Spasso

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La mattina successiva a quella folle sera, ancora sconvolta da ciò che era accaduto e terrorizzata dal fatto che, nonostante quel bacio, avesse lo stesso fatto rapporto, scesi a fare colazione.
Appena entrata, vidi subito Hannah che mi faceva segno di raggiungerla al tavolo con Thomas. Una volta che mi sedetti accanto a lei, cominciò a parlare.
<Hai sentito di ieri sera? Ne parlano tutti> mi chiese.
<Sentito? Sentito cosa?>
<Bé, sembrerebbe proprio che il Capitano Levi sia stato visto uscire dai dormitori correndo ieri sera>
Non dissi niente. Non mi sembrava il caso di raccontare dell'accaduto, nemmeno ad Hannah. Poiché rimasi in silenzio, lei continuò il suo discorso.
<Io credo proprio che fosse andato a spassarsela con una di quelle sfigate che gli muoiono dietro... i ragazzi sono tutti così>
<Cooosa?! Tu credi davvero che io farei una cosa del genere?> le rispose subito Thomas, seduto davanti a lei, sentendosi preso in causa e arrossendo. A quel punto anche Hannah diventò rossa come un pomodoro.
<Io... non volevo dire questo. Tu sei, come posso dire, diverso...> si scusò. A quel punto entrambi fissarono i loro piatti, imbarazzati.

In quel momento li invidiai davvero molto. Nonostante non stessero insieme perché nessuno dei due si decideva a confessare i propri sentimenti, erano davvero carini. Erano due complici. E invece io? Cosa avevo ottenuto? Premettendo che non avrei mai voluto un ragazzo per non distrarmi dai miei obiettivi, ero comunque molto confusa riguardo a tutto quello che era successo. Inoltre pensai anche che stessi sbagliando. Non ci avevo mai riflettuto, ma aveva davvero senso rimanere chiusa nel mio guscio? Specialmente contando il fatto che il mio sogno, per cui stavo sacrificando tutto, compreso l'amore, probabilmente mi avrebbe uccisa. Aveva dunque davvero senso morire, senza aver mai provato dei sentimenti per qualcuno? Forse la libertà non era tutto ciò che importava nella vita. O forse, innamorarsi di qualcuno, era una forma di libertà, ma ero troppo idiota per capirlo.

Dopo questi pensieri, mi tornarono però in mente le parole di Hannah, sul fatto che se la stesse spassando con qualcuna.
<E se volesse solo approfittarsi di me?> fu la domanda che mi invase la mente. Probabilmente le sue minacce, il suo modo di comportarsi... erano solo un modo per farsi desiderare, per farmi cadere in una trappola. E io ci ero cascata, con entrambi i piedi.
In quel momento mi sentii così stupida da volere sbattere la testa contro il muro fino a svenire. Come avevo potuto pensare, anche solo per un minuto, che ad un soldato del suo livello potesse interessare una cadetta come me? Ma dove avevo lasciato il cervello?
Decisi in ogni caso di smetterla di autocommiserarmi, era inutile piangere sul latte versato, oppure, come avrebbe detto Levi, era inutile pentirsi di una scelta sbagliata. Io ero un soldato, nel bene o nel male. Per quanto però tentassi di provare solo indifferenza per lui, mi risultò comunque molto difficile non sviluppare della rabbia nei suoi confronti per essersi approfittato di me.

Quel giorno, all'addestramento, Levi non mi degnò nemmeno di uno sguardo, ancora meno del solito, per quanto non credevo fosse possibile. Le uniche parole che mi rivolse furono: <Cadetta, se in battaglia userai il movimento tridimensionale in questo modo, allora congratulazioni, hai un posto in prima fila per diventare mangime per giganti>.

Quel giorno, dopo cena, ero davvero molto stressata. Pensai di buttarmi subito sul letto, ma sapevo non avrei mai dormito se non fossi stata completamente sfinita. Così decisi di andare ad allenarmi con il sacco da boxe in giardino. Il paesaggio che mi si parò davanti era davvero stupendo. L'albero a cui era appeso il sacco era illuminato dalla fioca luce lunare. Il cielo era sgombro e pieno di stelle. Quella sera non faceva troppo freddo, infatti per allenarmi mi ero messa dei pantaloncini e una maglietta corta. La sensazione della leggera brezza che invadeva l'aria sulla mia pelle scoperta era davvero piacevole.

Dopo qualche minuto, decisi dunque di cominciare. Più il tempo passava, più forte colpivo il sacco. Un pugno, un calcio, di nuovo un pugno. Ormai non era più solo un sacco, era diventato la metafora di tutte quelle persone che non avevano mai creduto in me, mi avevano sottovalutata, mi avevano usata. Quindi sì, era diventato anche Levi.

<Che ti ha fatto di male quel sacco mocciosa?> disse una voce alle mie spalle. Ovviamente, non mi servii girarmi per capire chi fosse. Quel tono, così spavaldo e arrogante, poteva appartenere solo a una persona.
<Niente, almeno lui> risposi, facendogli intuire l'astio che provavo nei suoi confronti.
<Senti mocciosa, è inutile che fai tanto la vittima>, disse, <non so cosa mi sia preso ieri sera, in ogni caso spero tu non ti sia fatta illusioni, di te non mi importa un fico secco>
<Non si preoccupi Capitano, lo avevo intuito. Per lei usare le persone solo come oggetti per arrivare a un fine deve essere pane quotidiano> risposi freddamente.
<Tsk. Stupida mocciosa, di me non sai un bel niente, quindi fatti gli affari tuoi, capito?> disse avvicinandosi pericolosamente.
A quel punto feci anch'io un passo avanti, avvicinandomi ancora di più a lui.
<Ah e quindi lei non sarebbe una persona del genere? Me lo dimostri> dissi, mettendolo alle strette.
<Ora non posso dimostrartelo> si divincolò.
<Bene, allora può anche andarsene e lasciarmi allenare, se non le dispiace>
<Aspetta>, cominciò, <facciamo un patto>
Lo guardai perplessa, ma lui sembrava davvero molto serio, quindi lo lasciai continuare.
<Ora io e te facciamo un combattimento corpo a corpo: se vinco io, sarai costretta a fidarti di me, se vinci tu, potrai pensare quello che ti pare, anche che io sia il demonio in persona>

Non mi sembrava una proposta molto conveniente, ma l'idea di picchiarlo era troppo allettante per rifiutare.
<Va bene>, dissi, <si faccia avanti>
Lo guardai con aria di sfida. Ero pronta ad attaccare, ma decisi di aspettare una sua mossa.
Dopo un paio di secondi, si fece avanti.
Puntò subito alle mie gambe, tirandomi un calcio nella speranza di farmi cadere. Avevo intuito la sua mossa, quindi lo schivai e gli tirai un pugno. In pieno volto.
Sorpresa di essere riuscita a colpirlo al primo colpo, e un po' intimorita dalla sua reazione, mi fermai per un secondo. Lui si portò una mano al naso. Perdeva sangue.
<Questa me la paghi> lo sentii bisbigliare, furioso.
Venne verso di me con una velocità tale che sembrò volare. Provai a schivarlo, ma era troppo tardi. Mi tirò una gomitata sulla spalla, facendomi ruotare su me stessa. Il dolore fu lancinante.
Non feci in tempo a rigirarmi che mi aveva già preso il braccio, portandomelo dietro la schiena. A quel punto, come fossi leggera come una piuma, tenendomi ancora il braccio dietro la schiena, mi sbatté contro l'albero del sacco. Feci a mala pena in tempo a girare leggermente la testa per non sbattere contro la corteccia con la faccia. A quel punto, tenendomi bloccata, si avvicinò fino ad attaccare il suo corpo al mio.
<Qualcosa mi dice che ho vinto io, e dovrai fidarti di me> mi sussurrò all'orecchio.
<Va bene, ha vinto, ora mi lasci andare Levi>
Lui obbedì.
<Evita di ronzarmi intorno mocciosa, solo perché ti ho dedicato cinque minuti del mio tempo stasera> aggiunse prima di andarsene.

Dolorante dopo la lotta, decisi di tornare al dormitorio.
Mi ero appena avviata, quando vidi il riflesso di qualcosa dietro a un albero. Incuriosita, andai a vedere.
Non so perché, ma non fui molto sorpresa di scoprire che quel riflesso era causato dagli occhiali di Hanji, nascosta dietro il tronco. Dal primo momento in cui l'avevo vista, mi era sembrata una persona molto "particolare".
<Caposquadra Hanji, cosa sta facendo?> chiesi un po' confusa.
<Oh... ah... cadetta Tanaka, giusto? Bé io veramente... stavo solo spiando il Capitano Levi> rispose molto tranquillamente, come fosse una cosa come un'altra.
<Lo stava spiando?! Scusi se glielo chiedo ma, come mai?>
<Bé in questi giorni lo vedevo un po' strano, un po' turbato. Quindi, visto che quando siamo fuori dalla mura la mia vita dipende anche da lui e la sua concentrazione, volevo capire cosa gli passasse per la testa. In ogni caso credo di averlo capito, quindi ciaooo!>
Finita la frase, se ne andò via correndo, sempre con quel suo fare strano.
Decisi di non pormi altre domande, ormai ero rassegnata all'idea di riuscire a passare una sera normale.

Ombre - Levi AckermanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora