Secondo

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C'era un uomo sconosciuto, con un sorriso strano e cattivo, che aveva preso il posto della sua mamma in macchina e aveva iniziato a guidare, mentre Louis era seduto sul sedile del passeggero con la cintura allacciata e il suo peluche preferito tra le braccia, quello che iniziava a cantare se gli premeva la pancia.
Aveva detto "Sono un amico di mamma, adesso ti porto da lei, è tutto a posto" e lui gli aveva creduto. In fondo, se non lo fosse stato, la sua mamma non gli avrebbe permesso di guidare la sua macchina. A volte non la faceva guidare neanche al suo papà, perché diceva che ci teneva troppo e che poteva guidarla soltanto lei. Suo padre sbuffava, ma non si arrabbiava mai.

Quando l'auto si fermò, l'uomo sconosciuto si slacciò la cintura e aprì lo sportello.
<<E' qui?>> chiese Louis, stringendo il suo orsacchiotto fucsia.
<<Si, certo>> gli rispose l'uomo sorridendo, il tono tranquillo e rassicurante. <<Devi solo avere un po' di pazienza.>>

Gli slacciò la cintura, lo prese in braccio e lo portò con sé finchè non raggiunse una specie di camion; erano in aperta campagna, vicino ad una cascina abbandonata. L'uomo aprì uno degli sportelli argentati del retro e portò Louis all'interno, prima di adagiarlo sul pavimento freddo e portarsi un indice alla bocca.
<<Shhh>> gli disse con gentilezza, <<la mamma sta dormendo, non la svegliare.>>
Louis annuì vigorosamente e rimase in attesa, mentre l'uomo usciva e chiudeva la porta dietro di sé. All'improvviso fu tutto buio, e silenzioso.

<<Mamma?>> disse a bassa voce, per non disubbidire. Iniziò a tremare e a tirare su col naso: si sentiva così solo, e il buio gli faceva troppa paura. Strinse forte a sé il suo orsetto e gli diede un bacio sulla testa, o almeno pensò che fosse la testa. Sperò di non averlo baciato sulle labbra, perché non sarebbe stato carino senza il suo permesso.

Poco dopo, lo sportello si riaprì esponendolo alla luce. Era tardo pomeriggio, il sole stava per tramontare. Il cielo era di una tinta rosata, tendente all'arancione, che penetrò dentro il camion riflettendosi sulle pareti argentate dell'interno. L'uomo entrò, con sua madre in braccio.

<<Visto? Sta dormendo>> gli disse facendo l'occhiolino, e poi la sistemò su una specie di letto. Ma era molto alto, e strano, perché non aveva né coperte né cuscini. Sembrava scomodo, pensò Louis. Troppo duro e metallico, e con delle strane fibbie e lacci che pendevano ai lati.
L'uomo le strinse intorno al corpo di sua madre, ma Louis non riusciva a vedere il suo viso, era troppo in alto. Poteva vedere i suoi piedi, che fuoriuscivano leggermente dal bordo inferiore della lastra.

Quando sua madre, di colpo, si svegliò, tutto divenne molto strano. Iniziò a gridare, a muoversi furiosamente: Louis poteva vederlo dai suoi piedi che si spostavano a destra e a sinistra, su e giù. Per un attimo, lei alzò la testa abbastanza a lungo da accorgersi di lui e gridò più forte.
<<Louis! Louis! Scappa Louis, corri, vai via!>>

Louis si alzò da terra e indietreggiò, finendo per inciampare e cadere con la schiena contro la porta. Da lì poteva vedere meglio, vedere la sua mamma che lo guardava con gli occhi spalancati e si dimenava in preda al panico mentre quell'uomo trafficava con qualcosa di luccicante a pochi passi da dove era distesa. E poi si voltò.

<<No! Non davanti a lui, per favore, fallo uscire, per favore!>>
Ma l'uomo la ignorò, e per zittirla la imbavagliò con un fluido movimento. Louis rimase a fissarla, senza capire. Gli girava la testa, quel posto era troppo piccolo e buio e c'era poca aria da respirare, e sua madre continuava a gridare pur non potendo farlo. Era così spaventato. Non riusciva a muoversi, non riusciva a pensare.

Amore e OscuritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora