Rottura

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Il mattino successivo, come era già da aspettarsi, fummo costretti a tornare al quartier generale. Non fu facile dire addio al palazzo reale e all'illusione di vita tranquilla che esso rappresentava, ma dovemmo farlo.
Appena arrivati, ci informarono subito che Erwin desiderava vederci nel suo ufficio quel pomeriggio. Essendo ancora mattina presto, io e Levi decidemmo di fare un piccolo "trasloco" e portare ufficialmente le mie cose nella sua stanza, anche se in parte già si trovavano lì.

<Vedi di tenere in ordine la tua roba, oppure ti spezzo le gambe> mi disse molto gentilmente portando dentro l'ultima cosa, ovvero un piccolo scatolone.
<Ti sono mai sembrata sporca o disordinata fino ad ora scusa?> gli dissi un po' irritata.
<Tsk. Una volta ti ho visto mangiare sul letto. Da allora, non ti vedo più allo stesso modo> ribatté lui.
Senza pensarci due volte, presi il mio cuscino e glielo sbattei dritto in faccia. Lui rimase immobile, leggermente scandalizzato, mentre io scoppiai a ridere.
Come al solito, mi lanciò uno sguardo truce che mi trapassò da parte a parte.
<È solo il primo giorno, ti conviene stare buona...> cominciò con tono gelido.
Visto che non era ancora ora di pranzo ed avevamo già finito con le sistemazioni, decisi di stuzzicarlo un po'.
<Fammi stare buona tu allora> gli dissi con un sorriso un po' malizioso in volto.
A quelle parole, lui si avvicinò a passi lenti verso di me, mentre io ero seduta sul letto.
Appena si trovò davanti a me, mi guardò negli occhi per un secondo poi, senza darmi il tempo di emettere un fiato, mi mise una mano attorno al collo, stringendo leggermente.
<E va bene, se è quello che vuoi> rispose con voce roca, abbassandosi verso di me.
Mi strattonò, facendomi finire di colpo sul letto. In meno di un secondo me lo trovai addosso, che mi teneva bloccata per i polsi e non più per la gola.

Gli tenevo testa su tutto, ma non in quel contesto. Era sempre stato inutile opporsi, a letto il dominio era tutto suo, e ad entrambi piaceva così. Anzi, quando mi trattava in quel modo mi sembrava letteralmente di impazzire.
Mi morsi il labbro eccitata, continuando a fissarlo negli occhi.
Alzai piano la testa per baciarlo, ma lui restò immobile. Solo dopo qualche secondo prese a torturarmi il collo. Sentivo i suoi baci caldi sulla mia pelle prendere il sopravvento su di me, facendomi perdere il controllo.

Scese sempre più giù, fino ad arrivare all'inizio della mia scollatura. Come era ovvio, mi lasciò andare i polsi per togliermi la maglietta e il reggiseno, tuttavia, appena finito, li riprese nella sua stretta. Quel giorno aveva deciso di non lasciarmi nemmeno un briciolo di libertà.
Ormai a petto scoperto, cominciò a baciarmi i seni con avarizia, lasciando ancora una volta le mie labbra asciutte.
<Che fai, non mi baci stronzo?> gli chiesi.
<Niente baci per te oggi, non te li sei meritati> rispose alzando la testa per guardarmi negli occhi.
Un bacio umido dietro l'altro, arrivò fino all'elastico delle mie mutandine. Con un colpo secco e deciso, mi tolse sia i pantaloncini che l'intimo, lasciandomi completamente nuda e soggiogata dal suo controllo.
Senza nemmeno darmi il tempo di respirare, aprì di scatto le mie gambe, in mezzo alle quali andò a posizionare la sua testa corvina, cominciando a fare ciò che gli riusciva meglio.
Presa dal piacere che solo lui sapeva offrirmi, cominciai a muovere involontariamente le gambe, le quali però rimasero sempre bloccate nella sua presa mortale.
Dopo alcuni minuti, stanco di dover faticare per tenermi ferma, alzò il capo verso di me, guardandomi negli occhi.
<Stai ferma o sono costretto a scoparti subito> mi disse severo, subito prima di tornare nella posizione da cui era arrivato.
A causa però dei movimenti precisi e costanti della sua lingua, fui costretta a disubbidire.

Poi, fece esattamente quello che mi aveva promesso: si staccò da me e, come niente fosse, si spogliò con calma davanti a me. Una volta terminato il lavoro, si chinò su di me, tappandomi la bocca con una mano.
<Ora ti conviene stare zitta, altrimenti ci sentirà l'intero quartier generale>
Soggiogata nuovamente da quell'eccitante potere che aveva nei miei confronti, lo guardai dritto negli occhi, annuendo leggermente con la testa.
<Bene> fu l'unica cosa che disse prima di inserirsi in me con tutta la sua lunghezza.

Ombre - Levi AckermanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora