero pensato i suoi compagni o i suoi professori se avessero saputo di aver avuto a che fare con un futuro serial killer.

Certe volte provava ad immaginarlo: il suo volto in primo piano su tutti i telegiornali, le persone che avevano creduto di conoscerlo intervistate da qualche morbosa giornalista dicendole che era una brava persona, non capisco come sia possibile, ancora non ci credo perché tutti pensavano sempre di sapere, di poter etichettare gli altri giudicando il loro modo di vestire, o la gentilezza con cui salutavano, o i voti che prendevano a scuola e il giro di amicizie che frequentavano. Credevano di poter identificare il bene e distinguerlo dal male senza sapere che era impossibile, che la rosa più bella ha pur sempre le spine e che il mare più piatto ha pur sempre i suoi abissi.

Anche Louis aveva del bene, da qualche parte dentro di lui; gli piaceva credere che fosse ciò che provava per Harry.

Insieme sistemarono la plastica, il corpo sulla cattedra, i coltelli su uno dei banchi, e poi rimasero ad aspettare che Nick si svegliasse, seduti su un altro banco tenendosi per mano.

<<Sei sicuro di volerlo fare?>> disse Louis, osservando il su e giù del respiro della vittima con aria distratta.
<<Sì, devo farlo io>> rispose Harry, e il castano non disse nulla perché capiva. Capiva che Harry ne aveva bisogno, e in fondo era giusto così. L'idea di restare a guardare, così nuova e sconvolgente, gli inviò un brivido sotto la pelle; poteva solo immaginare come sarebbe apparso Harry, e non vedeva l'ora.  

Non vedeva l'ora di ammirare la furia nei suoi occhi riflessa su una lama sottile. Non vedeva l'ora di poter osservare da fuori, per la prima volta, come doveva apparire lui, che sensazione potesse dare vedere qualcun altro uccidere, se fosse la stessa che provava ogni volta, peggiore, migliore, chissà. Non vedeva l'ora di vivere il momento in cui, finalmente, lui e Harry sarebbero stati davvero uguali.

<<E che mi dici dell'Inferno?>> chiese però, ricordando il discorso in auto rimasto incompleto. Non aveva risposto, non aveva detto al riccio che, al di là del sarcasmo, se esisteva ci sarebbero finiti entrambi.
<<Vorrà dire che ci andrò>> disse Harry, il tono incredibilmente tranquillo. <<Preferisco passare l'eternità tra le fiamme, piuttosto che concedergli un secondo in più di vita.>>
<<L'eternità tra le fiamme, Haz, quanto è clichè >> gli rispose Louis in tono sarcastico, cercando di farlo sorridere. <<Io lo immagino più come un posto terribilmente scialbo e senza illuminazione dove poter fare surf sulla lava bollente.>>

Harry scoppiò a ridere, e Louis lo osservò con la coda dell'occhio sfoggiando un sorrisetto compiaciuto, leggermente fiero di se stesso.
<<Non sembra poi così male allora>> disse  dopo aver smesso di ridere. <<Ho sempre voluto imparare a fare surf.>>

Fu il turno di Louis di ridere, e quando smise, il silenzio calò tra loro e lentamente si fecero più vicini, scivolando lungo il banco. Senza pensarci, il castano abbassò la testa e la appoggiò alla spalla dell'altro, le loro mani ancora unite.
<<Almeno saremo insieme>> disse in tono riflessivo, accarezzando le nocche di Harry con il pollice. <<Tra le fiamme e la dannazione eterna e tutto il resto... almeno avrò te.>>

Si sentì così piccolo e fragile in quel momento, da volersi quasi schiaffeggiare per averlo detto. Ma Harry non trasalì né si accigliò: abbassò la testa sulla sua, sorrise tra i suoi capelli e poi vi lasciò sopra un piccolo bacio.

<<Sì, Lou. Avrai me.>>

Amore e OscuritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora