Amore

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Saldo ed estremamente complesso.
Così divenne il nostro legame, rafforzandosi giorno dopo giorno.
Da un "io e te" divenimmo un "noi", senza nemmeno ce ne accorgessimo. Cominciammo a custodire la nostra relazione con tanta cura come avremmo fatto per un segreto. Ed effettivamente, così poteva sembrare: un segreto.
Baci, abbracci, parole dolci: nessuno vide mai ciò, nonostante tutti sapessero di noi. Agli occhi di tutti, infatti, rimanemmo un ferreo Capitano e un combattivo Caporale.
Tuttavia, sotto le armature, c'era un mondo. Un mondo di piccoli gesti, che solo le persone più vicine a noi, come Hanji e Hannah, riuscivano a scorgere.
Piccoli gesti come una parola all'orecchio, sussurrata durante la cena. Piccoli gesti come uno sguardo d'intesa, scambiato mentre lui impartiva ordini. Piccoli gesti come una mano posata sulla mia schiena, mentre camminavamo lungo il corridoio.
Tutte queste piccole azioni ci facevano sentire più uniti di quanto lo avrebbero fatto un milione di dichiarazioni d'amore. Inoltre, tutto ciò andava a creare un crescendo di tensione durante la giornata che solo la notte poteva placare. Infatti tutte le sere, dopo cena, uno dei due sgattaiolava nella camera dell'altro, per annullare quella voglia di stringersi che ci aveva dominato per tutto il giorno. Eravamo come due calamite.
Questo però, succedeva solo quando non eravamo arrabbiati. È facile immaginare infatti quanto spesso ci scontrassimo. Eravamo due teste calde, entrambe estremamente orgogliose, a tal punto da detestarci dopo un semplice scambio di idee. Ma ciò non importava, perché, per un motivo o per l'altro, alla fine cedevamo sempre, tornando a farci divorare vivi dai nostri sentimenti.
Per quanto riguardava il sesso, quello era stato messo in pausa. Nonostante l'attrazione che provavo nei suoi confronti mi facesse incendiare ad ogni suo tocco sul mio corpo, decisi di aspettare. Quella volta, avrei voluto fosse diverso, e speciale. Qualche volta cedemmo, lasciandoci andare a qualche preliminare, ma niente di più. D'altronde, ogni volta che ci eravamo lasciati dominare dai nostri istinti prima di allora, qualcosa di molto brutto era accaduto subito dopo. Quella volta non sarebbe dovuto succedere.

Durante una calda giornata, ci trovavamo sopra le mura del Rose. Nell'aria c'era una brezza che solleticava la pelle, quasi ad avvisarci che qualcosa sarebbe cambiato per sempre. E così accadde.
Successe tutto rapidamente. Un minuto prima, Eren stava parlando con due suoi vecchi compagni, uno biondo dai duri lineamenti e uno molto alto con dai corti capelli neri. Un minuto dopo, di fronte a noi si trovavano tre giganti: Eren, il corazzato, il colossale.
Poco dopo, Eren venne sconfitto, venendo portato via dal corazzato.
Io, in quell'istante, mi trovavo esattamente accanto a Mikasa. La ragazza, senza esitare, si lanciò sul corazzato insieme ad alcuni suoi compagni, per provare a salvare il ragazzo dagli occhi verdi. Io, mi girai verso Levi, che mi stava correndo incontro, anche se era ancora molto lontano. Come al solito, aveva capito le mie intenzioni con un solo sguardo.
<Non puoi farlo, morirai! Sei impazzita?> lo sentii urlare nonostante tutto il baccano che ci circondava.
Invece, lo avrei fatto. Li avrei seguiti. Non avrei mai lasciato soli dei miei sottoposti alle prese con il corazzato.
<Mi dispiace> gli dissi prima di usare il movimento tridimensionale per raggiungerli. A quella distanza, non avrebbe mai e poi mai potuto sentirmi, tuttavia, doveva essere riuscito a leggere le mie labbra, perché il suo sguardo si incupì.

Nonostante gli sforzi fatti, il corazzato aveva l'armatura troppo spessa perché potesse essere lacerata, quindi Eren rimase esattamente lì dov'era. Erwin, però, facendosi inseguire, aveva portato decine di giganti verso il corazzato, che venne subito attaccato da essi. Così, in poco tempo, riuscimmo finalmente a liberare Eren.

Una volta tornati al sicuro, lontani dallo scontro, rividi quei cupi occhi blu che mi fissavano. Corsi verso di lui per abbracciarlo, come per fargli capire che fosse andato tutto bene. Tuttavia, mi fermò.
<Un conto è lottare e rischiare la propria vita per quello in cui credi, un altro è tentare di buttarla via per il primo motivo che ti si para davanti. Sapevi quanta paura avevo di perderti, eppure hai deciso di lanciarti in quella missione suicida con quei quattro ragazzini. Se non fosse stato per Erwin, sareste tutti morti. Mi hai deluso, più di chiunque altro avesse fatto in tutta la mia vita>
Questo fu quello che mi disse, prima di girarsi e andarsene. Il suo sguardo gelido e il suo tono amaro, mi ferirono come un coltello nel petto. Quella volta, non fu come tutte le altre litigate, infatti non era nemmeno arrabbiato. Era ferito, ferito nel profondo. E a ferirlo, ero stata io. Quella volta, avevo davvero esagerato.

Ombre - Levi AckermanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora