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Restai. Fu molto semplice convincermi.
Non volevo andarmene davvero. La verità è che non sapevo quando sarei stata di nuovo in presenza di Harry.

Era tutto un enorme montagna russa e.. oggi andava così, domani chissà; avrebbe ripreso ad ignorarmi ed evitarmi nei corridoi.
Quindi decisi di restare.

Discutemmo della scaletta, modificammo qualche punto ed iniziammo a ripetere.

"Inizia tu" disse sicuro Harry, accomodandosi sul letto, tenendo sempre lo sguardo fisso su di me.

"Io? Perché io?" Azzardai.

"Non dirmi che ti imbarazzi. Dovrai esporre davanti a centinaia di persone..." continuò, poggiando entrambe la mani alle spalle spalle sul letto, per sostenere la schiena e mostrandomi con un bellissimo sorrisino divertito.

"Beh non sei certo di aiuto cosi" mormorai, stringendo le braccia al petto.

"Dai... Bea. Ci siamo solo noi" mi rassicurò.

Beh, notiziona: sei proprio tu il problema, Harry Styles.
Sei tu che mi metti a disagio, non una platea di giudici e auditori.

"Ok" dissi, infine, alzando gli occhi al cielo, poi presi un respiro profondo.

In realtà avevo già in parte studiato l'inizio del mio intervento di presentazione in quelle settimane; quindi, nonostante i suoi occhi puntati addosso, sapevo bene cosa dire. Mi muovevo distrattamente avanti e dietro per la stanza mentre parlavo, i suoi occhi mi seguivano passo passo. Dopo un po' ci feci l'abitudine ed iniziai ad apprezzare quella piacevole sensazione.

Lui se ne stava pressoché immobile, sguardo fisso su di me, seguendomi camminare per la stanza mentre parlavo senza sosta e in realtà pensavo a tutt'altro.

Fu l'occasione giusta per guardarmi intorno come non avevo mai potuto fare in quella stanza. Sul comodino c'era un libro di letteratura russa iniziato, sulla scrivania regnava un gran disordine, c'erano volumi accatastati, appunti e altro materiale gettato alla rinfusa. Su una poltroncina vicino al letto aveva abbandonato la felpa blu dell'Università mentre di fronte al letto c'era una grande libreria con tante mensole, alcuni erano volumi del corso di studi ed altri libri di letteratura, romanzi, qualche giallo. Mi piazzai di faccia davanti alla libreria, mentre continuavo a blaterare della presentazione. Si poteva capire molto dalla libreria di una persona. Inclinai leggermente la testa di lato per leggere alcuni titoli.

"Smettila di impicciarti" sentii la sua voce alle mie spalle.

"Non lo sto facendo" mentii, gettando uno sguardo veloce verso di lui che era immobile sul letto come l'avevo lasciato.

Riportai lo sguardo sulla libreria e l'occhio mi cadde su un libro posizionato al contrario su un ripiano basso. Dal libro, spuntava una busta da lettere bianca chiusa sulla quale potevo intravedere la parola Bea scritta in corsivo in modo un po' incerto.

"Cosa...?" feci per dire, estraendo leggermente la lettera dal libro con espressione corrucciata quando, in un attimo, mi trovai Harry alle mie spalle.

Sfilò la busta dalle mani con rapidità.

"Hey..." provai a dire ma mi interruppe.

"Questa è mia" disse lui, con un sorrisino, tendendo il braccio verso l'alto in modo che non potessi raggiungerlo.

"C'è scritto il mio nome sopra" provai a controbattere, incrociando le braccia al petto.

"Non è vero" menti Harry.

"Beh se non è vero fammela vedere".

"Assolutamente no" continuò lui, deciso. Poi infilò la busta nella tasca posteriore del suo jeans. A quel punto, provai ad arrivarci da sola, cercando in modo decisamente buffo di raggiungere la sua tasca ma per Harry fu fin troppo facile bloccarmi rapidamente le mani, prendendomi entrambi i polsi e portandoli sopra la mia testa.

"Oh no no no no no, non ci provare" disse Harry sorridendo e scuotendo il capo; intanto, avanzò di qualche passo fino a farmi toccare con la schiena la libreria, mentre teneva ancora i miei polsi bloccati sopra la mia testa. "Dovrai passare sul mio cadavere per averla" soffiò a pochi centimetri dal mio viso in modo sensuale e mi sentii come se le gambe potessero sciogliersi da un momento all'altro per l'emozione.

Mi ero consapevolmente ritrovata in quella situazione, di nuovo. Non c'era nessuno da incolpare se non me stessa. Certo, avevamo un intervento da preparare, il professor Hayes era un tipo molto esigente e si aspettava grandi cose da noi ma... potevo andarmene quando l'avevo proposto. Anzi direi che forse avrei dovuto. E invece no.

Sostenni il suo sguardo anche se dentro mi sentivo esplodere.

"Cosa c'è scritto in quella lettera, Harry?" dissi sicura.

"Non dovresti giocare a questo gioco con me, Bea" mi rispose, senza staccare gli occhi dai miei.
Vero, sicuramente non avrei dovuto. Ma volevo tantissimo farlo, lo volevo disperatamente.
Ero certa che stesse per aggiungere qualcosa quando sentimmo alcuni rumori fuori dalla porta della stanza e poi qualcuno bussare piano.

"Cosa c'è!?" sbottò Harry infastidito, ancora a pochi centimetri da me.

"Harry..." la voce di Scott da dietro la porta chiusa era un po' incerta. "C'è Davina giù alla porta".

Harry mi lasciò i polsi di scatto e fece un passo indietro, allontanandosi da me.

Fu un dolore doppio sentirlo allontanarsi da me e vedere la sua espressione preoccupata mentre si avvicinava alla porta per parlare con Scott.

Mi sentivo colpevole, come se fossi una ladra, una traditrice... un'amante. Era una sensazione davvero orribile.

Harry parlò sottovoce con Scott di qualcosa che non riuscii a capire, mentre io me ne restai immobile dove mi aveva lasciato, frustrata e arrabbiata. Poi Harry chiuse la porta alle sue spalle e si avvicinò a me con espressione colpevole.

"Mi dispiace, io... lei.. non doveva passare, io non sapevo... Bea, lei non sa..." balbettò qualcosa senza molto senso.

"Lei non sa che io sono qui" terminai la sua frase, senza guardarlo.

"Si" ammise lui. "Bea mi dispiace" continuò e dal tono mi sembrava anche sincero ma.. non potevo sopportarlo. Non riuscivo a sopportare quello che mi stava facendo.

"Lascia perdere" tagliai corto. "Uscirò quando ve ne sarete andati" dissi, incrociando le braccia al petto e dandogli le spalle.

Lo sentii fare alcuni passi come per avvicinarsi alle mie spalle ma poi evidentemente cambiò idea.
"Mi dispiace" mormorò solo e poi sentii chiudersi la porta.

Volevo scoppiare a piangere in quel preciso istante, stavolta dalla rabbia e dal dolore contemporaneamente.

Perché gli permettevo di trattarmi in quel modo? Perché mi trovavo di nuovo in quella situazione? Ero disgustata.
Dopo poco sentii qualcuno bussare piano alla porta  e vidi Scott entrare. Alzai lo sguardo su di lui, trattenendo le lacrime.

"Dici che ora ti va quella birra?" disse lui con un sorriso sincero, facendomi segno di avvicinarmi a lui.

Decisamente si.

BUT THE WAIT WAS WORTH IT [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora