Domani mattina

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Oscar tossì un po', coprendosi la bocca con la mano. Un brivido le percosse la schiena facendola rabbrividire nonostante il caldo. Quella notte aveva dormito malissimo e quelle poche volte che era riuscita a prendere sonno gli incubi la svegliavano in preda all'ansia e al sudore.
«Avete una brutta cera Madame, siete sicura di sentirvi bene? »
«Non preoccuparti per me Aurore, sto bene. Ho dormito solo male questa notte »
«Siete in pensiero per il duca? Non abbiate timore, tornerà molto prima di quando possiate immaginare! »
Accennò un sorriso, congedando poi la cameriera. In realtà non aveva pensato molto al duca in quei  giorni ma le notizie che le arrivavano da Parigi erano preoccupanti. Bernard non aveva tralasciato alcun dettaglio e più volte le aveva scritto che tutto quello che stava accadendo non era che l'inizio. Se da un lato apprezzava questa sua franchezza, da un lato ne era anche disgustata quando si perdeva in macabre descrizioni.

È la rivoluzione, Oscar. Non possiamo fare nulla se non assecondarla. Un re che reprime il proprio popolo non è un re.
Il vecchio regime sta per crollare, sorgerà una nuova epoca.

Era l'ultimo biglietto arrivato da Parigi quella stessa mattina. Lo aveva letto e riletto, sfiorando con le dita l'inchiostro nero come a voler cancellare quelle parole perché le facevano male al cuore. Solo quattro semplici frasi, che la colpirono come un proiettile in pieno petto.
«È davvero la cosa migliore, Bernard? Una rivoluzione.... mi sembra assurdo che tu possa parlare di questo, tu che avevi finalmente trovato un'arma migliore della spada per ferire le persone »
Sospirò stropicciando il piccolo pezzo di carta tra le mani.
«Non va bene, non va affatto bene »
Passò una mano sulla fronte per allontanare i capelli dal viso e guardò fuori la finestra, notando in lontananza un uomo a cavallo.
«Oh, è già arrivato »
Sorrise, sentendosi subito rincuorata e si avviò verso l'entrata del Palazzo per accogliere l'ospite. Quando fu in fondo alle scale il portone d'ingresso si aprì, svelando l'uomo.
«Conte Girodelle! Che piacere rivedervi! »

«Sono lieto di vedervi di nuovo in buona salute, duchesse »
«Credevo di avervi già chiesto di chiamarmi per nome »
Rise appena mentre versava in due bicchieri del cognac e ne porgeva uno al conte.
«E credo di aver già detto che non potrei mai chiamarvi per nome »
«Volevo ringraziarvi per accettato di venire qui. Sono sicura che... sarete molto impegnato a Versailles »
«È così, ma i sovrani mi hanno concesso un giorno di riposo solo grazie a voi quindi credo di esservi debitore »
Girodelle aveva sempre avuto un sorriso dolce e un carattere calmo, totalmente opposto al suo. Lo aveva sempre ritenuto un uomo affascinante, ma forse un po' troppo impostato per i suoi gusti.
«La situazione sembra essere molto più grave di quanto non sia già, o sbaglio? »
«Non sbagliate affatto. Dalla dimissione di Necker è tutto precipitato. L'unico consiglio che posso darvi, e ve lo dico con il cuore in mano, è di lasciare il paese. O almeno fin quando la situazione non si sarà ristabilita un po' »
«Non siete il primo a consigliarmi questa soluzione »
Sorrise sarcasticamente, bevendo d'un fiato il liquido color oro e posò il bicchiere accanto la bottiglia, curvando le spalle, sotto lo sguardo preoccupato del conte.
«Se non sono il primo... perché non lo avete fatto? »
Oscar fece spallucce guardando la punta delle sue scarpe.
«Forse perché non voglio lasciare i miei cari, forse perché credo e spero che tutto possa risolversi in fretta, forse perché voglio vedere con i miei stessi occhi quello che accadrà »
«La famiglia Condé... »
Si irrigidì.
«Vi prego! Non nominatela mai in mia presenza! Non ci sono mai stati per noi, non hanno mai mostrato alcun interesse se non quello finanziario nei miei confronti! Persino quando ho perso il bambino, non mi hanno mai degnato di una visita o di una lettera. Nulla! Quando Adrien è stato arrestato... mio cognato ne sembrava quasi felice, mentre mia suocera aveva dato la colpa a me per quello che era successo, come se lo avessi spinto io ad andare contro i reali! »
«Mi dispiace, non volevo importunarvi »
Oscar rilassò le spalle e alzò lo sguardo verso il conte mortificata.
«Perdonatemi voi, ho riversato la mia rabbia su di voi senza alcun motivo »
«Comprendo perfettamente la vostra rabbia e la condivido. Anche se non dovrei dirvelo, molte famiglie, compresa quella di vostro marito, ha preferito abbandonare Versailles senza preavviso. Per questo ve l'ho nominata. Al dire il vero, ero sorpreso di sapervi ancora qui e sono tutt'ora molto in pensiero per voi. Siete completamente sola »
«Sono stata per molti anni sola, conte »
«I tempi sono cambiati, stanno assalendo dei Palazzi e dopo aver fatto razzia li bruciano. Vostro marito... »
«Credete che non sappia più difendermi? Mi sono sposata, non sono malata »
Disse ironicamente sedendosi su una delle poltrone del salotto, incrociando le gambe. Lo sapeva benissimo però a cosa si stesse riferendo, le notizie circolavano veloci.
«Non lo metto in dubbio, ma loro sono come belve. Non hanno più un lato umano, sembrano come pazzi »
Non rispose. Il conte aveva totalmente ragione.
Sospirò coprendosi il viso con le mani, rassegnata. Cos'avrebbe dovuto fare? Lasciare davvero tutto? Abbandonare sia André che il duca e far perdere le sue tracce?
No, non poteva abbandonare André. Ma se fosse scappata con lui, non avrebbe potuto sposarlo perché era ancora legata al marito. Guardò la fede nuziale e fu tentata di toglierla, lanciarla via e urlare.
«Duche... Oscar? Va tutto bene? »
«Ah? Sì, sto bene. Solo... non pensavo che fossero andati via. Sono parte della famiglia reale e... »
«Anche la Polignac è andata via »
«Cosa?! »
Aveva alzato la testa di scatto stupita, l'espressione del conte era davvero seria. L'uomo si accomodò sulla poltrona di fronte alla sua, guardandola.
«Mio Dio... perché me ne stupisco, era così ovvio, no? Appena la regina ha iniziato ad ignorarla, lei se n'è andata! Le ha rubato così tanto... soprattutto denaro... ma era così ingenua dannazione! Credo che la maggior parte della colpa sia sua, se è successo tutto questo! »
«Non posso darvi torto, purtroppo, e anche sua maestà si è accorta del grande sbaglio che ha fatto. Ora... ne sta pagando tutte le conseguenze »
«Come vorrei... tornare indietro nel tempo per poter cambiare le cose »
«Purtroppo non ci è concesso »
«Fatemi vivere la mia utopia »
Disse quasi in un lamento soffocando una leggera risata e anche il conte sorrise, scuotendo il capo. Ci furono alcuni istanti di silenzio che però non le pesarono affatto. Aveva quasi dimenticato quanto le fosse mancata la sua compagnia e quanto fosse dannatamente perfezionista nel suo modo d'essere.
«Da quanto vostro marito è partito, se posso? »
«È partito... il 4 luglio, otto giorni fa »
«Avete avuto notizie di lui? »
«Sì, ieri pomeriggio è arrivato un soldato del suo reggimento. È riuscito a scrivere poche righe e - fece una pausa, prendendo fiato - sono un po' preoccupata, non lo nascondo »
Bussarono lievemente alla porta, Oscar diede il permesso di entrare e una ragazza entrò nel salone, facendo un inchino e arrossendo appena incrociò lo sguardo del conte Girodelle.
«Madame, è arrivato un soldato e chiede di parlare con voi. Ha detto che è molto importante »
Oscar corrugò la fronte cercando lo sguardo del conte. Per un attimo si spaventò, che fosse successo qualcosa di grave?
«Andate, Oscar. Se è davvero urgente, non dovete preoccuparvi per me. Al contrario, è meglio che vada anch'io. Le strade sono pericolose dopo il tramonto »
«Attendete ancora un po'. Farò subito ritorno »
Oscar si alzò senza attendere una risposta dal conte e si fece condurre dalla giovane cameriera dal soldato. Lo riconobbe subito quando lo vide in piedi nell'entrata del palazzo, era lo stesso che le aveva portato il messaggio di Adrien il giorno prima.
«Buona sera madame, questo è per lei. Ve lo manda vostro marito, è urgente »
L'uomo le consegnò una nuova lettera e dopo aver fatto il saluto militare andò via. Oscar, stranita e ancor più confusa di prima, guardò il viso della ragazza ma lei sembrò stupita quanto lei. Scosse il capo e iniziò ad aprire la lettera mentre ritornava nel salone dove l'attendeva il conte Girodelle.
Lo ritrovò esattamente dove lo aveva lasciato, seduto elegantemente sulla poltrona e riprese il suo posto, leggendo rapidamente le righe che le aveva scritto il marito.

Il popolo è in fermento. Credono che ci sarà una nuova San Bartolomeo1. Mettiti al sicuro, scappa lontano.
Credo che non potrò mantenere la mia promessa.
Mi dispiace e ti amo.
Non ho avuto il coraggio di dirtelo a voce, ma forse su questa carta avrà un significato più grande.
Tuo, Adrien

«Una... nuova San Bartolomeo? »
Le tremò la voce, sperò che il conte non notasse quanto le sue parole l'avessero turbata. Gli passò la lettera e lui la lesse attentamente, soffermandosi sulle ultime parole che le aveva scritto.
«Sarà stato quel maledetto del figlio del luogotenente, Desmoulins. È anti monarchico fino al midollo, farebbe di tutto pur di ottenere quello che vuole. Quel maledetto ingrato... »
Costatò irritato ridandole la lettera e Oscar nascose il volto di nuovo, reggendosi la testa con le mani.
«Maledizione... »
«Cosa vi... aveva promesso? »
«Che sarebbe tornato sano e salvo. Assurdo, no? Lo sapevo fin da subito che sarebbe stato impossibile, ma cosa ci posso fare? Un po' volevo credere che avesse ragione lui »
Lo disse a voce bassa ma il conte la capì comunque. Oscar si lasciò scappare un sospiro amaro e strinse i capelli tra le mani delusa.
«Dunque... lo amate anche voi? »
Sgranò gli occhi, scosse il capo.
«Gli voglio bene, mi sono affezionata a lui - rise appena, alzando la testa di nuovo - ma anche se ho sempre odiato questo matrimonio... non volevo che finisse così »
«Allora seguite il suo consiglio. Prendete le vostre cose e andate via. Posso accompagnarvi io stesso, se volete »
«Ci penserò... »
«Purtroppo è una decisione che dovete prendere adesso »
«Domani mattina, vi farò sapere. Viaggiare di notte è troppo pericoloso, lo avete detto voi stesso pochi minuti fa »
Il conte annuì piano e le prese le mani, Oscar sgranò appena gli occhi sorpresa.
«Promettetemelo. Verrò io stesso domani se non riceverò un vostro messaggio »
Oscar annuì piano quasi divertita.
«Ve lo prometto »
«Grazie »
Il conte sorrise rincuorato dalla sua promessa. Lasciò andare le sue mani e si alzò, Oscar lo imitò in silenzio.
«Ora è meglio che vada via. Aspetterò un vostro messaggio »
Oscar lo accompagnò alla porta d'ingresso e subito fu preparato dalla servitù il cavallo del conte.
«Fate attenzione »
Furono le sue uniche parole e lui la salutò con un elegante baciamano.
Quando fu abbastanza lontano, Oscar si ritirò nelle sue stanze. Dopo pochi minuti, chiamò una delle cameriere che passava per il corridoio, davanti alla sua porta e le consegnò un biglietto.
«Dev'essere consegnato a Palazzo Jarjayes, a Grandier. Ora »

1= la notte di San Bartolomeo è il nome con il quale è passata alla storia la strage compiuta nella notte tra il 23 e il 24 agosto 1572 ( giorno di San Bartolomeo ) dalla fazione cattolica ai danni degli ugonotti a Parigi.
Secondo François-Auguste Mignet ( 1796-1884, scrittore, storico, giornalista e consigliere di Stato francese ), Camille Desmoulins aizzò la folla salendo su un tavolo con la pistola in mano ed esclamando : «Cittadini, non c'è tempo da perdere; la dimissione di Necker è l'avvisaglia di un San Bartolomeo per i patrioti! Proprio questa notte i battaglioni svizzeri e tedeschi lasceranno il Campo di Marte per massacrarci tutti; una sola cosa ci rimane, prendere le armi! ».
Ricordiamo che la figura di Desmoulins inspirò la Ikeda per la realizzazione del personaggio di Bernard.

Il figlio del generale JarjayesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora