Ferita

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Pugno destro sopra il cuore, pugno sinistro dietro la schiena. Fu così che giurammo fedeltà al corpo di ricerca e al suo comandante, Erwin Smith. In quell'esatto momento, mi sentii viva. Ero pronta: pronta ad affrontare pericoli, pronta a salvare l'umanità, pronta a dare la mia vita. Sapevo che in un modo o nell'altro avrei rivisto Levi, ma non sapevo né quando né in che occasione. In ogni caso, il tempo di preoccuparsi di ciò non ci fu.

Il giorno dopo al giuramento, ci guidarono finalmente al quartier generale. Qui ci diedero qualche indicazione, le nostre nuove divise, e ci divisero nelle varie stanze. Dormitorio femminile e maschile si trovavano nelle due ali opposte del palazzo. Fui molto contenta perché capitai nella stanza accanto a quella di Hannah.

La prima volta che entrai in camera, decisi di mettermi subito la divisa. Mi misi davanti allo specchio, e pian piano la indossai. Mancava solo il mantello verde. Lo presi e me lo misi attorno alle spalle, mi girai e guardai da sopra la spalla il riflesso delle due ali incrociate che erano stampate sul mantello. Ebbi un brivido. Finalmente, il mio sogno era divenuto realtà. Una lacrima mi scese sul volto, pensando a tutte le difficoltà che avevo dovuto affrontare per riuscire ad arrivare fino a lì. Quel momento diede un senso a tutti i giorni bui che avevo dovuto affrontare. Mi sentii realizzata.

Vista la situazione, per le nuove reclute di quell'anno non ci fu tempo per festeggiamenti o brindisi. Già dal secondo giorno, ricevemmo l'ordine di andare a dare una ripulita a uno dei distretti in cui i giganti avevano fatto irruzione.
Partimmo all'alba, ognuno sul suo destriero. Tutte le risa, tutti i sorrisi che ci avevano accompagnato fino a quel momento, come un gruppo unito, quella mattina sparirono. C'era chi era più preoccupato e chi meno, ma era evidente che in ognuno di noi la paura di morire si era fatta spazio.

Dopo un paio d'ore raggiungemmo il Wall Rose, e grazie agli elevatori, lo superammo con i cavalli. Il paesaggio che ci si presentò davanti fu orribile. I giganti erano molti di più di quelli che chiunque si aspettasse, e ci notarono da subito, sin dai primi passi fatti nel distretto. Scappare fu inutile.

Dopo qualche centinaio di metri, ebbi un incontro ravvicinato con uno di loro. Il mio primo gigante.
Nonostante tutta la mia determinazione, quando il mio sguardo incrociò quei due enormi occhi, mi paralizzai. Ci provai, ma non riuscii a muovermi.
<ZIVA! MUOVITI! Cosa stai facendo?> sentii un mio compagno urlarmi alle spalle. Quelle parole mi scossero da quella specie di stato di trans in cui mi trovavo, e nonostante fosse passato del tempo prezioso e ormai mi trovavo in una posizione svantaggiosa, andai all'attacco. Il gigante mi aveva quasi afferrato, ma riuscii ad aggrappare il mio rampino al suo gomito, schizzando in avanti e scappando dalla sua mortale presa. Senza esitare, puntai successivamente alla nuca. Con tutta la forza che avevo, puntai le lame in profondità e gliela recisi di netto. In meno di un secondo, cadde a terra, cominciando ad evaporare.

Mi ci volle un minuto per realizzare ciò che ero riuscita a fare, e quando me ne accorsi una scarica di adrenalina mi attraversò la spina dorsale. Senza indugiare ulteriormente, mi diressi verso il secondo gigante, uccidendolo.
Poi il terzo, il quarto, il quinto, il sesto, uccidendoli tutti e salvando anche la vita a un paio di miei compagni, che ora mi guardavano con uno sguardo grato e pieno di ammirazione.

Ormai ero parecchio lontana da chiunque altro, ma nonostante ciò riuscii a vedere una scena che mi avrebbe cambiato per sempre.
Un gigante aveva preso Thomas, tenendolo stretto nella sua mano. Mi lanciai subito nella sua direzione, ma ormai era tardi e qualcun altro stava già andando a soccorrerlo. Hannah.
Lei ci provò, con tutte le sue forze, ma presa in ostaggio dalle emozioni, commise un errore e cadde anche lei nella presa del gigante. Ormai li avevo quasi raggiunti, ma il gigante stava già inserendo entrambi nelle sue fauci. Non ebbi il tempo di pensare. Aggrappai il rampino al braccio destro del gigante, e gli tagliai tutte le dita di una mano. La mano nella quale teneva Hannah. Cominciò a cadere, ma la presi prima che toccasse terra.
Per Thomas fu però troppo tardi. Il gigante gli staccò un braccio, e le sue urla riempirono l'aria intorno a noi. Poco dopo non si sentì più nulla. Lo aveva inghiottito.

Ormai a corto di gas, decisi di portare Hannah il più in fretta possibile lontano da quel luogo. Nonostante stessi usando il movimento tridimensionale, riuscii a guardarla in volto. Aveva la bocca aperta, e gli occhi fuori dalle orbite. Tenendola in braccio, riuscii a sentire il suo corpo, diventato come il ghiaccio. Aveva perso qualsiasi traccia di calore corporeo, ed era tutta rigida.
Fortunatamente, vidi nel cielo un fumogeno giallo: potevamo ritirarci. In qualche minuto, raggiungemmo le mura, salendoci sopra. Posai Hannah a terra, senza sapere cosa dirle. Tuttavia, inaspettatamente, dopo qualche minuto cominciò lei a parlare.
<T-tu... t-tu... sei stata tu...> bisbigliò.
<Hannah, cosa stai dicendo? Ti senti bene?> le dissi scuotendola leggermente per le spalle.
<È tutta colpa tua> bisbigliò.
Tutto d'un tratto, mi prese per il colletto della camicia, attaccandomi.
<Come hai potuto portare via me e non lui? Credi forse di avermi salvata? Credi forse che quello che farò da ora in poi sarà degno di chiamarsi vivere? Io lo amavo>

Non seppi cosa rispondere. Potevo percepire il suo dolore dal suo respiro, dal suo viso, dal suo tocco. Emanava dolore e morte da tutti i pori. Non ebbi il cuore di dirle che lo avevo fatto per lei, e anche per me stessa, perché non avrei saputo affrontare le conseguenze della sua morte. Rimasi in silenzio.
<Ci hai uccisi entrambi> disse allentando la presa su di me. Se ne andò.

Vederla così mi spezzò il cuore in milioni e milioni di pezzi. Solo in quel momento, più di un anno dopo il nostro primo incontro, capii finalmente le parole di Levi.
La realtà era questa, la realtà era morte, e nessuno poteva fuggire da ciò. Innamorarsi voleva dire soffrire, soffrire così tanto da preferire a ciò qualsiasi dolore fisico. Innamorarsi voleva dire perdere una parte di sé, senza la quale non si sarebbe più riusciti a vivere. Innamorarsi voleva dire tentare di lasciarsi alle spalle qualcosa che non poteva essere lasciato lì, provocandoti una forte nausea ad ogni minimo pensiero. Innamorarsi voleva dire addormentarsi tutte le notti con le urla del tuo amato morente nelle orecchie. Innamorarsi voleva dire non riuscire a placare quelle urla nemmeno con il sonno, perché sarebbe stato infestato da incubi fino alla fine dei tuoi giorni. Innamorarsi era morte.
Capii perché quei baci furono un errore, capii perché non si poteva permettere di innamorarsi, capii perché a persone come noi non era permesso. Capii di sbagliarmi, perché stare lontani, nascondere i propri sentimenti, chiudersi in se stessi, non avrebbe mai fatto tanto male quanto perdere una parte di sé, perdere la persona amata. Lui aveva già visto tutto ciò, tutto quello che avevo visto negli occhi di Hannah poco tempo prima. Per questo aveva scelto di scappare. L'avevo sempre incolpato di fuggire, senza capire che voleva solo salvarsi.
Realizzai dunque che quello che c'era stato tra di noi doveva rimanere solo un ricordo lontano. Volevo salvarmi anch'io.

Tornarono al quartier generale solo la metà delle reclute che erano partite. Durante il viaggio, alcuni piangevano per i compagni caduti, mentre altri non riuscivano nemmeno a parlare per via degli eventi a cui avevano assistito.

Non riuscii a cenare quella sera, per cui decisi, come molti, di ritirarmi in camera appena arrivata. Avrei avuto voglia di piangere, piangere fino a svenire. Eppure, le lacrime non riuscivano ad uscire. Il dolore rimase tutto chiuso dentro di me.
Fu la notte più lunga della mia vita. A causa dei muri fini che separavano le stanze, sentii Hannah piangere tutta la notte. O, per meglio dire, la sentii urlare tutta la notte, perché quei versi che emetteva non erano gemiti, erano vere e proprie urla di agonia. Realizzai che, piuttosto che trovarmi lì, sarebbe stato meglio morire.

Ombre - Levi AckermanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora