Re Jeremy

233 15 17
                                    

Seguii Genevieve fino all'enorme salone che avevamo attraversato quella mattina, ma invece che imboccare il corrido che portava alla sala da pranzo, come l'avevo chiamata io, la attraversammo completamente fino a trovarci dalla parte opposta rispetto alle scale da cui eravamo arrivate. Davanti a noi c'era un enorme portone con maniglie d'oro, ai lati del quale si trovavano due guardie, uguali per l'armatura a quelle che avevo "incontrato" al mio arrivo a Thoghthville, un giorno che mi sembrava tanto lontano. -Buongiorno principessa.- dissero inchinandosi a Genevieve, la quale si inchinò a sua volta e li salutò. Quelli non fecero neanche caso a me, così decisi di ripagarli con la stessa moneta, anche perchè meno parlavo con gente sconosciuta, meglio stavo. Genevieve si affrettò ad aprire il portone e corse fuori. Dato che io non avevo la stessa euforia nell'incontrare la persona che mi avrebbe riempita di domande e che avrebbe potuto addirittura mandarmi a morire sul rogo, attesi sulla porta. Il sentiero lastricato sul quale stava correndo Genevieve era affiancato da tanti cespugli in fiore e ai lati vi era un prato verdissimo e ben curato, ricco di tanti alberi e panchine; a destra c'era inoltre una fontana a forma di delfino, dalla cui bocca usciva l'acqua, e poi guardandomi intorno scorsi anche alcuni coniglietti che saltellavano allegramente dentro e fuori le siepi e dei simpatici scoiattolini che correvano su e giù per gli alberi. Insomma, mi trovavo in una specie di parco. Mi trovavo in un posto così bello in cui solo la mia fantasia avrebbe mai potuto portarmi. Il re con la sua schiera entrò da un altro portone in legno che a quanto pare divideva il castello dal resto della città; appena vide la figlia corrergli incontro, il re smontò da cavallo e aprì le braccia, pronto ad accogliere Genevieve, la quale si gettò letteralmente tra di esse. Quella scena mi fece stringere il cuore, perchè in quell'esatto momento mi accorsi di quanto mi mancava la mia famiglia, i miei genitori e mia sorella. Nonostante non fossi mai stata una ragazza che accoglie in quel modo le persone, diciamo che ho sempre saputo farmi voler bene e anche se ero molto riservata, quando mi affezionavo ad una persona, davo tutta me stessa per quest'ultima. Cercai di farmi coraggio e di non pensare alla mia famiglia, in modo da non mostrarmi debole a quello che tra poco sarebbe potuto diventare un mio "nemico". Guardando Genevieve e il padre mi venne anche in mente quello che lei mi aveva detto poco prima sul balcone, ovvero che il padre sarebbe potuto essere costretto ad esiliarla nel caso lei non riuscisse ad eliminare il suo "difetto". Questo mi provocò altrettanta tristezza, perchè anche se la conoscevo davvero da poco tempo, era l'unica persona che era stata carina con me e comunque non avrei augurato a nessuno di rischiare di subire un tale dolore. Capii in quel momento il perchè dell'entusiasmo di Genevieve di correre dal padre nonostante non lo vedesse probabilmente dalla sera prima: voleva stare con lui quanto più tempo possibile, per godersi ogni istante passato insiemeemagari anche per custodirlo tra i ricordi più cari che avrebbe portato con sè in caso avesse dovuto separarsi da lui. Mi fece in  un certo senso pena, e pensai che avrei voluto tanto aiutarla: a me veniva così facile non far trasparire i miei pensieri! Intanto Genevieve e suo padre si stavano avvicinando. Aveva ragione a dire che era un bell'uomo: era un uomo sulla quarantina,   alto, magro ma con braccia possenti che erano rese evidenti dalla maglia a maniche lunghe che indossava, aderente e stretta in vita da una cintura. Il viso era spigoloso, con occhi grigio/azzurri penetranti solcati da folte sopracciglia marroni; il naso era pronunciato, ma si adattava perfettamente al resto del viso, solcato da una barbetta di qualche giorno; i capelli erano castani, corti e un po' spettinati, forse un look un po' troppo giovanile per un quarantenne, ma che a lui stava a pennello e gli conferiva un'aria un po' selvaggia. -Cara, questo è mio padre, re Jeremy. Papà, questa è Cara-, ci presentò tutta fiera Genevieve. -Sì, ehm.. piacere.. sire.-, dissi inchinandomi, impacciata e tanto imbarazzata che quasi gli cadevo addosso, tanto per cambiare. Lui mi sorrise e mi tese la mano. Gliela strinsi e pensai che quel tipo già mi stava simpatico, perchè non sembrava come quei re di cui si legge nei libri di narrativa o di storia, antipatici e scortesi; lui al contrario sembrava un bonaccione; ma sì sa, a volte le apparenze ingannano.. speravo non fosse il mio caso. -Bene, Cara, vedo che Genevieve ti ha dato dei vestiti nuovi. Spero ti abbia trattata come si deve. In ogni caso, vorrei parlarti, farti qualche domanda per sapere un po' da dove arrivi e come mai sei qui perchè a quanto pare ti sei comportata in maniera tanto strana con le guardie che stanno alle porte della città, che questi pensano che tu sia addirittura una strega! Io non voglio crederci, però si sa: la prudenza non è mai troppa! Prego, seguimi, andiamo nella stanza delle riunioni, dove potremo chiacchierare un po'.- disse facendomi strada. Lo seguii..

Dentro ad un pensieroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora