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Il giorno seguente non ebbi notizie di Harry. Non un messaggio, non una chiamata. Mi aveva lasciato nascosta nella sua stanza come se fossi la sua amante  mentre lui usciva con la sua fidanzata e non aveva avuto neanche la decenza di scrivermi un messaggio!?

Lo odiavo.
Lo odiavo profondamente.
E poi... cosa c'era scritto in quella lettera che portava il mio nome? Perché non aveva voluto farmela leggere?

Per fortuna era venerdì e questo significava staccare per due giorni da lui, dalla preparazione dell'intervento, da Davina e da tutto quello che la presenza di Harry comportava per me.

James aveva preso tutto il weekend libero e mi aveva invitato a trascorrere due giorni da lui a New York. Io avevo accettato con estrema gioia: qualsiasi cosa pur di allontanarmi da Princeton e distogliere la mia testa da quello che era successo con Harry il giorno prima.

Così, nel pomeriggio, chiusi i libri e tirai fuori il borsone da riempire con le cose essenziali per passare il weekend a New York. James aveva prenotato in un ristorantino alla moda a Manhattan insieme ad un paio di coppie di amici; era così entusiasta di potermi finalmente presentare a tutti ed io mi sentivo un po' in imbarazzo. Intanto erano già le 5 passate e se volevo arrivare in tempo per la cena, dovevo prendere il prossimo treno altrimenti avrei tardato troppo. Ed io odiavo essere in ritardo.

Avevo ormai chiuso il borsone e stavo decidendo cosa indossare quella sera quando qualcuno bussò alla porta. Non aspettavo nessuno: Stella era partita per il weekend ed Ami era tornata a casa dai suoi.

Mi avvicinai alla porta e guardai dallo spioncino: era Harry.
Cazzo.

Mi ammutolii, sperando non mi avesse sentito fare rumore in camera. Forse avrebbe pensato che non ero in stanza e sarebbe andato via.

Ma Harry bussò di nuovo, incurante.
"Lo so che sei lì dentro, Green. Posso vedere la tua ombra dietro la porta" disse sicuro, incrociando le braccia al petto.

Cazzo! A quel punto non potevo che continuare la mia finzione e mentire. Restai in silenzio, voltandomi e poggiandomi con la schiena alla porta. Il mio telefono a quel punto squillò. Doppio cazzo! Avevo anche la suoneria.

Mi precipitai sul letto per staccarlo quando vidi il mittente della telefonata: Harry Styles.

"Sento anche il tuo telefono squillare..." disse con tono scocciato lui dall'altra parte della porta.
Dannazione, ero spacciata.

Mi avvicinai alla porta e la aprii leggermente, quel tanto che bastava per infilarci la testa.
"Harry ciao" abbozzai un sorriso falso. "Cosa ci fai qui!?" dissi con disinvoltura, come se avessi appena appreso della sua presenza fuori dalla mia porta.
Lui con una mano spinse leggermente la porta che tenevo semi aperta per farla aprire del tutto ed entrò in camera con noncuranza.

"Heyy!" sbottai, mentre mi superava.

"Dove stai andando?" disse deciso, ignorando i miei lamenti e fissando lo sguardo sul borsone poggiato sul letto.

"Cosa vuoi Harry?" continuai, parandomi davanti a lui con le braccia incrociate.

"Rispondi alle mie domande".

"No, tu rispondi alle mie: cosa ci fai qui?".

"Sono venuto a scusarmi. Dove stai andando vestita così?" continuò, squadrandomi da capo a piedi.
Stavo decidendo cosa indossare quella sera per incontrare gli amici di James ed avevo provato un elegante tubino rosa corto che mi fasciava il busto e metteva in evidenza il seno.

"Vestita... come?" dissi, quasi più a me stessa che a lui, guardandomi. "In ogni caso, non c'è nulla di cui scusarsi, puoi andare adesso" terminai sbrigativa, indicandogli la porta.

"Ah-ah, non stai rispondendo alle mie domande. Dove stai andando?".

"Vado a NY per il weekend, contento? Anzi... devo andare alla stazione e mi stai facendo fare tardi".

"Devi andare in stazione? E ci vorresti andare vestita così!?" Sbottò, indicando con un dito il mio vestito aderente. Annuii in risposta con fare sicuro e lui alzò gli occhi al cielo. "Si, certo... stai scherzando!?".

"No Harry, non sto scherzando" mormorai infastidita.

"Non puoi prendere un treno per New York di venerdì sera vestita così".

"Certo che posso".

"Si vabbè... prendi le tue cose, ti accompagno io".

"Tu-cosa?" dissi, sbigottita.

"Hai sentito bene, ti accompagno, muoviti" continuò, prendendo di sua iniziativa il borsone poggiato sul letto e avviandosi verso l'uscita della stanza.

"Ma cosa... Harry no, non c'è bisogno, non devi accompagnarmi.. veramente, vado da sola.." mormorai qualcosa senza senso, sconvolta.

"Stai serena, sto tornando dai miei a New York per il weekend" disse prima di scomparire nel corridoio del dormitorio "Ti do uno strappo".

Feci giusto in tempo ad infilarmi il cappotto, prendere la borsa con chissà cosa dentro e seguirlo di corsa mentre lui stava già scendendo le scale.

BUT THE WAIT WAS WORTH IT [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora