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Entrai nel ristorante e, dopo aver lasciato all'ingresso cappotto e borsone, un cameriere mi condusse al tavolo prenotato da James. Erano già tutti li, ovviamente. Mancavo solo io.

"Eccola, finalmente" disse James, alzandosi in piedi e venendomi incontro con un sorriso entusiasta. "Non vedevo l'ora che arrivassi" mi sussurrò all'orecchio, poi mi lasciò un leggero bacio sulla guancia mettendomi un braccio intorno alla vita e mi condusse al tavolo dagli altri.
"Ragazzi... lei è Bea" mi presentò con tono orgoglioso.

Al tavolo erano già sedute 4 persone: alla mia destra c'erano Jamie e Olivia, due cari amici di James della scuola di specializzazione di medicina e che si erano sposati l'anno scorso dopo 6 anni di fidanzamento; dall'altro lato del tavolo, invece, era seduto Mark - il migliore amico gay di James sin dai tempi del liceo - e Claire, una collega del Presbyterian.

"È un vero piacere conoscerti, Bea" disse Jamie, stringendomi calorosamente la mano.

"Finalmente aggiungerei!! Iniziavo a pensare che tu non esistessi" commentò ironico Mark, salutandomi con due baci sulle guance.

"Perdonate il ritardo, ragazzi" mi scusai, accomodandomi al fianco di James al tavolo.

"Oh non preoccuparti... ma adesso possiamo finalmente ordinare da bere! Cameriere?!" chiamò prontamente Mark.

Mi accolsero tutti calorosamente, mettendomi subito a mio agio.

Mentre gli altri ordinavano, James mi abbracciò teneramente, avvicinando di più la mia sedia alla sua. "Come è andato il viaggio? Tutto ok?" disse sottovoce, mente gli altri confondevano il cameriere con le varie ordinazioni.

"Si, si... tutto bene" mormorai con un sorriso accennato.

"Mi dispiace che hai dovuto prendere il treno così tardi, ti sarei venuto a prendere se avessi...".

"In realtà... non sono venuta in treno" ammisi, interrompendolo.

"Ah no? E come..." chiese James, aggrottando le sopracciglia in una espressione stupita.

"In realtà... Harry mi ha dato un passaggio" dissi tutto d'un fiato.

"Harry?" ripeté stupito. "Harry Styles ti ha dato un passaggio qui a New York?".

"Si" risposi.
Non volevo mentirgli. In verità avrei preferito non dovergliene parlare ma... non potevo mentirgli così spudoratamente in faccia.

"Sei venuta qui con Harry?" ripetè di nuovo, come se non avesse realizzato.
"Si, James, te l'ho detto. Harry doveva venire qui a New York e.. mi ha chiesto se volessi un passaggio; era tardi per prendere l'ultimo treno così io..". Vidi James irrigidirsi immediatamente e spostare il braccio che teneva poggiato dietro lo schienale della mia sedia.

"Ragazzi, voi cosa prendete?" intervenne Olivia, interrompendoci. Quelle parole ci riportano alla realtà, non eravamo da soli in quel momento ma seduti a tavola con altre 4 persone.

"Un Martini per me, grazie" risposi cortese, sorridendo al cameriere.

Lanciai un'occhiata a James che sembrava volutamente ignorare il mio sguardo.
"James, ascolta, non è successo..." dissi, mettendo la mia mano sulla sua per attirare la sua attenzione ma James mi interruppe subito e, con un gesto rapido, scostò la sua mano dalla mia.

"Non ora, Bea".

"Ma James...".

"Allora... Bea. Raccontaci un po' di te..." chiese Mark, interrompendo il mio stupido tentativo di chiarire con James.


La cena passò abbastanza velocemente, senza ulteriori drammi. I ragazzi erano tutti estremamente gentili con me e mi fecero quasi dimenticare della breve discussione avuta con James ad inizio serata. Tuttavia, nonostante lui facesse di tutto per mascherarlo, era evidente che fosse turbato per quanto gli avevo detto. Evitava di toccarmi o di interagire più di tanto con me e mi aveva volutamente ignorato quando era possibile e non troppo palese dinanzi agli altri. Probabilmente i ragazzi non se ne erano accorti ma a me era risultato evidente.

Così, appena tutti furono andati via con la promessa di rivederci quanto prima, io e James restammo soli fuori dal ristorante in attesa che il ragazzo del parcheggio recuperasse la sua macchina.

"James possiamo parlare adesso?" dissi avvicinandomi a lui.

"Non so di cosa dobbiamo parlare, sinceramente" mi rispose freddo, ignorando il mio sguardo.

"Beh... ad esempio del fatto che mi stai ignorando da tutta la sera?" ribattei, stizzita.

"Non so di che parli".

"James... per cortesia" lo pregai.

Intanto era arrivato il ragazzo del parcheggio ed entrambi salimmo in auto dai rispettivi lati, in silenzio,
"Smettila di fare finta che vada tutto bene, è da quando sono arrivata che..".

"Non mi va di essere preso in giro e non ho intenzione di sentirmi dire che quanto è successo sia normale" disse in un fiato, interrompendomi.

"Ma non è successo nulla, ti giuro...".

"Quindi vorresti farmi credere che sia normale che il tuo ex fidanzato si faccia un viaggio di quasi due ore per accompagnarti qui a New York di venerdì sera?" continuò James con tono irritato.

"Innanzitutto, non è venuto qui per me, aveva già un impegno in città e poi.. non è il mio ex fidanzato" puntualizzai.

"Ah si, certo, come no... dimenticavo" commentò ironico lui.

"Cosa vorresti dire?".

"Voglio dire che mi sono sorbito in silenzio tutte le scenate di Harry, mi sono preso un cazzotto e i suoi insulti senza commentare sin dal primo giorno ma... faccio veramente fatica a capire cosa c'è tra di noi".

"Non c'è niente tra di noi, James" provai a chiarire.

"Non prendermi per culo, Bea" ribatte lui, girandosi a guardarmi senza mettere in moto l'auto. "Non credo di meritarmelo e non sono stupido".

Mi ammutolii, non mi piaceva mentirgli in quel modo e mi sembrava di offendere la sua intelligenza fingendo che quello che c'era tra me ed Harry era solo amicizia. Non lo era e... James ne aveva viste già abbastanza per averlo intuito da solo.

"Forse questa cosa che c'è tra di voi inizia a starmi un po' stretta" aggiunse, fissando lo sguardo davanti a se.

"Che vorresti dire!?".

"Che non mi piace essere il secondo e... mi sembra che lui concorra per una categoria totalmente diversa dalla mia".

"James, tra me ed Harry non potrà mai esserci niente, te lo giuro".

"Non fare promesse che non puoi mantenere, Bea" disse, lanciandomi un'occhiata veloce, poi dopo una breve pausa aggiunse serio "Ti porto a casa".
Mise in moto e non aggiunse una parola fino a quando non arrivammo a Princeton.

Il mio weekend a New York terminò tanto velocemente quanto era iniziato.

BUT THE WAIT WAS WORTH IT [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora