A few mistakes ago

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Capitolo 18

A few mistakes ago

I knew you were trouble when you walked in 
So shame on me now 
Flew me to places i'd never been 
So you put me down


Hogwarts, febbraio 2014.

Ci sono due cose nelle quali Tethy crede fermamente: nel destino e nella felicità vera.
Crede nel destino perché le piace pensare che qualcuno abbia già scritto la sua vita, qualcuno che sappia già quale decisione prenderà davanti a un bivio, qualcuno che sappia già che cosa farà una volta uscita da Hogwarts, come sarà la sua vita in generale, come si taglierà i capelli, tutte cose così, alcune sciocche e banali, altre importanti e significative, ma comunque scelte, che qualcuno prima di lei ha già capito, ha già intuito e le ha trascritte tutte, lasciando a lei il solo compito di viverle.
E nel suo destino, lei sa per certo, che c’è pure il raggiungimento della felicità vera, quella pura, quella che si legge nei libri, la felicità perfetta fatta di amicizia, fatta di posti straordinari, fatta di magie e incantesimi che solo a poche persone sono permesse… fatta d’amore.
Perché sì, Tethy può ritenersi davvero la ragazza più fortunata al mondo, la ragazza più innamorata di tutta la scuola, innamorata, poi, del ragazzo più bello al mondo, ai suoi occhi.
Non ci crede che stia succedendo davvero tutto questo, ancora non ci crede di avere nella sua mente i ricordi delle vacanze natalizie passate con lui, lui in casa sua, lui e la sua macchina nel suo parcheggio, lui e il suo buon umore così stabile, così duraturo, mai ha visto Luke sorriderle così tanto, mai l’ha visto così felice, mai l’ha sentito ridere così frequentemente: Luke ha una nuova luce che brilla negli occhi, ha davvero qualcosa di diverso dal solito, qualcosa che a lei piace, piace davvero tanto, qualcosa che la fa star bene, qualcosa che le assicura che lui a lei ci tiene davvero, ci tiene tantissimo a lei, la fa sentire desiderata, la fa sentire protetta, nulla potrebbe essere più perfetto di così.
Calum è felice di poter vedere Tethy così raggiante, è davvero felice di sapere che le cose vanno nel migliore dei modi, si lascia contagiare da tutta quella felicità, abbraccia Tethy come per riuscire a farsi travolgere, come per poter godere anche lui di tutta quella perfezione, tutta quella positività, che lo porta ad essere felice, che lo porta a sognare di nuovo, che lo porta ad aprire il suo cuore sincero a quella famosa Isis che ha portato al Ballo del Ceppo.
«Ma quindi? State insieme?» lo interroga Tethy, mentre lui arrossisce come non mai, volgendole un sorrisetto compiaciuto, dandole della curiosa.
«Ci vediamo spesso» risponde lui, alludendo agli interi pomeriggi in cui si chiude in biblioteca per studiare solo con lei, lasciando Tethy incredula e stupita: il suo amico la sta abbandonando per Isis, la cosa la turba un bel po’, ma due braccia l’avvolgono da dietro, un profumo le passa sotto il naso, due labbra le baciano la guancia: e Luke la distoglie dal quel senso di solitudine.

«Non so, Cal, è davvero cambiato, in positivo» dice con occhi sognanti la piccola Clifford, mentre cammina per il corridoio affiancata dall’amico.
«Anche tu sei cambiata, sei sempre sulle nuvole» la prende in giro, ricevendo da lei un colpetto sulla spalla e un «Senti chi parla» alludendo alla ragazza dagli occhi marroni e i capelli castani che aspetta sempre il suo amico in biblioteca.
«Piuttosto: non ti ho vista ieri, per la seconda prova… come mai?» le chiede, e lei abbassa lo sguardo, vergognandosi un po’ della riposta che sta per dare: paura.
Non voleva proprio vedere quale missione doveva affrontare Luke, lo spavento della prima le è bastato, il ricordo di quel Drago se lo sente ancora addosso, si sente sulla pelle i lividi che ormai sono spariti, li sente e basta, non ha coraggio di andare a vederlo rischiare ancora, no, non lo può proprio fare.
«Com’è andata però? L’ho visto di sfuggita prima, mi sembrava intero» commenta quasi ironicamente, facendo ridacchiare appena il moro.
«Non era una prova troppo violenta, anzi, per me era pure noiosa: l’Arena era divisa secondo i quattro elementi: acqua, fuoco, terra e aria, e da questi nasceva un po’ di tutto, tipo tormente di neve, fuoco ovunque, fulmini a manetta; loro dovevano trovare un oggetto che rappresentasse la loro Casa, cercando di non ridursi a pezzi di ghiaccio o arrostiti per bene; Wall, in compenso, si è ibernato un braccio e ustionato un polpaccio» si porta la mano sul viso come in segno di rassegnazione «A volte mi chiedo perché ha partecipato, non ce la può fare!» commenta ancora, mentre Tethy lo rimprovera: non si parla male dei propri compagni, Wall è pur sempre un Grifondoro.
«Parli tu che fai il tifo per il Serpeverde» la riprende a sua volta l’amico «Comunque tranquilla, Luke si è preso il suo ennesimo primo posto. Dovevi vedere la faccia di Town, era di mille colori» ridacchia ancora, facendo alleviare quel peso che Tethy teneva sul petto: Luke sta bene, è sano e salvo e ancora al primo posto, il destino ha giocato ancora una volta a suo favore.
Nel loro cammino, Tethy e Calum scorgono davanti a loro due figure.
«E quelli?» quasi sussurra lei, per poi cominciare a studiare per bene quelle due persone mai viste prima a Hogwarts: una donna, dai capelli biondi, piuttosto boccolosi, vestita interamente di nero, lo sguardo un po’ smarrito, che parla con un uomo più alto di lei, anche lui completamente in nero, i capelli biondi a sua volta, le labbra ridotte a una linea retta; camminano a testa alta, ma Tethy scorge la loro incertezza, sembra che stiano cercando qualcosa o qualcuno.
«Tethy, andiamo via» sussurra Calum, facendole inarcare il sopracciglio «Perché?» chiede cocciuta, come se dovesse sempre avere una riposta su ogni cosa.
«Meglio non incrociare quelle due persone lì» dice a denti stretti il moro, mentre le due figure avanzano verso di loro, fissandoli.
«Cal, non capisco, chi sono?» chiede ancora lei, il ragazzo le prende il braccio come per trascinarla via, ma ecco che una voce richiama la loro attenzione.
«Voi due!» esclama quella donna, quella voce così… altezzosa, come se si stesse rivolgendo a due stupidi; Tethy li vede avanzare ancora verso di loro e, quando sono a un passo di distanza, nota gli occhi di entrambi, iridi di ghiaccio, iridi che la stanno bruciando dentro, come se fossero in grado di trafiggerla, forse era meglio dar retta a Calum, quando erano ancora in tempo.
«Dov’è Luke Robert Hemmings?» chiede ancora la donna, facendo balzare il cuore di Tethy in gola al sentire quel nome.
«Non lo sappiamo, signora Hemmings» risponde Calum, con voce che trema, facendo sbiancare Tethy: questi sono i genitori di Luke?
«L’ho visto prima, signora Hemmings, ma credo sia andato dai soliti giornalisti» interviene la piccola Clifford, facendo in modo di ritrovarsi le iridi di quella donna sui suoi: occhi azzurri contro occhi blu, ma questi occhi non sono come quelli di Luke, questi occhi la stanno uccidendo, la stanno facendo vergognare a morte, tanto che si sente costretta ad abbassare lo sguardo verso il pavimento.
«E tu saresti?» ancora quella voce che la fa tremare.
«Tethy Clifford, signora Hemmings» balbetta appena, sentendo delle dita all’altezza della sua cravatta.
«Grifondoro» la sente dire, mentre allontana quasi con disgusto le dita dal suo corpo. «E pure Mezzosangue a quanto pare» un crampo allo stomaco: ma come può essere così palese?
«Il tuo nome è accanto a quello di mio figlio su tutti i giornali. Non sai quanta vergogna sto provando a causa tua e della tua sciocca illusione di poter corteggiare mio figlio» e Tethy non riesce a deglutire, resta in silenzio, non osa alzare lo sguardo dalla vergogna, sicuramente non si aspettava rose e fiori con la famiglia di Luke, ma neanche un livello simile.
Un rumore di passi si fa sentire, passi piuttosto frettolosi, passi che fanno alzare lo sguardo a Tethy, la quale, tira un sospiro di sollievo al vederlo qui, con lei: Luke, che con viso piuttosto sconvolto viene notato pure dai genitori che, invece di abbracciarlo o salutarlo teneramente come fanno le famiglie che Tethy conosce, si limitano a fulminarlo, a bruciarlo con lo sguardo e lui ricambia quel gesto, come se fosse un loro stranissimo modo di salutarsi.
«Madre, padre, a cosa devo questa visita improvvisa?» la sua voce è dura e tagliente, Tethy sa bene cosa significa: il Luke che ha conosciuto è tornato, il Luke che tutti evitano e temono, il Luke con la solita maschera che Tethy odia, che Tethy teme, perché quella maschera non ha mai portano nulla di buono, non le ha mai dato una mano, non le ha mai dato salvezza, quella maschera è contro di lei, quella maschera la farà soffrire, ne è sicura, ne è certa, non c’è scampo da quella situazione.
Ma il suo cuore, ha sempre la meglio sul suo cervello e sulla sua ragione: il cuore di Tethy è caldo, è puro e lui crede che invece Luke la difenderà, Luke la proteggerà, non può mandare all’aria tutti quei mesi in cui sono stati così complici tra di loro, non può davvero dimenticarsi tutte le cose belle che hanno vissuto, non può farlo, lui è cambiato, lui le vuole bene, lui le ha salvato la vita, lui la ama, gliel’ha detto, gliel’ha dimostrato, non la abbandonerà sta volta.
E il cuore di Tethy la porta ad avvicinarsi un po’ a quella figura a lei così cara, il cuore di Tethy non capirà mai davvero la vita perché pieno di troppi sentimenti, perché pieno di troppe convinzioni che non tutti sono in grado di mettere in pratica.
«Ciao, Luke» dice la sua voce lieve, sperando di ricevere quello che il suo cuore vuole.
«E tu che ci fai qui?» la risposta di lui arriva dura e decisa, senza neanche guardarla negli occhi, senza degnarla di un contatto, senza degnarla di nulla.
E Calum sembra quasi sentire la prima crepa nel cuore della sua amica, tanto che si avvicina, le prende la mano, come in cenno ad andare via.
«Non trattarmi così» fa sentire la sua voce la piccola Clifford, come se fosse ostinata a far sentire quello che ha da dire, come se non fosse pronta ad essere abbandonata di nuovo, come se i ricordi del male che lui le ha fatto molto tempo prima fossero ritornati e l’avessero travolta di nuovo, come se tutto questo fosse solo una continuazione a quello che hanno lasciato in sospeso.
«Io ti tratto come mi pare. Spero non vi abbia importunato troppo» dice rivolgendosi ai genitori, i quali non lo degnano neanche di una risposta.
«Non farlo, Luke, ti prego» sibila ancora la ragazza, le lacrime pronte a cedere, il cuore che si frantuma pian piano, facendole sentire quel dolore al petto, quel dolore insopportabile, che lei non riesce a sopraffare.
«Clifford, credo tu debba proprio andare, non è questo il posto per te» l’ennesima risposta del Serpeverde che porta il cervello di Tethy a dire quelle parole.
«Neanche io sono più posto per te, Hemmings» parole dette con rabbia, dette con tutta la cattiveria che ha in corpo, dette con delusione, dette con convinzione, dette da una Grifondoro stanca di dover essere considerata meno di zero, stanca di essere vista come Mezzosangue che distrugge la sua immagine, stanca, all’improvviso, di sopportare tutto questo.

La mano di Calum stringe la sua con prepotenza, la trascina via, lontana dal Serpeverde che non si degna di guardarla negli occhi, lontana da quel ragazzo che lei tanto sperava di aver conosciuto davvero, ma che di nuovo ha deciso di nasconderla, ha deciso di farla vergognare del sangue che scorre nelle sue vene, ha deciso di privarle pure la parola e tutto perché i suoi genitori trovano vergognoso e privo di onore quello che c’è tra loro due.
«Tethy, non diceva sul serio…» cerca di intervenire Calum, sussurrandole quelle parole come per confortarla, ma Tethy non ha bisogno di questo, Tethy è furibonda, è la persona più arrabbiata al mondo.
«Cerca di capirlo… i suoi genitori sono potenti, potevano farti del male» continua a giustificarlo, facendola sghignazzare istericamente.
«Ma certo! Povero Luke, sciocca io!» esclama con ironia, sorridendo malevola, fulminando con lo sguardo il suo amico, cominciando ad urlare le sue colpe, urlando così forte che Calum teme che la senta l’intera scuola.
«Sono stufa di quello lì!» comincia il suo monologo, sotto gli occhi spalancati del moro.
E Tethy dà sfogo alla sua rabbia, dà voce ai suoi pensieri, incolpando se stessa per essere una Mezzosangue, incolpando se stessa per essere una Grifondoro, incolpando sua madre per essere una babbana, incolpando suo padre per essere un mago che ha deciso di sporcare il suo sangue, incolpando i suoi genitori per averla lasciata andare ad Hogwarts, incolpando il Cappello per averla messa in quella casa, incolpando se stessa per aver sorriso a quel brutto idiota di un Serpeverde, incolpando se stessa di essere così perdutamente innamorata della persona sbagliata.
E maledice il suo cuore perché l’ha illusa, l’ha ingannata, le ha fatto credere che lui fosse diverso, che lui l’avrebbe salvata dagli insulti gratuiti della sua famiglia almeno per questa volta, almeno per dimostrare che il suo amore è vero e non fasullo, almeno per non farla sentire così male, almeno non farla arrivare ad odiare se stessa per quello che è.
«Ma lo sai cosa, Calum? Il problema è che… io voglio bene a me stessa» dice poi, abbassando i toni, cercando di respirare un po’, facendo tremare le iridi marroni dell’amico, che mai, lo giura, ha visto Tethy in questo stato.
«Io mi accetto per quella che sono, io sono Tethy Berenice Juno Clifford, Grifondoro e Mezzosangue. Io amo mia madre, amo lei e tutto l’amore che mi ha sempre dato, amo lei e il suo modo di avermi educata. Amo mio padre e non mi piace considerarlo come “colui che ha sporcato il sangue della famiglia”, mio padre è la persona più meravigliosa al mondo e io non mi vergogno di lui, non mi vergogno di mia madre: io non mi vergogno di me stessa» dice convinta di quelle parole, cominciando a dire quello che invece la fa vergognare a morte: si vergogna per aver appena insultato la sua famiglia, per aver insultato le persone che più ama al mondo, si vergogna di aver desiderato tante volte di essere diversa da quello che lei è, si vergogna di aver desiderato cambiare se stessa per lui, per poterlo compiacere, per potersi meritare l’amore da parte sua, si vergogna per tutte queste cose, e vorrebbe solo poter cancellare queste oscenità.
«Se c’è qualcuno che deve davvero cambiare, quello è lui. Non io.» dice freddamente «E fino ad allora, a me di lui non importerà più nulla» sentenzia, mentre Calum tenta di farla ragionare, perché sta esagerando, perché non può mandare tutto all’aria per una cosa simile, perché lui la stava proteggendo, perché lui la ama, l’ha dimostrato e in tanti modi.
«Sono stanca Calum, sono stanca di dover odiare me stessa perché non sono come lui vorrebbe. Io voglio essere me stessa, voglio qualcuno in grado di accettarmi per come sono e non che per un imprevisto… cancelli tutto quello che abbiamo passato» dice ancora, per poi sospirare ed avviarsi da sola per i corridoi, lontana da Calum, per stare da sola, per cercare di mettere ordine nella sua testa.

E mentre cammina, fissa per terra, tanto che non si accorge della persona che bruscamente urta, e la costringe ad alzare lo sguardo.
«Tethy, fa attenzione, rischi di farti male se cammini così» sorride dolcemente il Corvonero: Christian Town, in tutta la sua eleganza.
«Mi spiace, non volevo» si scusa balbettando, per poi riprendere la sua camminata.
«Tethy?» la richiama, facendola fermare e voltare ancora. «Ti va… un succo alla pera? Giuro non ci sto provando con te, è solo che devo finirlo e so che a te piace!» sorride ancora, facendole inarcare il sopracciglio: ma tanto, che ha da perdere? Il succo alla pera le manca da morire, lo berrebbe molto volentieri.
«Certo, Christian, mi farebbe molto piacere» sorride di rimando, avvicinandosi a quel ragazzo, senza neanche porsi troppe domande.

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