Anche stasera la ragazza era a casa di Diego. Guardava verso la vetrata fissando il mare senza dire una parola. Le ginocchia strette al petto e lo sguardo vuoto. Era una settimana che andava avanti così e il calciatore pensò che fosse il momento di parlarne.
«Hai detto che ero l'unica persona con cui potevi essere te stessa e poi quando vieni qui guardi nel nulla e non dici una parola.» Esordì, sedendosi sul divano accanto a lei ma restando a debita distanza. La ragazza si girò verso di lui e inclinò leggermente la testa, come a concentrarsi bene sulle parole del tedesco.
«Non mi hai mai chiesto nulla.» Rispose lei, guardandolo negli occhi.
«Non sei qui per subire un interrogatorio, dovresti solo lasciarti un po' andare. Le domande e le risposte verranno da sole.»
«Non ci riesco.» Disse ancora la mora, schiarendosi la voce e fissandolo. Diego non sapeva come interpretare quel comportamento e aveva paura di dire qualcosa di sbagliato.
«Va bene, non c'è fretta. Puoi parlarmi di qualsiasi cosa... per esempio...» Si fermò e fece roteare gli occhi verso il soffitto e pensò a cosa chiederle. Doveva essere qualcosa di semplice e di non troppo intimo. «Raccontami la tua giornata tipo.» Chiese, soddisfatto di aver trovato quell'argomento su cui colloquiare.
Giulia lo guardò per qualche istante, poi rise leggermente.
«Se te lo dico mi prendi in giro.» Rispose e a Diego sembrò anche che s'imbarazzasse.
«Non ti prendo in giro, dai, racconta.» La spinse con un gomito e la ragazza annuì.
«Lavoro sei ore al giorno in turni di mattina, pomeriggio o sera. Quando sono a casa mi piace guardare film o serie tv. E poi...» Si fermò e guardò ancora il tedesco mordendosi le labbra indecisa se continuare o no.
«E poi?» Diego la incalzò e lei fece di sì con la testa.
«Frequento l'oratorio della chiesa del mio quartiere e la chiesa stessa.» Spiegò, lasciando il ragazzo senza parole.
«Ah.» Rimase spiazzato per qualche secondo ma poi continuò. «E che c'è di strano?» Le domandò, sempre più curioso di capirci qualcosa.
«Tu mi conosci, tu conosci la vera me.» Rispose Giulia, alludendo al loro passato insieme.
«Tutti possono cambiare, hai detto che quella Giulia è morta, ora sei diversa. Ci sta.»
«No.» La hostess quasi saltò in piedi e scosse la testa energicamente. «Questa di ora non sono io, mi costringo ad essere così.» Spiegò, ben sapendo di essersi messa in una situazione complicata. Ora doveva spiegare i motivi di quella sua decisione.
«Mh. Secondo me puoi essere entrambe le cose, non devi ammazzare una parte di te, possono tranquillamente convivere.» Il calciatore non voleva sembrare troppo ficcanaso quindi non chiese motivazioni o spiegazioni, disse semplicemente cosa ne pensava.
«Non sono una donna di chiesa e mai lo sarò. Ci vado per sentirmi bene con me stessa.»
«E ti senti bene con te stessa?»
«No.» Scosse la testa.
«Allora non fare cose che non ti piacciono, sii te stessa.»
«Ho fatto del male a troppe persone essendo me stessa e non voglio che ricapiti.» Aveva gli occhi spalancati e spaventati anzi terrorizzati.
«Sì ma Giulia...» Si fermò un attimo e si girò mettendosi proprio di fronte a lei. «Ora sei cresciuta non sei più quella di tre o quattro anni fa. Ora puoi essere migliore.»
«Ci sto provando ma non so se riesco.»
«Quanti anni hai ora?»
«Ventitré.» A quelle parole il ragazzo sbiancò.
«Avevi venti anni quando io e te...»
«Da compiere.» Rispose facendo gelare il sangue nelle vene al calciatore.
«Cristo.»
«Abbiamo sei anni di differenza Diego, ero maggiorenne tranquillo.»
«Si ma io avevo già venticinque anni e tu eri poco più che una bambina.» Si passò le mani tra i capelli completamente scandalizzato.
«Ti sembravo una bambina?» Giulia si sentì quasi offesa per quelle parole, ma non per il fatto che l'avesse chiamata 'bambina' ma per il fatto che si sentisse in colpa o responsabile di qualcosa quando di tutta quella storia Diego era la vittima.
«No, per niente.»
«E allora tranquillo, quello che ho fatto l'ho fatto perché lo volevo.»
«Hai ragione, sì. E ora non ti senti più matura di allora? Magari ora certe cose non le rifaresti...»
«Sì alcune cose non le rifarei ma altre le farei nello stesso identico modo. Non sono cambiata e mi faccio paura.»
«E credi che andare in chiesa ti aiuti?»
«No ma almeno mi tengo occupata con cose tranquille.» Sospirò e Diego annuì.
«Puoi venire qui invece che andare in chiesa se non ti piace.»
«Sì mi piazzo qui ogni giorno, come no.» Scosse la testa e abbozzò un sorriso.
«A me non dai fastidio, anzi. Se non sono in trasferta puoi venire anche tutti i giorni. Ci guardiamo qualche film, mangiamo... cose così.»
«Sicuro?»
«Sicuro.» Il tedesco le sorrise e lei annuì. La ragazza si sentì molto più rilassata dopo quella conversazione e quando Diego spense le luci mettendo un film che avevano scelto fu completamente serena. Dopo il film prepararono la cena e a tavola ricominciarono la conversazione.
«Perché me? Era studiato o solo un caso?» Domandò il riccio, piantando i suoi occhi verdi scuro in quelli neri della ragazza.
«Io non faccio nulla per caso. Ti studiavo da mesi.»
«Ah ottimo. Sei una stalker?»
«Sì ma buona, non avevo cattive intenzioni, volevo solo fare sesso con te.»
«E perché io?» Addentò la sua fetta di carne e attese la risposta.
«Perché eri il preferito di mio padre, ti adorava e ti adora ancora. Lo sentivo sempre che quando guardava le partite del Lipsia ti faceva i complimenti e una volta ti vidi giocare. Colpo di fulmine, dovevi essere mio.»
«Quando ti metti in testa una cosa poi la ottieni sempre?»
«Diciamo che non mi piace perdere.»
«Nemmeno a me. Ti ho deluso?»
«Assolutamente no, anzi. Sei andato oltre le mie aspettative e per me è stato un male.»
«Doveva essere una sola volta?»
«Sì doveva essere una sola volta.» Annuì sincera. «Ma mi eri piaciuto troppo e non ci sono riuscita. Male.»
«Perché male?»
«Perché non doveva andare così, i miei piani erano diversi.» Spiegò.
«I tuoi piani, capisco. Ora che piani hai?»
«Non ne ho, ho smesso di farne.» Disse ancora e Diego annuì.
«Basta domande sul passato per stasera. Cosa fai domani?»
«Non lo so ma ho voglia di gelato.»
«A dicembre?»
«E allora? Sei proprio tedesco... non seguire sempre le regole e gli schemi, guarda oltre.»
«Sono mezzo italiano.»
«Lo so ma ragioni da tedesco.»
«Domani gelato in centro?» Propose il ragazzo facendo ridere Giulia.
«E i paparazzi?»
«Ma per piacere quali paparazzi? Rispondi all'invito.»
«Va bene, ci sto.» Sorrise e annuì contenta. «Comunque Giulia Pianese. 67.» Disse e Diego capì subito a cosa si riferiva, finalmente aveva svelato l'arcano.
«Dopo quasi quattro anni ho saputo come ti chiami, incredibile.» Scosse la testa divertito e lei si alzò iniziando a sparecchiare.
«Mi sono fatta desiderare, hai ragione. Ora devo andare che domani ho il turno di mattina. Ti chiamo per organizzarci per il gelato, okay?»
«Va bene, a domani buonanotte.»
«Notte.» Disse mettendo il cappotto e mantenendo sempre le distanze. Diego avrebbe voluto almeno darle un abbraccio o due baci sulla guancia come si fa tra conoscenti o amici ma lei era evidentemente contraria. Faceva di tutto per mantenere le distanze e si capiva bene.
Diego non insisté, non aveva fretta né voleva forzarla. Già gli faceva molto piacere che si fosse sciolta un po', ora non poteva chiedere altro.
Il giorno dopo avrebbero mangiato il famoso gelato insieme e avrebbe visto cosa sarebbe successo. Niente aspettative niente delusioni, ormai l'aveva imparato.
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La Ragazza del Treno || Diego Demme
FanfictionSe ne vanno , poi tornano. Le persone se ne vanno e poi tornano, ma tu sei libero di scegliere se essere il treno o la stazione. FanFiction su Diego Demme pubblicata il 26/03/21•