Sapere chi si è.
Perché ricercare questo tipo di indipendenza?
Perché gestire ogni parte del proprio essere?
Pare che basti dare una voce a un corpo,
un sorriso a un volto,
un suono a delle parole,
per avere un'identità.
Eppure fa solo male sperare nell'apparenza.
Il mondo è capovolto, è uno specchio infame.
Se ti manca una voce, non hai una lingua per esprimerti;
se non hai un sorriso, sei il nulla.
Me lo hanno detto spesso, che sono il nulla.
Ma di solito le altre persone dicono cose del genere solo con gli occhi – spesso con i miei stessi occhi, con quel taglio netto, l'iride di quel marrone scuro e luminoso – gli occhi di un padre, di un familiare.
E forse preferisco così. Preferisco quelle occhiate, quelle risate sommesse e le parole sbagliate a un ostinato silenzio.
Il silenzio mi dà alla testa.
Non voglio il nulla, nelle mie orecchie.
Non voglio il nulla, nei miei occhi.
Questa cosa deve finire.
Ho pensato spesso di voler morire, quando non sapevo ancora quale tipo di nulla mi facesse stare male.
Ora penso solo che vorrei vivere, e che non posso accettare il silenzio e tutto quello che ne segue.
Ho bisogno di urlare, anche per le cose stupide.
Ho bisogno di urlare che non sono solo corpo, ma anche voce, sorriso, parole.
Penso di meritare la mia umanità.
Sto sudando per essere più che un pezzo di carne su questa terra che si sgretola
Forse, un giorno, potrò urlare davvero quello che penso, ma non oggi; oggi solo occhiate, un "ciao" di sfuggita, e tante lacrime tenute dentro da mesi – forse per paura, forse perché so di aver ragione a non voler più morire.
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Diario affilato
RandomI miei pensieri, le mie paure; qui dimorano i lati della mia profondità e tutto quello che nessuno vede quando mi fissa dritto negli occhi. Il velo opaco si sposta, io mi presento: sono duplice, sono folle, malata, appassionata, distrutta. E meglio...