Un fischio.
Che fine ho fatto, io? Mi vedo allo specchio, ne ho impressa l'immagine. Sono oscena. Ho pianto e il mascara si è rovinato. Soldi buttati.
Non mi hanno rispettata. Sono malata, ma a nessuno importa.
Cosa mi spinge a scrivere? Forse il dolore. Questa cazzo di piaga che mi stringe lo stomaco, che mi blocca il respiro. Mi sento fuori dal mio corpo, anche se non sarà mai così. Lo vorrei tanto. Vorrei vedermi da lontano, osservare ogni movenza goffa, ogni sorriso fatto male.
Vorrei desiderare la morte di quella che vedo, di quella ragazzina che pensa di essere al centro del mondo. Vorrei poterla salvare dalla vita che l'aspetta, dirle che la morte non è nulla che nessuno possa temere. La morte che accompagna, quel click di un secondo, quella visione assurda che ti chiude gli occhi per sempre.
Io li odio, i miei occhi. Se li chiudessi davvero per l'eternità sarebbe solo una buona mossa.
Un altro fischio.
Sento continuamente quella voce nella testa. Non è altrove, è solo lì. E mi dice che non valgo nulla, mi fa pensare che in fondo non c'è nulla che io possa fare, qui. E forse è vero.
Dopotutto, a cosa servo?
Scrivo romanzi - e forse anche mediocri; piango per ogni cosa; amo immensamente, poi mi pento di tutto quello che sento e divento ghiaccio. Vivo reclusa, ho paura delle persone, ho paura del buio, dei ragni, dei palloncini che scoppiano.
Non ho mai potuto godere di un temporale, magari seduta in veranda. Ho il terrore dei tuoni, e i lampi mi ricordano sogni terribili della mia infanzia. Li ricordo ancora, quegli incubi. E sono la mia unica ancora, l'unica cosa a cui posso aggrapparmi e sperare di cadere.
Questa mente contorta ha bisogno di dormire, ma invece di seguire i bisogni del corpo che odio me ne sto qui a torturarmi le mani - le dita sulla tastiera, tanto simili alle saette che temo. Gli occhi umidi, come sempre. Ormai ci galleggio in quello che sento. Ho perso la rotta, poi la barca.
Un ultimo fischio. Che sia il richiamo ultimo per tornare da dove sono venuta?
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Diario affilato
RandomI miei pensieri, le mie paure; qui dimorano i lati della mia profondità e tutto quello che nessuno vede quando mi fissa dritto negli occhi. Il velo opaco si sposta, io mi presento: sono duplice, sono folle, malata, appassionata, distrutta. E meglio...