Capitolo 39

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"Una persona intelligente deve dedicarsi ad acquisire quel che è strettamente necessario, per non dipendere da nessuno; ma se, raggiunta questa sicurezza, perde tempo per aumentare la sua ricchezza, è un poveraccio."
(Stendhal)

Emily premette il tasto della radio migliaia di volte prima di trovarci un brano che parve soddisfarla.
Aveva trovato una radio d'epoca tra le cianfrusaglie della sua compagna di stanza e se ne era innamorata, tanto da portarla con se quando quella mattina le avevo detto di raggiungermi al Campus.

La musica dei Red Hot Chilly Peppers iniziò ad aleggiare nella stanza ed io dovetti stiracchiarmi sul letto per evitare un attacco di nervi mentre le facevo cenno di abbassare il volume perchè avevo sentito degli squilli dall'altro lato del cellulare che avevo portato all'orecchio.
<< quanto costeranno queste centinaia di chiamate internazionali che stai facendo ? >>
Alzai le spalle e scossi la testa.
Non mi importava.
Volevo solo che qualcuno dall'altro lato mi rispondesse, non mi interessava nemmeno il fatto che magari parlassero in una lingua a me sconosciuta, volevo solo che qualcuno rispondesse.
Per il resto avrei trovato il modo.
Dopo aver parlato con Charlie avevo cambiato strategia.
Ci avevo rimuginato sopra per tutte le vacanze, aggrappandomi all'idea che il suo comportamento, ed il fatto che mi avesse lasciato tutto ciò che avevamo vinto, non potesse che significare che nonostante i suoi loschi scopi alla fine si fosse davvero affezionato a me.
L'idea però di gettarmi in una scapestrata ricerca all'uomo era giunta quando durante le vacanze, che avevo deciso di trascorrere con mia madre perché ero fin troppo buona per lasciarla sola nonostante lo meritasse, Owen si era fatto sfuggire il fatto che V ci avesse visti uscire assieme durante la festa.
Non era un granché come spiraglio di luce ma era l'unico a cui potevo aggrapparmi in quel momento.
Il suo numero era cambiato e ne Dayane né tantomeno Noah dichiaravano di averlo, perché si, avevo bussato alla porta di ognuno di loro per domandarglielo.
Poco ci credevo ma di certo non potevo saltare loro addosso e rubargli il cellulare.
Dovetti così scegliere un'altra via.
E fu così che mi ritrovai a cercare il numero di telefono fortunato tra le centinaia di figliali di cui lui era proprietario o meglio erede.
Cosa avessi in mente?
Non lo sapevo ancora in realtà, ma non mi rimaneva che provare.
<< p.. p.. pronto >> balbettai sgranando gli occhi.
Emily mi venne di fianco avvicinando il suo orecchio al mio cellulare.
Dall'altro lato risposero nella mia lingua.
Era una società internazionale.
Dovevo aspettarmelo.
<< si.. io >>
Che cavolo dovevo dire ?
<< cerco, be io cerco.. >>
Emily mi diede una gomitata per farmi riprendere, come se fossi un disco inceppato, poi corse a spegnere la radio ferma su un canale disturbato.
Non avrei mai immaginato che la risposta sarebbe arrivata dalla sede centrale di Singapore.
Ma ciò che ricevetti dall'altro lato non fu affatto soddisfacente.
Che mi aspettavo?
Che avrei chiamato così dal nulla una delle più grandi società finanziarie chiedendole di passarmi il loro capo o addirittura il loro rampollo ?
Che stupida che ero.
Quelle erano le stupidaggini che faceva la gente quando sentiva il cuore palpitare più del dovuto senza saperne esattamente il motivo.
Ero solo un piccolo puntino nel suo oceano.
Chi mai avrebbe aiutato un piccolo pesciolino in un acquario di squali, perché si, di lì a poco mi sarei resa conto che attorno a me non c'erano altro che loro, degli squali pronti a farmi fuori.

Mi ci volle un po' in realtà prima di scoprirlo, dovette passare esattamente un anno accademico e tutta l'estate.
Non avevo ricevuto nessuna notizia, nulla di nulla.
Per un po' avevo smanettato su internet e avevo acquistato riviste di ogni genere, ma di lui non c'era traccia.
Sembrava essersi smaterializzato.

Quell'estate l'avevo trascorsa in parte nella mia città con Owen ed Emily, che coglieva ogni minima occasione per chiamare Stuart.
Per quanto volessero negarlo sapevo che c'era del tenero tra loro.
Io invece avevo trovato un buon amico in Noah.
Non parlavamo mai di V, sapevo che sapeva qualcosa ma sapevo anche che non mi avrebbe detto nulla.
Una sera però, poco prima che il secondo anno iniziasse, mentre sedevo al bancone del suo bar con Jimmy che mi versava un liquido trasparente in un bicchiere di cristallo, Noah si lasciò sfuggire una frase a cui pensai per tutta la notte.
"Stanne fuori se non vuoi avere guai".
Anche quella mattina a casa di V l'avevo sentito parlare alla stessa maniera con il suo amico.
Ma a quali guai potevo mai incappare essendo amica ad uno come V?

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