Undicesimo

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Fu come una palla di neve che rotolava giù per un pendio acquistando velocità, una catena di eventi impossibile da fermare. Harry non era mai esplicito, non gli disse mai, neanche una volta, di volere qualcosa di più. Ma a poco a poco, 'Resta qui stanotte' si trasformò in 'Facciamo colazione insieme' che diventò 'Te la porto a letto mentre ancora dormi' e poi ancora 'Vieni a casa mia' passò ad essere 'Cena da me, cucino io e poi Mangiamo qualcosa fuori?'

Louis ci provò, davvero. Gli era sempre riuscito così bene non provare niente, non sentire niente che non fosse disprezzo o sopportazione o al massimo vaga e distante noia nei confronti di tutto ciò che faceva parte del resto del mondo, il mondo al di fuori della sua piccola e calda bolla di perfezione, che fu sconvolgente quanto con Harry, invece, sembrasse facile. Naturale. Come lo era uccidere.

Ma suo padre gli aveva detto che era un male, permettere ad un'altra persona di avvicinarsi a lui a tal punto; perchè quando le persone si avvicinano iniziano a pretendere : affetto, regali, attenzioni, ma più di tutto pretendono di sapere, di conoscere. Pretendono di poter estrarre tutti i segreti del cuore di qualcuno come se fosse dovuto, non sapendo che invece una persona non la si smette mai di conoscere. E di certo, Louis non ci teneva a farsi conoscere per quello che era davvero. Per quanto Harry avesse qualcosa di oscuro dentro di sè ai suoi occhi, non era così stupido da illudersi che potesse esserlo quanto ciò che si annidava nella sua anima.

Ma il problema, la cosa che più di tutte mandò Louis in confusione, fu proprio quello: Harry non pretendeva mai niente. Non faceva altro che dare. Chiedere di potergli lavare i capelli mentre facevano insieme la doccia la mattina, chiedere se poteva preparargli il caffè dalla macchinetta, chiedergli se poteva passare dall'ufficio per fare un saluto prima di recarsi al negozio di dischi in cui lavorava. Chiedere, silenziosamente, di potersi mostrare ogni giorno di più ai suoi occhi senza aspettarsi mai che Louis facesse la stessa cosa di conseguenza. Fu questo, che trascinò Louis con sè come in un vortice.

Una sera, a cena, Harry stava parlando di sua madre. Niente di che, soltanto quanto fosse diventata apprensiva dopo che lui aveva lasciato il liceo, quanto spesso lo chiamasse per sapere che stava bene, che tutto era a posto.

<<...e tua madre che tipo è?>> disse poi, prima di bere un sorso dal suo bicchiere d'acqua. Louis sentì il sangue defluire completamente dal suo viso, perchè era il momento, Harry stava per fare breccia e dare un'occhiata, anche se piccola, dentro il vuoto. Lui avrebbe potuto mentire, ma non lo fece. Seguì l'istinto, come sempre, e si buttò ad occhi chiusi verso l'ignoto.
<<E' morta>> disse in tono piatto, nè triste nè risentito. Harry rimase con il bicchiere a mezz'aria, gli occhi leggermente sgranati. Lo poggiò sul tavolo e tornò a fissarlo, parole mortificate e dispiaciute che Louis poteva già percepire nell'aria prima ancora che lasciassero le sue labbra.
<<Mi dispiace>> disse infatti Harry, gli occhi incredibili, liquidi e tristi. <<Come... com'è successo?>>

Louis si tese sulla sedia, stringendo una mano intorno al tovagliolo disteso accanto alle sue posate.

Diglielo. Capirà, è come noi, lo sento.

Prese un respiro profondo, deglutendo e ricordando a se stesso che era coraggioso, non aveva paura di niente, non si tirava indietro. E ricordando, soprattutto, che Harry non era una delle sue vittime e meritava qualcosa di più della menzogna, pur dovendo subire l'omissione.

<<L'hanno uccisa quando ero molto piccolo.>> Fece una pausa. <<Davanti a me.>>

Non fu difficile per lui dirlo; non faceva male. Non era neanche un ricordo, era come se qualcun altro gli avesse raccontato un sogno che aveva fatto e che poi aveva dimenticato, non era niente. Raccontare del suo primo omicidio, per esempio, quello si che sarebbe stato complicato. Raccontare com'era stato, sentirsi pieno e giusto per la prima volta in un modo così incomprensibile e sbagliato.

Harry lo guardò come se fosse in agonia, lo shock palese sui suoi lineamenti, e Louis cercò di immaginare tutte le cose che dovevano passargli per la testa in quel momento, probabilmente una lunga lista di possibili problemi mentali generati da un simile trauma. Si chiese se in mezzo a quella lista, Harry avesse già azzeccato senza saperlo.

<<Mi dispiace così tanto>> disse il ragazzo, e in un attimo tutto cambiò. Louis sentì il suo palmo sopra il dorso della mano che aveva stretto al tovagliolo, il tocco di Harry forte e sicuro mentre gliela stringeva, massaggiandogli le nocche come per chiedergli silenziosamente di rilassarle sotto le sue cure. 

E Louis lo fece...

Rimase a fissare, quasi rapito, il modo in cui quella mano copriva così bene la sua, come se fosse stata fatta per stare lì.

Immagina come sarebbero intorno allo stesso coltello.

Si irrigidì, distogliendo lo sguardo e riportandolo sul riccio, che sembrava così innocente in quel momento da riuscire a farlo sentire esattamente il mostro che sapeva di essere, nel fare quei pensieri. Ma non poteva farne a meno, non più.

Dio, sarebbe così bello.

Louis sospirò, rivolgendo all'altro un piccolo sorriso di ringraziamento.

Lo so.

E fu cosí che finí il capitolo...

Amore e OscuritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora