Capitolo Quattordici

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Michael

[Seconda vittima]

Dovevo assolutamente dimenticarmi di lei. Non potevo continuare così. Era da una settimana che ero chiuso in casa, con il cadavere della mia ragazza steso dentro in una pozza di sangue. 

Sono rimasto lì a fare nulla, a guardarla con gli occhi ancora spalancati, come se volessero ricordarmi che sono stato io, il suo ragazzo, ad ucciderla. Sono stato a osservarla senza alcuna parola, e a chiunque volesse vedermi non aprivo la porta e non rispondevo neanche. Mi alzavo da quel divano solo per bere un po' e mangiare qualcosa, anche se non ne avevo voglia. Sono rimasto giorni ad osservarla, pensando e ripensando a quelle voci che mi hanno fatto agire controvoglia, contro la mia volontà. Avevano preso il sopravvento del mio corpo, della mia anima e mi hanno costretto a fare ciò per cui vive mio padre.  Non volevo diventare come lui.

Presi il cadavere della mia ragazza, lo ripiegai il più possibile per metterlo nel sacchetto della spazzatura e lo portai fuori. Tornai dentro, mi feci una doccia e mi vestii come ero solito fare: maglia di qualche band, jeans neri e Converse completamente nere.  Uscii di casa il più velocemente possibile con qualche spicciolo in tasca. Sarei andato in qualche bar ad ubriacarmi o merdate simili. 

Non appena entrai in quel buco che si faceva chiamare bar dove andavo di solito, la prima cosa che notai furono le numerose ragazze mezze scoperte: aveva giusto un reggiseno che luccicava e un paio di mutandine. Alcune di loro avevano magari una gonna giro figa. 

Mi avvicino al banco del bar pensando a cosa prendere. 

"Hey, Michael." Mi sorrise la mia vicina di casa. "Ti ho visto poco ultimamente. Come sta K?"

"Oh tutto bene, grazie." Era questo che dovevo fare con la gente? Fingere?

"Salutamela quando la vedi." Continuava a lucidare uno stupido bicchiere di vetro rosso mentre annuii e basta. 

"Cosa vuoi da bere?"  

"La cosa più forte che hai." Sorrisi. Finsi di sorridere, mi correggo.

"Arriva subito." Sorrise. Penso che anche il suo fosse un sorriso finto. Non so cosa gliene fottesse della mia ragazza. Non l'ha mai salutata, non ci ha mai parlato. La odiava perchè stava con me ed io non stavo con lei. 

Il bicchiere pieno di qualche alcol a me sconosciuto mi venne posto davanti agli occhi e subito attaccai a bere. 

Una ragazza, bionda, vi sedette accanto a me. 

"Hey, ciao." Aveva la voce più sexy che io avese mai sentito. Iniziai a squadrarla. La maggior parte del suo corpo era scoperto: aveva addosso solo un piccolo reggiseno e una gonnellina, senza mutande ovviamente. 

SARA' LEI LA PROSSIMA. 

Oh no... ancora quella voce.

FOTTILA E UCCIDILA. E' QUI PER QUESTO. FALLO. 

E ancora una volta il mio cervello sparì. 

Presi il polso della ragazza accanto a me e subito la portai nel bagno degli uomini. Chiusi la porta di uno dei bagni alle mie spalle non appena entrammo e cominciai a leccare il collo di quella ragazza. Le sue mani viaggiavano lungo tutto il mio petto, arrivando al cavallo dei miei pantaloni e slacciando i jeans. Le levai la gonnellina, mentre lei tirava giù i miei boxer.

La mia erezione premeva contro la sua pancia e subito entrai in lei, nel modo più brusco possibile.
Dovevo liberarmi da quelle voci.
La sua bocca formò una O mentre la svuotavo e la riempivo con più arroganza. Le sue mani graffiavano tutta la mia schiena mentre, contro il muro, continuavo a spingere il più velocemente possibile. 
Sentivo il mio pene inturgidirsi velocemente, mentre la voglia di venire dentro di lei riecheggiava nella mia mente. I suoi ansimi, nonostante non avessi alcun legame con lei, mi fecero venire, esattamente dentro di lei.
"Sei pazzo?  Cazzo, e se ora dovessi rimanere incinta?" Urlò in preda al panico quella povera ragazza.

Then || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora