Posso trovare me stessa?
Non sono amabile, sono di pietra. Le ossa come rocce, la carne da macello troppo chiara per questo sole che torna alla sua stagione.
Come posso anche solo pensare di vivere in questo baratro?
Sono roccia in un burrone. Cado, e finalmente tocco il fondo. Mi spezzo, resto immobile. La mia carne è graffiata, i miei occhi ciechi,
le mie mani ruvide,
il sangue cola ovunque.
Posso piangere? Lasciatemi piangere.
Mi resta solo questo: la coscienza di poter ancora sentire qualcosa.
Le mie scelte mi hanno buttata a picco dalla montagna, ho sbattuto la testa contro le Tue rocce, ho pianto il mio stesso sangue. Ho giurato di non amarti più, di non soffrire per quello che pian piano è andato via da dentro di me.
Ti ho mai davvero amato?
Credo di sì. Non ti penserei come una delle persone importanti.
Sei stato il pilastro, l'unico essere capace di farmi sperare in una famiglia. Sei stato la mia rovina, la cosa che più mi ha urtato i nervi; sei stato quello che mi avrebbe sposata, se solo non ti avessi detto di no.
Perché un matrimonio? Perché l'amore è così complicato?
Sei stato il mio nemico.
O meglio, il nemico della me numero due. Lei ti odia, ti vorrebbe morto. Ti ha guardato spesso, pensato di saltarti addosso e divorarti per tutto il male che avresti potuto farmi. E invece no.
Hai visto il mio fantasma, una notte. Mi hai vista folle, in preda alle convulsioni. Mi hai vista piangere perché volevo essere me, e tu non potevi fare nulla.
Come potevi amarmi?
Come potevo amarti?
Ho voluto bene alle persone peggiori, ma tu...Sei stato il migliore tra loro. E ti odio per questo. Ti odio per la tua devozione, per quello che mi hai dato, per la pace che ho provato.
E un po' ti odio anche per le ultime parole, per quella notte senza parole. Non parli mai, tu. E così andato tutto a puttane. Perché non parli, perché non capisci.
Sola no, non sono capace; ma con te è peggio.
Con te avevo trovato l'Inferno. Ora, in questa stanza vuota, trovo solo un limbo pieno di pensieri, domande, paure. Ho paura di aver paura. Ho paura di me.
Ho il terrore di voler morire di nuovo per colma mia. Dare la colpa a te è stato facile, ma non ci sei più. Mi viene da ridere, eppure sto piangendo. Non vedo nemmeno quello che scrivo.
Sei il demone che mi ha salvata. Sei l'unico ricordo che posso odiare, anche se nel profondo ancora mi chiedo se ti ho amato. L'ho fatto? Ti sembrava vero?
Perché non lo credo possibile. Non ha senso. Non si può. Non posso.
Buttarmi sotto quel treno, quel dannato giorno, avrebbe avuto più senso. E allora perché mi hai salvata? Perché mi hai detto che potevo vivere ancora?
Non illudermi più. Non dirmi che posso essere me, perché qui dentro c'è la follia che mi permette di metterti nella lista delle persone peggiori; qui dentro c'è Lei, quella cosa che mi impedisce di dormire, quella cosa che mi blocca il respiro.
E sta tornando. Sento la sua voce nella testa. Vedo nero. Ed è colpa tua.
No.
Anzi, è colpa mia. Non posso più dire che sia stato tu. In fondo ora non ci sei. Sono sola, e vorrei tanto morire.
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Diario affilato
RandomI miei pensieri, le mie paure; qui dimorano i lati della mia profondità e tutto quello che nessuno vede quando mi fissa dritto negli occhi. Il velo opaco si sposta, io mi presento: sono duplice, sono folle, malata, appassionata, distrutta. E meglio...