38.

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A Giulia crollò il mondo addosso. Gli occhi di Diego erano più feriti e delusi che mai e continuava a fissarla come se avesse perso tutte le speranze.
«Diego non è così, io...»
«Tu niente Giulia, per una volta sii onesta con me. Vi ho sentiti parlare a telefono, vi vedo scrivere da settimane, ti ho visto al bar con lui che vi toccavate e vi abbracciavate, ti chiudi con lui negli spogliatoi dove io lavoro e sei stata anche a casa sua... pensi che io non abbia capito nulla?» Spiegò il tedesco alzandosi dal letto e rivestendosi velocemente. «Ultimamente sei sempre più strana e volevo capire a cosa volessi arrivare ma non ce l'ho fatta più, io...» Sottolineò quel pronome personale fermandosi per qualche secondo e poi continuò. «...non so fingere.» Concluse.
«Diego non è così, te lo giuro su mia sorella non è così.»
«Basta Giulia, basta. Non ce la faccio più, basta.» Sbracciò facendole capire bene che non voleva discuterne più ma la ragazza prese il cellulare e lo raggiunse.
«Guarda ti chiamo Amir così capisci che non è come dici tu.» Fece partire subito la chiamata verso il kosovaro che rispose sbuffando.

«Giulia che c'è?»
«Amir ciao, Diego pensa che io e te lo tradiamo e che siamo amanti.» Disse subito. Il biondo si prese qualche secondo di pausa poi rispose.
«Ma che cazzo Giulia, che cazzo! Lo sapevo che saremo arrivati a questo, glielo devi dire!»
«Amir io e te siamo mai stati insieme?»
«No cazzo, no! Basta devi chiarire questa situazione una volta per tutte.»
«Ciao Amir.»
«Ciao.»
Giulia riagganciò e guardò Diego che aveva seguito tutta la conversazione ma che non sembrava assolutamente convinto di quella versione.
«E' ovvio, cosa avrebbe dovuto dire?» Disse, scuotendo la testa.
«No Diego, è la verità. E' che sono successe delle cose che non sai e Amir mi ha aiutata.» Cercò di spiegare lei ma la situazione non sembrò migliorare.
«Quindi Amir poteva aiutarti e io no?»
«No Diego, è che...» Giulia si bloccò e non riuscì a proseguire nel racconto.
«Cosa? Dimmi cosa c'è tra te e Amir, dimmelo!» Alzò la voce fissandola.
«Diego...» Niente, non riusciva a parlarne e dopo dei secondi di attesa Diego scosse ancora la testa e la guardò male.
«E' come dico io, no? Non c'è bisogno di aggiungere altro, lascia stare. E io che credevo di aver trovato la donna della mia vita, facevo progetti, ti volevo con me ovunque e tu mi tradisci così, con uno dei miei migliori amici...»
«No!»
«E allora cosa? Cosa?» Domandò ancora alla ragazza che continuò a stare zitta.
«Quando torni te lo spiego, ora non voglio farti preoccupare, devi giocare.»
«Non vuoi farmi preoccupare? Ma lo capisci che mi hai già distrutto così?»
«Quando torni ne riparliamo e non chiedere niente ad Amir.»
Giulia era consapevole del fatto che Diego stava già male così ma sapeva che se gli avesse parlato di ciò che era successo più di un mese prima il ragazzo avrebbe dato di matto e avrebbe anche rinunciato ad andare a lavoro e non voleva che accadesse.
«Tranquilla non te lo tocco il tuo amichetto. Ciao.» Disse per poi prendere il borsone ed andarsene.

Una volta sceso si dovette fermare in auto qualche secondo per riprendersi. Non poteva credere al fatto che quella ragazza l'aveva di nuovo ferito così tanto. Era stato uno stupido a fidarsi ancora di lei, aveva sbagliato a crederle e ora poteva prendersela solo con se stesso. Quando arrivò a Castelvolturno Amir lo avvicinò ma lui non aveva nessuna intenzione di parlargli. Amir, se era possibile, era stato una delusione ancora più grande.
«Diego, Diego... senti, non ti posso dire nulla perché non sono affari miei ma ti giuro che non l'ho mai toccata Giulia, mai.» Gli sentì dire ma nemmeno si fermò e continuò a camminare fino ad arrivare alla sua stanza. «Mai Diego, mi hai sentito?» Ripeté e l'unica risposta del tedesco fu uno sguardo assassino, per poi tornare ad ignorarlo.
Diego si mise subito a letto e ignorò completamente Amir per tutto il resto della serata e del giorno successivo. Alle due arrivarono al campo e alle tre giocarono. Il tedesco fu titolare, erano già molte partite che era un perno del centrocampo e sfornava sempre prestazioni sontuose. Ma non quel giorno, quel giorno sembrava avere la testa altrove. Nel primo tempo lasciò passare un avversario senza interdirlo nemmeno minimamente e il tizio arrivò facilmente  a porta segnando. Nel secondo tempo fu protagonista di un fallo tremendo sulla caviglia di un avversario e si beccò il rosso diretto. Lasciò la squadra in dieci con ancora venti minuti da giocare sull'1-1 e fu una cosa che non riuscì a perdonarsi. Tornò negli spogliatoi e fece volare tutto ciò che gli capitò a tiro, poi si buttò sotto la doccia. Quando gli altri tornarono chiese scusa e tutti lo perdonarono anche perché alla fine erano riusciti a vincere. Qualcuno gli chiese se andasse tutto bene e lui annuì senza dare altre spiegazioni. Salutò e se ne andò alla sua auto. Pensò e ripensò a cosa fare. Non era pronto per tornare a casa da lei e sentirsi riempire di bugie e storie inventate solo per non ammettere il tradimento, così optò per non tornare a casa. Chiamò un hotel sul lungomare e prenotò una stanza. Andò lì, lasciò l'auto nel loro parcheggio e salì nella sua stanza spegnendo il cellulare e cercando di spegnere anche il cervello.
Ci provò per ore ma senza risultati. Continuava ad immaginarsi la scena di Giulia e Amir che si baciavano e si toccavano e non riusciva a rilassarsi. Come avevano potuto? Doveva essere stato un fidanzato e un amico terribile per meritarsi quel trattamento, pensò. Quel pensiero lo torturò per il resto della serata e non riuscì a liberarsene. Pianse, senza vergognarsi. Gli faceva troppo male pensare a ciò che gli avevano fatto.
Si addormentò stremato e con l'unico desiderio di sparire dalla faccia della terra.

La Ragazza del Treno || Diego DemmeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora