Terzo

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<<Ti sei svegliato finalmente.>>

L'uomo sdraiato a pancia in su sul tavolo trasalì, cercando istintivamente di muoversi e alzando la testa per capire da dove provenisse quella voce. Lo accolse la vista di Louis, i capelli pettinati verso l'alto in modo impeccabile e un camice verde addosso, simile a quelli usati dai chirurghi, con un sorriso compiaciuto sul volto pallido. Soltanto un secondo dopo l'uomo si accorse che aveva in mano un coltello da cucina.

<<C-chi sei? Che cosa vuoi da me?>> farfugliò in preda al panico, sgranando gli occhi. Si guardò frettolosamente intorno, cercando di capire dove fosse, ma era impossibile: i muri e il pavimento erano ricoperti di plastica trasparente, proprio come il suo corpo, avvolto quasi completamente in modo da essere immobilizzato. Poi notò dell'altro: qualche candela sparsa qua e là, e delle fotografie sistemate sopra un altro lungo tavolo di legno in posizione verticale, in modo che le potesse vedere.

Ucciderti, farti a pezzi e gettarti nell'oceano, per essere precisi.

<<Le riconosci?>> gli chiese Louis, girandosi distrattamente il coltello tra le dita prima di indicare una foto dopo l'altra con la lama affilata.

<<No, no, non so chi siano!>> rispose l'uomo, distogliendo lo sguardo dalle immagini delle donne che aveva ucciso e mordendosi il labbro inferiore, sempre più terrorizzato.

Pensavo che i serial killer fossero bravi a mentire. Forse lo sei soltanto tu, Louis.

<<Lo sai, non si dovrebbe mai mentire prima di morire>> disse il castano, avvicinandosi al tavolo per poi abbassarsi su di lui e guardarlo dritto negli occhi. <<Le riconosci?!>> ripetè con fermezza.
<<Che cosa vuoi? Vuoi dei soldi? Lasciami andare e troviamo un accordo, non è un problema! O è forse una specie di scherzo per->>

L'uomo si interruppe, sibilando per il dolore, quando Louis alzò una mano e con un fluido movimento gli fece un taglio netto sulla guancia, lasciando che una singola goccia scorresse verso il basso. Prima che potesse cadere, la raccolse con il suo preleva-campioni e la ripose tra due piccole lastre di vetro, premendole tra di loro. La goccia si appiattì fino a diventare un cerchio rosso perfettamente delineato, custodito per sempre come un ricordo, un cimelio.
Louis la ripose nella tasca del suo camice con un'espressione soddisfatta.

<<Chissà se penserai ancora che sia uno scherzo quando lo pianterò un po' più in basso>> disse sorridendo.
<<Cosa? Tu sei pazzo! Lasciami andare!>>

L'uomo iniziò a gridare sempre più forte, mentre Louis con noncuranza si spostava per raggiungere i piedi del tavolo. Ripulì il coltello con un fazzoletto e lo ripose dentro la sua carpetta nera rigida, divisa in tanti scomparti, per poi prenderne uno leggermente più grande e squadrarlo, pensieroso.

Fallo, per favore. Non lo sopporto più.

Louis si trattenne dal roteare gli occhi: sapeva quanto l'Oscuro Passeggero diventasse impaziente quando mancava poco, ormai si era abituato. Ma lui invece amava prendersi il suo tempo, gustarne ogni secondo, crogiolarsi nel controllo che sapeva di avere in quel momento sulla vita di un'altra persona, una persona che non la meritava.
Si rigirò ancora una volta il coltello tra le dita, un'abitudine che aveva sin da piccolo anche con le posate di plastica, e poi prese un panno con l'altra mano e lo appallottolò. In un attimo, l'uomo non fu più in grado di urlare a causa dell'impedimento, ma continuò comunque a dimenarsi.

<<Presto finirà tutto, sta tranquillo>> gli disse Louis, inclinandosi su di lui mentre le lacrime iniziavano a formarsi negli occhi dell'uomo, un po' per il terrore e un po' per i suoi dolorosi tentativi di respirare comunque dalla bocca. Scosse la testa furiosamente e cercò di alzare il corpo verso l'alto, ma era totalmente inutile.

Amore e OscuritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora