capitolo ventiquattro

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mi risvegliai di colpo,
con il fiatone e la schiena sudata.

le lenzuola erano umide, la stanza era illumnata dalla fioca luce del sole che proveniva dalla finestra dell'appartamento.

piano piano sentii il corvino accanto a me domandarmi che stesse succedendo, ma in quel momento non ero non grado di formulare alcuna frase.

mi sentivo bloccata, quasi come se fosse una paralisi.

i miei occhi gridavano il panico.

il corvino prese color paura, mi prese per il braccio e cercò di comunicare, ma nulla.
non riuscivo minimamente a fare un passo.

era quella che chiamavano paralisi.

mi prese successivamente per le spalle, era a petto nudo, pallido, ma in viso ancor di più per colpa mia.

vederlo in quello stato non faceva che peggiorate la situazione, non sopportavo vederlo così.

<<(t/n), (t/n), (t/n). ascolta allora aspetta calmati, io sono qui, sono lawliet, guardami! ehi! ehi! resta con me! non preccuparti di me io sono qua solo per te, ti prego.>>

aveva negli occhi la pura paura.

non potevo biasimarlo.

ero incapace di fare nulla, mi prese per le spalle e mi fece sedere tra le sue grandi msgre gambe, mi prese con un caloroso abbraccio e per un secondo mi sentii al sicuro.

<<ehi, ehi, guarda, hai le mie braccia, appoggiati. non mollare, appoggiati qui, stringimi, cerca di muoverti>>

<<i-io->> non riuscivo a concludere la frase.

non riuscivo a dire niente, era come un infarto, ma molto più lento.

la stanza era fredda, priva d'animo esclusi i nostri animi che esclamavano dolore.

il corvino si sentiva bloccato interiormente, non poteva chiedere aiuto a nessuno visto che la nostra relazione era segreta e si creerebbero problemi.

decise di preoccuparsi lui.

è possibile che lawliet sia la mia felicità ma allo stesso tempo il mio più grande dolore?
per tutti questi anni, l'ho cercato e ricercato, ma è tornato lui.

ho la terribile paura che se ne vada di nuovo.

era quella che chiamavano sindrome della paura dell'abbandono.

io ne ero affetta.

<<non te ne andare>>

riuscii a dire solo questo tra i miei singhiozzi e lacrime che scendevano sul mio viso privo di espressione, i miei occhi sono solo spalancati e i muscoli impassibili.

<<no, no (t/n) non me ne andrò mai. lo prometto e lo prometterò per sempre>>

riuscii a muovere le mie mani, gli strinsi il braccio.

lui mi strinse ancora più forte.

<<non sarò io ad andarmene, non volevo neanche farlo, sono stato costretto. io non ti lascerò di nuovo (t/n)>>

a sentire quelle parole quasi mi liberai un peso.

sapevo che a quei tempi lawliet se n'era andato solo per questioni di lavoro, ma a sentirlo rassicurarmi mi ha liberato da delle catene.

non sapevo se quelle effettive catene fossero della mia paura che mi abbandonasse, o per il fatto che avevo un presentimento.

quel sogno non era casuale, non sogno cose del genere appunto da quando il corvino è venuto in giappone.

le campane.. fanno davvero un baccano assordante// lawliet x readerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora