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Era decisamente presto quando Everard si alzò dal letto, anche se non era riuscito a dormire

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Era decisamente presto quando Everard si alzò dal letto, anche se non era riuscito a dormire. Si sentiva tormentato da mille demoni che lo chiamavano a gran voce e che lo spinsero a scendere, quasi contro la sua volontà, verso le cucine. Non aveva mai visto il castello a quell'ora della mattina e si trovò a pensare che, in fondo, era piacevole passeggiare in una casa vuota e silenziosa. "Forse dovrei svegliarmi così presto ogni giorno!"

Quando entrò nella cucina, come prevedibile, non trovò nessuno e, non sapendo dove cercare l'interruttore, fu costretto ad andare a tentoni rovesciando a terra delle pentole e chissà cos'altro. Sta di fatto che fece un rumore terribile che spazzò via completamente la pace di quel posto. "Perché non ho portato il mio telefono?" si maledì quando i suoi piedi scalzi sbatterono contro un mobile. Dovette mordersi il labbro per non urlare.

A quel punto la luce si accese ed Everard poté notare la vastità della sua goffaggine. "Adesso mi tocca anche sistemare!" pensò sconfortato mentre una risata sonora usciva dalle labbra dell'uomo alle sue spalle. Everard scattò di lato sbattendo l'anca contro lo spigolo del mobile.

«Ca...» attaccò piegandosi in due.

«Il linguaggio» lo ammonì l'uomo raccogliendo da terra delle pentole.

«Lasci stare, signor Osborne» disse Everard piegandosi a raccogliere delle bacinelle. «Ho fatto un disastro!»

«Se posso permettermi, Vostra Maestà, la cantina è dall'altra parte» scherzò Alexander sorridendo. «Ma a quest'ora forse è meglio un bel bicchiere di latte caldo con il miele, aiuta a dormire.»

«Non sono venuto per l'alcol» borbottò Everard un po' offeso appoggiando le bacinelle sul bancone. «Ha davvero questa considerazione di me, signor Osborne?»

Alexander guardò il ragazzo ridendo. «Ho questa considerazione dell'uomo che siete diventato, non del ragazzino che eravate» lo corresse scompigliandogli i capelli e per qualche ragione quel gesto a Everard piacque. Quello era il contatto che gli era mancato per tutta la sua infanzia.

«Mi dispiace» disse Everard spostandosi di lato per lasciare passare Alexander, che raggiunse il frigo e lo spalancò prendendo una bottiglia di latte.

«Non dovete chiedere perdono a me, io sono solo il cuoco... nuziale» disse l'uomo mettendo a scaldare il latte in un pentolino. Everard non riuscì a contenersi e scoppiò a ridere. «Il matrimonio vi fa ridere?»

«Il matrimonio in genere no, la farsa del mio sì» mormorò sedendosi al piccolo tavolo situato in un angolo della cucina, ci stavano appena due persone.

«I giornali raccontano un'altra storia» osservò Alexander versando il latte in un bicchiere e mettendoci dentro del miele denso.

«Non dovrebbe credere a tutto quello che legge, signor Osborne» disse Everard ridendo.

«Mai fatto» ribatté l'uomo mescolando la sua preparazione per poi appoggiarla davanti al ragazzo.

«Avevo diciassette anni l'ultima volta che ho bevuto latte e miele» disse il principe sorridendo al ricordo. «Era una serata così, se non mi sbaglio. Io, lei e un bicchiere.»

«Poi sono andato via e siete passato agli alcolici» lo rimproverò Alexander. Per la prima volta, Everard, si sentì veramente umiliato per il suo comportamento.

«Mi dispiace, signor Osborne...» mormorò abbassando lo sguardo.

«Ancora?» chiese Alexander sedendosi davanti a lui. Era così massiccio che i suoi fianchi avanzavano dai lati del tavolo. «Devi chiedere scusa solo a te stesso. Ti sei perso, secondo me, molte cose. Ci sono persone là fuori che vorrebbero, o avrebbero il diritto, di vivere una vita e tu la sprechi così?»

Everard alzò lo sguardo puntando i suoi occhi in quelli marroni e molto piccoli dell'uomo. Per qualche assurda ragione sapeva che si stava riferendo a Mary. "Lei meriterebbe di vivere più di me!"

«Tuo padre?» chiese Alexander indicandosi il labbro. «Vedo che è ancora molto emotivo il nostro amato re.»

«Lei come...?» domandò Everard sfiorandosi il labbro ferito, le lacrime gli riempirono gli occhi. Quindi qualcuno a palazzo si era accorto di come si comportava il re con lui? Improvvisamente cominciò a sentirsi meno solo.

«Lavoravo qui da prima che nasceste tutti voi. Ho visto crescere la principessa Audry e ho preparato la torta a tutti i suoi sfarzosi compleanni!» rispose Alexander. «Certi atteggiamenti impari a riconoscerli, mi dispiace solo di avere le mani legate. Però posso prepararti il latte ogni volta che apparirai nella mia cucina» aggiunse abbandonando completamente la forma di cortesia. In fondo, prima della sua partenza, il compito principale di Alexander non era quello di cuoco, lui risanava i piccoli cuori tumefatti dei disperati bambini di corte, curando orrori inimmaginabili con buon cibo e dolci parole. Mai Everard avrebbe detto che una tazza di latte avrebbe potuto farlo sentire meglio di un fondo di bottiglia, eppure, sedendosi di nuovo, dopo anni, a quel tavolo, si accorse che era così. Si ritrovò infatti a sorridere scolandosi il bicchiere di latte: ora ricordava perfettamente perché amava scendere lì sotto da piccolo.

«Se posso farle una domanda, perché è qui così presto?» chiese il principe adagiando il bicchiere.

«La principessa Adelaide mi ha chiesto di preparare dei campioni di torta da farvi assaggiare oggi pomeriggio. Sono torte complicate quelle che ha scelto, hanno bisogno di tempo e tu di sonno quindi...» Alexander si alzò in piedi. «Tornate a dormire, Sire.»

«Non sono ancora re» osservò Everard alzandosi per raggiungere la porta. Proprio non gli andava l'idea di passare il pomeriggio ad assaggiare torte per un matrimonio a cui nemmeno voleva partecipare. "Adelaide mi ha informato di questo?" proprio non riusciva a ricordarlo.

«Principe Everard» lo chiamò Alexander un attimo prima che prendesse la porta. Il principe si girò a guardarlo sorpreso. «Grazie.»

«Di cosa?» domandò confuso.

«Per aver tentato di salvare Mary» disse Alexander con voce mozzata dal dolore. Everard sbiancò e dovette leccarsi le labbra improvvisamente secche. «So che non era realmente mia figlia su quel patibolo, ma il modo in cui siete intervenuto... grazie, nessuno ha mai fatto nulla di simile per la mia famiglia... e mi riferisco anche ai soldi e alle certificazioni. Mia nipote avrà un buon lavoro e un matrimonio fantastico, con ogni probabilità, grazie a voi.»

«Era il minimo...» sussurrò Everard a disagio.

«Mary avrebbe apprezzato sicuramente» aggiunse Alexander prendendo un profondo respiro. Eppure quella semplice frase scaldò il cuore di Everard in un modo che non credeva possibile. E tutte le parole che voleva dire, i sensi di colpa che lo tormentavano da giorni, scomparvero. Mary avrebbe apprezzato i suoi sforzi e questo pensiero a lui bastava.

«Chiamami solo Everard» disse il principe prima di uscire per lasciarlo al suo lavoro. E mentre percorreva i corridoi che portavano alla sua camera si sentì improvvisamente libero.

SALEM Noi e LoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora