Era tutto surreale.
Scesi le scale di corsa e trovai Zac ancora al telefono, con le mani su gli occhi.
Ero così arrabbiata con Harry. Il pensiero di lui sopra che si scopava quella ragazzina mi dava un senso di voltastomaco, soprattutto se pensavo alle parole che aveva usato nei miei riguardi la sera prima."Il funerale è domani, a New York" disse, dopo aver attaccato. "Ti va di...?" mi chiese, con uno sguardo afflitto.
"Certo" acconsentii. Come potevo dirgli di no?
Poi lo convinsi a fare una passeggiata, dicendo che gli avrebbe fatto bene. O forse faceva bene a me? Non volevo più stare in quella casa un momento di più.Il funerale fu un vero strazio. Il nonno di Zac doveva essere un uomo molto amato e rispettato perché la chiesa era gremita di persone.
Io me ne stetti in disparte insieme a Scott e altri ragazzi venuti da Princeton. Ogni tanto Zac si girava verso di noi e ci scambiavamo un sorriso teso. Fu tutto molto triste, ovviamente, e Zac sembrava davvero a pezzi.
Harry non si presentò in chiesa, anche se a quel punto immaginai che l'avesse saputo.
Quando io e i ragazzi uscimmo dalla chiesa, mi stupì trovarlo lì fuori, intento a fumare una sigaretta. Almeno aveva avuto la decenza di presentarsi li, pensai.
Non gli rivolsi neanche uno sguardo, non avevo intenzione di dargli confidenza e neanche di scambiarci mezza parola; ero davvero al limite dopo la scenetta del giorno prima.
Quando Zac uscì, li vidi scambiarsi una veloce pacca sulla spalla, molto freddi e formali. Poi Zac prosegui con la sua famiglia per una serie di tristi adempimenti, io avevo programmato che sarei tornata con i ragazzi a Princeton, in modo da non essere di intralcio a Zac.
Mentre eravamo tutti fuori la chiesa prima della partenza, Harry si avvicinò, guardandomi negli occhi.
"Torni in macchina con me" disse deciso."No" lo scansai senza guardarlo negli occhi, cercando di avvicinarmi un po' agli altri.
"Non era una domanda" continuò, prendendomi per un braccio.
"E la mia non era un'opzione negoziabile. Non torno con te" dissi, guardandolo dritto negli occhi.
"Bea".
"Forse non sono stata chiara, Harry, non voglio più avere niente a che fare con te. Adesso lasciami". Con uno strattone feci forza per liberarmi dalla sua presa ma non mi lasciò andare. Mantenni il suo sguardo.
"Ragazzi io e Bea ci avviamo" alzò la voce per rivolgersi agli altri, come se io non avessi proprio parlato.
Chiusi gli occhi e respirai profondamente prima di entrare nella sua auto, decisa a non dire neanche una parola fino a casa.
Tutto il tragitto fino all'uscita dal centro città lo passammo in silenzio, io guardavo fuori dal finestrino, lui guidava senza rivolgermi uno sguardo.
Ero furiosa, non riuscivo a credere di trovarmi di nuovo incastrata in quella situazione.Dopo più di mezz'ora da quando eravamo in auto, aprì bocca. "Hai intenzione di non rivolgermi la parola fino a Princeton?".
Lo ignorai, come avevo deciso."Ok..." disse lui, dopo un po', mentre restavo in silenzio. Ed ad un tratto prese la prima uscita dell'autostrada verso una cittadina sconosciuta nelle periferie di NY. Aggrottai le sopracciglia.
"Dove stai andando!?" dissi girandomi di scatto verso di lui.
"Ah quindi hai ancora il dono della parola".
"Harry, questa non è la strada per tornare a Princeton".
"Lo so".
"E dove stai andando!?".
"Non lo so ma questo è l'unico modo per farti parlare a quanto pare".
Lo guardai allibita.
"Stai scherzando!?""Ti sembra la faccia di uno che scherza?!" disse, girando a guardarmi mentre continuava a guidare.
"Harry torna subito indietro, voglio tornare a casa" dissi, cercando di scandire le parole con calma.
"No. Voglio che tu mi parli" disse, alzando la voce.
"COSA CAZZO VUOI CHE TI DICA!!??!" urlai.
Mi sentivo veramente al limite. La pressione degli ultimi giorni, quello che era successo tra noi e poi Zac, il funerale, lui in camera con quella ragazza.
"Harry ferma la macchina" continuai. "ADESSO!".
Stavolta - stranamente - mi ascoltò. Fece una frenata brusca e accostò alla prima piazzola di sevizio.
Si girò verso di me con gli occhi rossi.
"Mi spieghi perché è tutto così difficile con te!!?" disse, aprendo le braccia con disperazione."Con me? CON ME?" dissi, urlando. "Non è colpa mia se non sei in grado di avere una cazzo di relazione umana con una persona senza trasformati in un mostro!".
"Ah... io sarei il mostro!!? Dopo quello che ti ho detto, dopo come mi sono aperto con te, ti trovo in casa mia tra le sue braccia....ed io sarei il mostro!?".
Mi sputò addosso quelle parole con rabbia."Zac stava soffrendo".
"ANCHE IO!" mi risposte a tono, urlando a pochi centimetri dal mio viso. "Anche io sto soffrendo, Bea. Perché non lo vedi!?" aggiunse piano, fissandomi dritto negli occhi.
E poi mi baciò, di nuovo, come quella volta nel corridoio negli Hampton, con rabbia, con desiderio, direi anche con dolore.
E io lo lasciai fare perché ne avevo bisogno anche io, sentivo che non potevo più trattenermi, che se non mi fossi lasciata andare a quel turbinio di emozioni sarei morta o forse implosa.
Quindi lasciai che le sue mani esplorassero avidamente il mio collo e poi il mio petto. Aprii rapidamente i bottoni della mia camicia, senza mai staccare le sue labbra dalle mie. Quando restai solo in reggiseno, Harry tirò su la mia gonna e mi fece sedere a cavalcioni su di lui. Poi entrò in me, con violenza. Non era amore quello, era solo desiderio. Era frustrazione, rabbia, veleno. Era l'istinto animale, come se stessimo lottando per la sopravvivenza. E con la stessa rabbia, venne in me. Restammo qualche secondo immobili, senza fiato, io ancora su di lui, con la testa poggiata alla testiera del sedile e gli occhi chiusi, come per non voler vedere.Tornai al mio posto senza dire una parola, indossando la camicia alla meglio. Poi aprii di impulso la portiera e scesi da quell'auto.
Sapevo di non poter scappare, eravamo nel bel mezzo del nulla e non c'erano città o case o persone per chilometri. E poi era buio ed eravamo su una strada a scorrimento veloce, dove pensavo di fuggire? Sbattei lo sportello dell'auto e mi poggiai ad esso di spalle. Presi aria, profondamente. Respirai a pieni polmoni e cercai di calmarmi.
Sentivo gli occhi lucidi e le lacrime che premevano per fuoruscire ma le trattenni.Restai così per un tempo che mi sembrò lunghissimo, guardando un campo abbandonato davanti a me e la notte che lo circondava. Poi sentii la portiera aprirsi e richiudersi e lui fare dei passi per raggiungere il mio lato dell'auto.
Si appoggiò accanto a me, in silenzio.
"Siamo un disastro, è tutto sbagliato" dissi piano, senza guardarlo.Lui si passò una mano sugli occhi.
"È colpa mia, sono io che sono un disastro. Distruggo tutto ciò che tocco" mi rispose.Chiusi gli occhi lentamente, volevo cancellare tutto quello che era successo negli ultimi due mesi e ripartire da capo.
Volevo riaprire gli occhi e catapultarmi indietro nel tempo alla sera della festa della confraternita e cambiare tutte le mie scelte da quel momento in poi.
"Non può funzionare" gli dissi piano, ancora con gli occhi chiusi. "Portami a casa, ti prego".E, stavolta, non fiatò.
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BUT THE WAIT WAS WORTH IT [H.S.]
Fiksi Penggemar[COMPLETA] "Bea..." mi chiamò e il suo tono mi fece fermare e voltarmi verso di lui. "Dobbiamo parlare di quello che è successo". "No, Harry, non c'è niente di cui parlare, davvero" mi affrettai a dire. "Eravamo ubriachi... entrambi. Ed è chiaro che...