Tensione

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Mi sbagliai parlando con Hannah. Non era vero che non sarebbe cambiato nulla, perché da quel momento, per quelle parole, tutto si stravolse.

La mattina successiva al discorso con Hannah, mi sentivo felice, senza nessuna ragione particolare. Scesi e feci colazione con lei e Thomas, e avrei giurato di vedere per la prima volta del tenero tra di loro.
Quel giorno avevamo una giornata "total-Levi": allenamenti dalla mattina alla sera seguiti da lui. Non ero particolarmente preoccupata di ciò, ma cominciai ad esserlo quando notai diversi sguardi da parte sua. Pensai fosse solo un caso, o che semplicemente lo stessi guardando un po' troppo quel giorno. In ogni caso, riuscii a fatica a finire l'allenamento nel bosco a causa di quella distrazione.

Una volta terminato, tornai con Hannah al campo, e cenammo. Anche lei aveva notato gli sguardi di Levi durante il giorno, e aveva cominciato a dirmi qualcosa al riguardo... ma subito dopo arrivò Thomas e la persi totalmente. Decisi di lasciarli soli, così andai direttamente nella mia camera, mi tolsi l'uniforme e mi misi la solita maglietta larga per dormire.
Subito dopo, qualcuno bussò alla porta. Era sicuramente Hannah che si era dimenticata qualcosa, quindi risposi subito <Avanti!>.

Non riuscii a non rimanere a bocca aperta quando vidi che la persona che stava entrando nella mia camera non era Hannah, bensì Levi.
<Io e te dobbiamo parlare, stupida mocciosa> mi disse subito, senza nemmeno salutare.
<Certo Capitano, c'è qualcosa che posso fare per lei?> gli chiesi, un po' rossa in volto a causa del mio abbigliamento poco consono.
<Volevo solo sapere una cosa...>
<... ti piace come ti guardano i ragazzi qui al campo?>

Esitai a rispondere, perché qualsiasi cosa mi sarei aspettata, tranne una domanda del genere.
<No direi di no Capitano... mi fanno sentire inutile, come se di me importasse solo l'aspetto e non la mia abilità> risposi. Non era necessario approfondire la risposta, ma in quel momento sentii proprio il bisogno di aprirmi con lui.
<Bene, era proprio come pensavo...>
<Allora come mai, dimmi mocciosa, rivolgi quegli stessi sguardi a me, che non solo non sono richiesti, ma sono anche inappropriati, visto che sono un tuo superiore?> mi chiese, alzando il tono di voce.

In quel momento mi crollò il mondo addosso, non sapevo come rispondere o come comportarmi. Onestamente nemmeno ci credetti all'inizio.
Tentai di divincolarmi da quella situazione usando una scusa.
<Capitano, con tutto il rispetto, non capisco di cosa stia parlando> gli dissi.
<Ah si? Credi quindi sia io lo stupido, e io abbia frainteso? Che uno come me non riesca a capire di piacere a una stupida ragazzina come te?!> urlò. Cominciai ad avere paura.
<Io... Capitano... non volevo dire questo...>
<Allora dimmi, tu mi vuoi?>
Non sapevo cosa rispondergli, perché forse non sapevo nemmeno io la risposta a quella domanda. Rimasi in piedi ansimante, ma rimasi in silenzio.

<Ti ho fatto una domanda stupida recluta, sono un tuo superiore, devi rispondermi, è un ordine!>
Volevo scoppiare in lacrime, ma ero troppo orgogliosa per farlo, allora urlai anch'io.
<E va bene! Sì, e quindi?>
<Tsk. Ottimo...>, tornò calmo tutto su un colpo, <...allora ora me ne vado, devo andare a fare rapporto al responsabile del tuo addestramento>

Se fino a quel momento ero scioccata, da quel momento rimasi totalmente sconvolta. Con quelle poche parole, pronunciate dalla bocca di quello che evidentemente era solo un ipocrita, mi cadde nuovamente il mondo addosso. Tutte le speranze per il mio futuro, i miei sogni, le mie ambizioni erano andate in fumo per una semplice cotta rivolta alla persona sbagliata. A quel pensiero montò in me una rabbia disarmante, e non riuscii più a controllarmi.
<E allora perché non fa rapporto anche per tutte le altre? Visto che dice di essere così intelligente, sicuramente si sarà accorto di quel branco di oche che le sbavano dietro dal primo giorno in cui ha messo piede qui!>
<Stupida mocciosa, la differenza tra te e le altre è che... le altre non mi danno fastidio come te! Tu sei sempre in mezzo!>
<Va bene allora, faccia pure rapporto, non mi opporrò, ma lei resta un enorme ipocrita> mi arresi.

A quel punto lui si girò e fece per andarsene, ma esitò una volta arrivato sull'uscio. Improvvisamente, senza darmi il tempo di reagire, con la stessa velocità che usava nell'attacco ai giganti, mi prese i polsi e mi sbattè contro il muro.
In quei pochi secondi ebbi davvero paura. Cosa voleva fare? Picchiarmi? Non gli bastava fare rapporto e rovinarmi la vita?
Eravamo così vicini che i nostri nasi si potevano quasi sfiorare, ma lui rimase lì immobile, a guardarmi negli occhi.

Quella fu la prima volta che vidi il vero colore dei suoi occhi. Nonostante si fossero incupiti negli anni da tutto l'odio e la morte che avevano visto, rimanevano di un blu intenso, non come quello del cielo, più scuro. Era esattamente il colore che mi ero sempre immaginata avessero quelle enormi distese di acqua che dicevano esserci all'esterno, avevano il colore del mare. Avevano il colore della libertà, quella che avevo sempre cercato per tutta la vita.

Io sotto la sua presa ansimavo, un po' per la paura, un po' per quell'impercettibile tensione prodotta dai nostri corpi così vicini. Ci guardammo negli occhi solo per pochi secondi, ma sembrarono anni. Avrei giurato di averci visto la guerra dentro. Una guerra contro se stesso.

All'improvviso, mi baciò.
Rimasi immobile per un secondo, non ci credevo. Subito dopo mi liberò dalla sua presa, così gli misi le braccia attorno al collo e cominciai a baciarlo anch'io, con tanta passione quanta ne stava mettendo lui. Non saprei spiegare la sensazione che provai in quel momento. Fu come un'esplosione, un tuono, un terremoto, mille cose insieme. Quello che c'era tra di noi era fuoco puro, come se ci stessimo sciogliendo uno sull'altro. Non avevo mai provato nulla di simile. Lui non riusciva a fare a meno di baciarmi, e io non riuscivo a fare a meno di baciare lui.
Eppure, dopo una trentina di secondi, si staccò di colpo. Guardò in basso, quasi ringhiando. Tirò un pugno al muro affianco a me, facendomi sussultare.
<Maledizione!> urlò prima di andarsene di corsa.
<Levi!>
Tentai di chiamarlo, ma era troppo tardi. Era già sparito.

Ombre - Levi AckermanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora