Insieme

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«È stato a Versailles, vero? Quando ti sei sentita male... »
Oscar annuì piano stropicciando la coperta che aveva poggiato sulle gambe, alzando poi lo sguardo verso André che, a pochi passi da lei, le dava le spalle con le mani nei capelli. Sentiva ancora gli occhi bruciare e le guance in fiamme, la testa le pulsava per via del pianto. Si era aggrappata a lui con tutte le sue forze, stringendolo la giacca verde scuro tra le mani mentre, in ginocchio, era scoppiata in un pianto che aveva trattenuto per settimane. André l'aveva cullata tra le sue braccia in silenzio, aspettando che placasse i singhiozzi, trattenendo lui stesso lacrime di dolore nel vederla in quello stato.
«Sono stata male. Ma credo che la maggior parte del mio malessere me lo sia procurata da sola. Mi spaventa il non - si bloccò cercando le parole giuste, ma dovette riformulare la frase - io ho accettato il fatto di aver perso un bambino ma... allo stesso tempo mi sento così tremendamente in colpa. Per quel poco tempo, non sono riuscita a proteggere un'essere minuscolo. Ho fatto cose che la maggior parte delle donne non può fare ma non sono riuscita nella cosa più naturale del mondo. È ironico. E tragico allo stesso tempo »
«Lo sapevo che ti era successo qualcosa... Dio... »
Si voltò verso di lei, era pallida in viso e aveva un'espressione stanca, come se non dormisse a sufficienza o non dormisse affatto, gli occhi gonfi e rossi. Le si avvicinò e si inginocchiò davanti alla poltrona in velluto rosso, prendendo le mani di lei tra le sue e baciandone le nocche. Oscar accennò un sorriso.
«Mi dispiace io... non so cosa dire... è orribile, è »
«Non dire niente. Ho solo bisogno di... sentirmi amata, di circondarmi di persone che amo e che mi vogliono bene...  e di te, soprattutto di te »
Oscar liberò la mano dalla stretta di André e gli diede una leggera carezza sul viso, spostando una ciocca corvina dalla sua fronte. André posò la mano sulla sua, baciandole il palmo senza staccare lo sguardo dal suo, intrecciando le dita con le sue.
«Ti amo tanto... »
Le sussurrò piano avvicinando il viso al suo, poggiando la fronte contro la sua e lei sorrise, chiudendo gli occhi.
«Ti amo anch'io, anche se... vorrei tanto risparmiarti così tanto dolore »
«Se tu sei felice lo sono anch'io, se soffri soffro anch'io »
«André... »
Sfiorò le sue labbra in un leggero bacio chiudendo gli occhi. Avrebbe voluto dimenticare quello che era accaduto negli ultimi due mesi con un semplicissimo schiocco di dita o, anche meglio, tornare indietro, il giorno del suo matrimonio, per scappare via. Ora dove si troverebbe? Cosa starebbe facendo in quel preciso istante? Ma con i "se" e con i "ma" la storia non si fa. 
«Dovrei vestirmi, sono ancora in vestaglia e tra poco verrà servita anche la cena »
«Se non te la senti, posso farti portare la cena in camera »
«No, scenderò. Non sono venuta qui per rintanarmi in camera altrimenti sarei rimasta a palazzo Condé »
«Dovrò chiamarti duchessa davanti gli altri... penso che non riuscirò mai ad abituarmi »
Disse André giocando con una ciocca bionda intrecciandola tra le dita con sguardo perso.
«Ma resterò sempre la tua Oscar »
«È vero... »
Oscar sciolse la stretta delle loro mani e si alzò dalla poltrona lasciandolo in ginocchio sul tappeto rosso, nascondendosi dietro il paravento iniziando a sciogliere il nodo della vestaglia. André si alzò lentamente raggiungendo il paravento senza però raggiungerla, aspettando pazientemente che lei terminasse di vestirsi. La sentì mormorare qualcosa e poco dopo se la ritrovò di fronte, con la camicia bianca che le copriva appena le cosce, nascondendo i fianchi, e i pantaloni neri. Oscar spostò una ciocca dietro l'orecchio e cercò il suo sguardo.
Il lieve bussare alla porta di una cameriera ruppe il silenzio, annunciando la cena. Oscar abbassò lo sguardo allungando la mano verso quella dell'uomo e lui mosse un passo verso di lei, posando la mano libera sulla sua guancia, per un bacio, l'ultimo prima che scendesse per la cena.
«Vieni da me più tardi »
Sussurrò sfiorando le sue labbra, tenendo ancora gli occhi chiusi. André le sorrise. Si allontanò con malavoglia,  muovendosi lentamente verso la porta stringendo ancora la mano di André e lui la seguì. Quando furono entrambi fuori avevano già allentato la presa e si allontanarono, in direzioni diverse.

«Hai un'espressione molto stanca »
«Grazie per il complimento Hortence »
Hortence sorrise guardando la sorella bere un bicchiere di vino, seduta tra Loulou e Maurice che in tutti i modi possibili cercavano di attirare la sua attenzione e distoglierla dai brutti pensieri.
«Sapete che ho iniziato a studiare il clavicembalo? »
Disse la ragazzina con un sorriso soddisfatto e Oscar si voltò verso di lei, curiosa.
«Davvero? Da quanto? »
«Saranno... due mesi. Il maestro dice che sono molto brava e che ho un talento naturale! »
«Finalmente mia figlia si degna di avere un passatempo normale, come tutte le damigelle rispettabili! »
Oscar lanciò uno sguardo alla sorella, alzando un sopracciglio, ma la donna si corresse subito.
«Oh ma tu sei un caso a parte! »
«Io infatti vorrei tanto essere come la zia Oscar! Solo che io sono più bella, anche se ho i capelli più ricci dei suoi »
Oscar rise, dando una carezza alla nipote e lei sorrise. Maurice alzò gli occhi al cielo sempre con il sorriso sulle labbra.
«Tu invece? Stai continuando ad allenarti con la spada? E i tuoi studi? »
«Potete chiedere anche a nostro padre se non mi credi, sto migliorando tantissimo! Sono sicuro che tra poco sarò pronto per entrare nella guardia reale! »
Maurice era cresciuto tantissimo, solo ora se ne rendeva conto. Era diventato molto più alto, gli arrivava alla spalla, e la sua voce si era fatta più bassa. Stessa cosa per Loulou, anche lei si era allungata ma non arrivava ancora a Maurice e il suo carattere si era calmato. Erano cambiati così tanto nel giro di pochi mesi, non riusciva a crederci.
«È questo quello che vuoi fare quindi? »
I genitori non avevano cenato insieme a loro, il generale non era tornato ancora e Madame era stata chiamata urgentemente a Versailles per volere della sovrana. Avevano cenato loro quattro, in pace e Oscar non poteva essere più felice.
«Io... sì, credo di sì »
«In che senso credo di sì? Non vuoi essere un soldato? »
«Certo che voglio esserlo! È solo che... no, nulla »
«Essere soldato non significa prestare servizio solo alla guardia reale, Loulou. Probabilmente Maurice è ancora incerto in quale reggimento arruolarsi, giusto? »
Chiese Hortence al fratello e lui annuì senza però commentare. Oscar corrugò la fronte ma non disse nulla. La cena terminò in tranquillità, parlando del più e del meno e subito dopo si spostarono nel salone per ascoltare Loulou suonare una piccola melodia da lei composta. Durante il piccolo spettacolo improvvisato Oscar aveva posato più volte lo sguardo sul fratello e la sua mente sembrava altrove, come se fosse presente solo fisicamente in quella stanza.  Rilassò le spalle, tornando ad ascoltare la nipote suonare e iniziò a sorridere.
Si sentiva davvero tranquilla e felice, finalmente.
Hortence si era commossa nel sentire la figlia suonare e aveva un'espressione soddisfatta e orgogliosa per la figlia. Rimasero a parlare ancora un po', davanti al camino, prima di ritirarsi ognuno nelle proprie stanze e, mentre Oscar si apprestava a salire le scale notò André in compagnia della nonna e, sicura del fatto che l'avesse notata, gli fece cenno con il capo ricevendo come risposta un sorriso.

Il figlio del generale JarjayesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora