«Harry? Harry? Hazza?» Una voce lontana gli provocò all'istante una terribile emicrania. Aprì gli occhi leggermente e di fronte a lui apparve Louis, preoccupato.
«Che?» Tentò di formulare una frase, una domanda, ma la sua lingua sembrava di feltro. Che stava succedendo?
«Gem, sta meglio!» Urlò Louis stendendo il collo oltre lo schienale del divano. Ma che stava succedendo? La testa di Harry minacciava di esplodere da un momento all'altro.
«Dove sono tutti?» Domandò portandosi l'avambraccio sugli occhi per ripararli dalla luce del lampadario. Doveva essere notte tarda, o mattina presto, a seconda dei punti di vista.
«A casa loro. Stavamo giocando ad "Obbligo o Verità" quando ti sei sentito male e hai perso conoscenza. Ci hai fatto prendere un colpo!» I suoi occhi si riempirono di lacrime e Harry allungò una mano verso di lui per avvicinarlo a sé. Lo strinse fra le braccia sorridendo. Aveva esagerato con il Gin, o con il Rum, o con il giro di Vodka liscia. Forse l'aver "esagerato" era da generalizzare a tutte queste cose e non solo ad una.
«Kayla?» Domandò preso dal panico ricordando la domanda della ragazza.
«Anche lei a casa. Sei svenuto subito dopo la sua domanda.» Louis si scostò leggermente da lui e lo guardò negli occhi.
«Ho detto loro di no», sospirò.
«Oh», Harry era totalmente senza parole. La sua bocca rimase semiaperta per qualche minuto, mentre il cervello elaborava quell'informazione inaspettata. Aveva raccontato a Louis dell'amore segreto che Dan nutriva per la ragazza e, forse, se avesse scoperto quella storia ormai passata, avrebbe perso la sua amicizia. Così, gli aveva salvato il culo. Il suo ragazzo, per l'ennesima volta, gli aveva coperto le spalle in una situazione che avrebbe potuto rivelarsi catastrofica. Louis era decisamente troppo per lui, avrebbe continuato a ripeterselo all'infinito. Nessuno al mondo si sarebbe comportato in quel modo per salvarlo dopo tutto ciò che lui aveva fatto di sbagliato. Ma il suo Louis era diverso, lui lo amava.
«Aspirina», la voce di Gemma gli provocò una fitta alle tempie. Perché era così dannatamente acuta? Alzò gli occhi su di lei, oltre il divano e prese la pastiglia bianca che teneva nel palmo. Afferrò il bicchiere d'acqua che la sorella gli porgeva con l'altra e lo buttò giù d'un fiato, insieme al medicinale. Se gli avesse anche solo alleviato il martello che gli stava abbattendo le tempie, sarebbe stato un miracolo.
«Ti amo», mormorò contro la spalla di Louis, seduto di fianco a lui. L'altro si voltò a guardarlo e gli fece scorrere le dita sul viso, ancora sporco di bianco, sorridendo.
«Andiamo a cambiarci», gli strizzò l'occhio e lo prese per mano.
Gemma urlò loro che sarebbe passata lì il pomeriggio seguente per aiutarli a risistemare tutto e loro le assicurarono che non c'era bisogno si disturbasse a tornare, ma lei li ignorò sbattendo la porta e tornando alla sua auto.
«Come va?» Domandò Louis sedendosi sul letto e sfilandosi i canini finti di bocca. Li lasciò cadere nella tasca del costume e posò le mani sulle ginocchia del suo ragazzo, seduto al suo fianco. Harry teneva i palmi delle mani premuti contro gli occhi e non rispondeva.
«Dai, ti aiuto a toglierti il costume così possiamo andare a dormire. Sono quasi le sei», gli spostò la giacca dalle spalle con gentilezza, incoraggiandolo a spostare le mani dal viso, ma l'altro era riluttante.
«Come mi hai chiamato prima?» Domandò il riccio premendosi le dita sulle tempie, gli occhi chiusi.
«Harry?» Louis tentò di nuovo con la giacca, ma lui oppose resistenza.
«No.»
«Ah, Hazza intendi?» Harry sorrise ed annuì a quelle parole, e formò piccoli cerchi continuando a massaggiarsi i lati della fronte. Louis tentò ancora con la giacca e lui gli consentì di spogliarlo, allacciandogli le mani dietro il collo.