12.

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«Entriamo qui.» Giulia si fermò improvvisamente davanti ad una gelateria del centro e prese Diego per la mano giusto per un attimo. Fu proprio un secondo che però le fece una sensazione strana e tirò subito via la mano per non peggiorare la situazione. Il calciatore sembrò non accorgersene minimamente e sorrise entrando nel negozio. Presero i loro gelati ed uscirono continuando a camminare per le vie del centro distanti mezzo metro l'uno dall'altra. Era sera, era buio e faceva freddo, i due erano coperti da grossi giubbini imbottiti di piume d'oca e il gelato scontrandosi con la lingua la congelava quasi.
«Fa troppo freddo per il gelato.» Sentenziò il tedesco, facendo sbuffare la hostess.
«Sei tu che ne sei convinto, ma non è così.»
«Ah quindi ci sono venti gradi ed è maggio?» La prese in giro lui, assaggiando un altro pezzo del suo cono gelato.
«Non ho detto questo, ma semplicemente non devi pensare al freddo. Goditi il gelato e basta.»
«Va bene, ci provo.» Annuì e assaggiò ancora il suo gelato. «Posso provare il tuo?» Domandò alla ragazza che subito annuì avvicinandoglielo alla bocca. Ci fu uno scambio di sguardi veloce, poi Diego chiuse gli occhi e assaggiò il gelato di Giulia. «Buonissimo.» Mormorò dopo, leccandosi le labbra.
«Il mio sapore o quello del gelato?» Domandò la ragazza per poi fargli la linguaccia.
«Avrei tanto voluto sentire il tuo ma il pistacchio copre tutto il resto.»
«Vero, hai ragione.» Sorrisero e continuarono a camminare fino a che entrambi finirono i gelati e si ritrovarono a passeggiare e chiacchierare senza una meta né una motivazione precisa.
«Parlami un po' di te.» Giulia lo guardò con l'espressione seria di chi è davvero interessata a scoprire cose nuove su qualcun altro.
«Non sai già tutto?» La stuzzicò e lei sorrise scuotendo la testa.
«So le cose che sanno tutti, solo che io ho ascoltato molte tue interviste e so alcune cose in più, tutto qui.»
«Le mie interviste?»
«Sì, sia quelle di Lipsia che quelle qui a Napoli.» Spiegò la ragazza.
«E non c'è molto altro da aggiungere allora.»
«Invece sì, deve esserci. Io voglio sapere cose che non hai mai detto a nessuno.»
Diego si prese qualche secondo per riflettere su quella richiesta, non sapeva davvero da dove cominciare.
«Davvero, ho una vita molto semplice. Non ho grandi segreti, se non quello che condivido con te del treno.»
«Mhmh.» Giulia annuì ma non era soddisfatta della risposta del calciatore. Si avvicinò di qualche centimetro e lo guardò negli occhi. «C'è qualcosa che ti fa incazzare tantissimo?» Gli chiese e lui sorrise.
«Così mi fai incazzare?»
«Dai.» Lo spinse e lui tornò serio.
«La strafottenza. In qualsiasi campo, nelle relazioni, nel lavoro... non sopporto le persone che non si impegnano, che non hanno ideali, obiettivi. Questo mi fa incazzare e se mi incazzo divento un mostro.» Raccontò lui con una voce così profonda che alla ragazza tremò la spina dorsale. Non riuscì a rispondere per una decina di secondi poi annuì e gli diede ragione.
«Hai mai litigato con un tuo compagno di squadra?»
«A Lipsia sì. Lì ero il capitano e quando vedevo i ragazzini svogliati e solo in cerca di fama mi incazzavo tantissimo. Fare il calciatore non è solo guadagnare milioni e dare calci ad un pallone. Devi dare tutto per la squadra in cui giochi, sputare sangue se necessario. Io sono così e non sopporto chi è strafottente e menefreghista.»
La ragazza sapeva già tutte quelle cose, ma vedere Diego così appassionato, così leale, così sicuro le piaceva tantissimo. Avrebbe voluto avere metà della sua passione per qualcosa nella vita.
«Sapevo che eri un tipo passionale anche nel tuo lavoro ma sentirtene parlare è stupendo. Ci metti proprio il cuore.»
«Assolutamente sì. Dopo la mia famiglia il calcio è la cosa che amo di più nella vita anche perché non ho mai avuto una fidanzata stabile quindi il calcio è sempre stato il veicolo del mio amore.» Spiegò ancora lui ma la ragazza era rimasta ferma alla frase sulla fidanzata.
«Non hai mai avuto una fidanzata?» Lo guardò sorpresa ma anche curiosa.
«No. Ho frequentato ragazze per 6-7 mesi al massimo, poi non ho mai voluto continuare. Se una cosa non mi prende preferisco chiuderla.»
«Hai ragione. Quindi non sei mai stato innamorato?» Chiese ancora.
«Nein.» Rispose lui scuotendo la testa.
«Nemmeno io, però tu sei più grande di me e che cazzo.» Terminò la frase e scoppiarono a ridere entrambi.
«Hai ragione, tu hai tempo sei piccolina. Io per ora non ho ancora trovato quella giusta, magari presto succederà anche a me o l'ho già incontrata e nemmeno lo so, non sono poi così vecchio eh.»
«No certo che no. A me l'amore spaventa un po', devi fidarti ciecamente di quella persona per amarla, metti praticamente la tua vita nelle sue mani.»
«Vero. L'amore è prima di tutto fiducia, rispetto, lealtà. Non è solo dirsi ti amo ogni tre minuti o fare sesso presi dalla passione. Amare è tutt'altro. E' sacrificio, è sopportazione, è guerra e pace. E' tutto.»
Quella definizione piacque particolarmente alla ragazza che sorrise e annuì.
«Spero di poterlo provare un giorno.»
«Viviamo per questo.» Ribatté il tedesco, mentre i loro occhi erano ormai sempre più persi gli uni negli altri. Non riuscivano a staccarsi o forse non volevano. Avevano trovato una dimensione tutta loro, una bolla in cui si erano completamente isolati e stavano talmente bene da non volerla far esplodere.
«E a te, cosa ti fa incazzare?» Domandò lui, stavolta era il suo turno di conoscere meglio la sua interlocutrice.
«Le persone finte. Chi finge di essere ciò che non è.» Lo disse con un velo di tristezza negli occhi, come se si sentisse anche lei colpevole di quella cosa.
«Quindi la smetti di andare in chiesa?» Il tedesco lo capì subito e la incalzò.
«E' il mio unico modo di fuggire dal casino che ho in testa. O almeno...» Si fermò e deglutì rumorosamente. «Lo era prima di incontrare te qui.» Concluse e Diego sorrise.
«Mi fa piacere esserti utile. Ma poi perché la chiesa?»
«I miei sono molto religiosi e mi ci hanno sempre portato, sia qui che a Lipsia. E io ci andavo, ero la classica ragazza tutta casa e chiesa, un angioletto.»
«Tu un angioletto?» Per poco Diego non scoppiò a riderle in faccia, dovette trattenersi.
«In realtà era quello che davo a vedere ma sono sempre stata una ribelle, pensa che la mia prima volta è stata proprio in chiesa, nella stanza dietro il palco mentre il prete faceva messa.» Raccontò coprendosi poi la bocca con la mano per nascondere la risata.
«Ma che dici?» Anche Diego rise anche se trovò quella storia al quanto surreale. «Sei seria?» Domandò ancora.
«Sì, giuro. Avevo sedici anni e frequentavo questo ragazzo dell'oratorio già da due - tre mesi. Avemmo l'opportunità di stare da soli e ne approfittammo. Volete che frequenti la chiesa? E io lo faccio volentieri, ma a modo mio.» Raccontò ancora, sotto lo sguardo sempre più esterrefatto del calciatore.
«Non ci posso credere.»
«E' così. Poi dopo poco ho smesso di andarci, ero stanca di fare finta che mi interessasse. Dopo il diploma ho iniziato subito a lavorare sui treni e ho iniziato ad essere me stessa.»
«Non conoscevo la vecchia te ma sono sicuro che preferirei l'attuale. Essere se stessi ripaga sempre.»
«E' vero ma io ho fatto davvero tanti guai, ora mi sono calmata e devo continuare.»
«E ci riuscirai.» Lui allungò una mano afferrandone una della ragazza e gliela strinse.
«Lo spero.» Sospirò e guardò per un attimo nel nulla prima di alzarsi. «E' tardi, devo tornare a casa che domani lavoro.»
«Sì andiamo.»

Tornarono alle loro auto e si salutarono da lontano come sempre, per poi tornare ognuno alla propria abitazione.
Giulia si sentiva come svuotata dopo quell'incontro, non affrontava una conversazione così profonda da anni, anzi, forse non le era mai successo e si sentiva molto destabilizzata. Ogni giorno che passava con Diego lui le piaceva di più ma non voleva sbilanciarsi, voleva conoscerlo bene e lentamente, senza bruciare le tappe. Il tedesco dal canto suo avrebbe voluto baciarla lì per le strade del centro città e aveva avuto la tentazione e l'occasione un paio di volte ma sapeva che facendolo probabilmente avrebbe rovinato tutto visto che la ragazza non era pronta.
Quindi decise di aspettare e di pazientare ancora. Come al solito non aveva fretta e voleva rispettare la ragazza quindi non aveva problemi ad attendere ancora. La cosa che più gli importava era farla sentire a suo agio, poi il resto sarebbe sicuramente venuto da sé.

La Ragazza del Treno || Diego DemmeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora