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A tredici anni mi diagnosticarono la Angina Pectoris, una malattia cardiaca che comporta un dolore che si manifesta al petto e nelle zone circostanti, come per esempio le braccia, il collo e la schiena, in seguito ad una mancanza di ossigeno che riguarda il cuore.
Me lo dissero in seguito a uno svenimento avvenuto mentre ero in terza media, quando mi portarono direttamente in ospedale perché pensavano che non respirassi più.
Fu da quel momento che i miei genitori presero la decisione di non mandarmi più a scuola e di farmi fare le lezioni da casa, senza farmi uscire di casa senza un accompagnatore e senza farmi fare nessun tipo di movimento, esclusi gli esercizi consigliati dal medico, giusto per non farmi poltrire sul divano tutto il tempo.

La cosa positiva in tutto ciò era il fatto che praticamente iniziavo le lezioni quando volevo, dormivo tantissimo e avevo sempre i pasti caldi pronti.
La cosa negativa invece stava nel fatto che la complicazione più grave della Angi, (il nomignolo che avevo affibbiato alla Angina Pectoris) era un infarto, che avrebbe potuto provocare la mia morte istantanea.

Beh la mia vita, considerando che avevo diciotto anni, non era proprio il massimo, era divisa tra lezioni da casa ed esami medici continui, che comprendevano visite con elettrocardiogramma, eco cardiogramma, test da sforzo, risonanze cardiache da stress, tac cardiache continue e altri mille esami che sarebbe inutile elencare considerando che solo mia madre era in grado di ricordare tutti.
Inoltre, ogni giorno, mi sottoponevo ad una terapia che prevedeva l'iniezione di uno o due farmaci, che l'infermiera passava a darmi per due volte al giorno.

Inutile sottolineare il fatto che, avendo passato la mia vita praticamente chiusa in casa, non avevo avuto il tempo di instaurare nessuna amicizia. Questo neanche nel periodo prima dei tredici anni, considerando che ero sempre stata una bambina riservata che preferiva stare nelle sue e farsi gli affari propri.
Comunque mi trovavo bene anche nella mia solitudine, avevo già abbastanza a cui pensare.

In realtà, a parte piccoli momenti di debolezza o rari momenti in cui la malattia si manifestava con dolori acuti, pesantezza, dolore al torace, mancanza di respiro o nausea e vomito, stavo relativamente bene.
Non succedeva da anni che svenissi o che finissi in ospedale. L'ultima volta era stata a sedici anni, quando finii in terapia intensiva.
Da allora i miei genitori, soprattutto mia madre, non mi lasciava un attimo da sola.
La sua attenzione era spesso opprimente ma cercavo di non ferire i suoi sentimenti considerando che dedicavano ormai la loro vita alla mia.

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"Somin! È ora di alzarsi principessa, è il giorno in cui dovresti iscriverti all'università amore!"

Mi rigirai nel letto e mi svegliai nel sentire la voce fastidiosa di mia madre che mi svegliava troppo presto come al solito.

"Mamma... che palle"

"Dai amore su, ecco il computer"

Mi appoggiò il computer sulle gambe e mi ritrovai un sito internet che trattava di un'università che permetteva le lezioni a distanza.

Guardai mia madre e spensi il computer, spostandolo sul comodino.

"Che fai?"

"Mamma ti prego, sono le otto del mattino, ho tutto il tempo per pensare a cosa voglio fare"

"Ma amore, questa è la decisione migliore per te"

Sbuffai e mi alzai, andai a lavarmi i denti velocemente e indossai una felpa ed un paio di pantaloncini del medesimo colore, ovviamente sotto gli occhi attenti di mia madre.

Your Eyes Tell (Jeon Jungkook)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora