CAPITOLO 7

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Non ho sognato niente di speciale, solo io tra cinque anni. Naturalmente, nulla di interessante, la mia vita non sarà mai interessante. Purtroppo, resterà tutto così monotono. Ho dei parenti, ma, guarda un po' la sfiga, abitano fuori città, nella mia vecchia città. Ho degli zii ed i rispettivi cugini, Heather, Josey, Owen ed Elijah. Lo so, sono tanti cugini, ma due sono adottati. I miei zii sono persone gentilissime e genitori perfetti, la solita famiglia americana: disponibile e di alta società.
Sento la sveglia che sormonta la cassa acustica del mio orecchio, lo sento a pezzi. Mi sveglio molto stanca mentalmente, con occhiaie spaventose. Sembrano quasi, quasi gli occhi di Scream. Mi spavento persino io, guardandomi allo specchio. Lavo i denti con la bocca ancora aperta dalla fatica. Per fortuna riesco a vestirmi in modo decente: jeans chiari, maglietta maniche lunghe rossa, con una felpa nera con la scritta "CALIFORNIA BEACHES". Mi raccolgo i capelli sopra la testa con un elastico, cammino quasi strisciando fuori dalla camera. Non riesco a fare il mio solito saltino dalle scale, sono troppo fiacca. Mia madre, naturalmente attiva da ore, puntualizza i miei gesti: <<Alla buon'ora>>
<<Ho sentito la seconda sveglia>>
<<Non sto dicendo questo. Dico: "alla buon'ora" non salti più dagli scalini>>
<<Ah>> non sapevo cosa dire, non avevo neanche la forza.
Riesco a mettermi in macchina senza le forze armate, poggio la testa sul sedile, addormentandomi. Mi sveglia la portiera che mia madre ha sbattuto di proposito. Esco di fretta, prima di crollare sulla macchina. Non riesco a prendere le scale, sono troppe, allora, devio per lo scivolo per disabili. Entro a scuola con Britt che mi tartassava le orecchie di informazioni: <<Sai, ieri Jennifer, che ha dormito da me e bla bla bla>>
Non capivo niente, ma poi vedo Jennifer che mi saluta, ricambio. Grazie a Dio mi riesco ad attivare con un bicchiere d'acqua e le urla della professoressa Lopez. Le sue grida sono state la prova del nove, adesso sta bene.
Cerco di coprirmi le orecchie con le mani, facendo finta di appoggiarmi per ascoltare meglio. Mi sono accorta che mi stava guardando, mi sa che ha capito: <<Signorina Williams, fammi una frase con qualcosa che fai ogni giorno. Naturalmente in spagnolo>> ma va. No, ora te la faccio in inglese.
<<Todos los días me levanta y desayuna, luego voy a la escuela>>
<<Bene Williams>> mi sorride, nonostante avesse rimproverato i miei compagni impreparati fino a quel momento. Accenno un leggero sorriso di gratitudine.
Si volta verso il mio compagno di banco, Edwyn Matthews, che non ho mai calcolato. Ora che ci penso, il suo nome, è molto raro, mai sentito. Lo guardo per la prima volta negli occhi, mi sa che cercava la risposta nel mio sguardo, mi guardava fisso.
<<Allora, signor Matthews?>>
<<Mi nombre es... Edwyn, tengo quince... años y vivo en esta ciudad... desde que nací>> disse con tanta insicurezza. La Lopez girò i tacchi, tornando verso la cattedra. Edwyn fa un respiro di sollievo. L'ha scampata. Siamo stati gli unici due a rispondere in tutta la lezione. Suona la campana della prossima ora, ma sapevo già, grazie a Jennifer, che il professor Harris, inglese, era assente. Ora buca. Non potevo sprecare l'occasione: <<Ciao, mi chiamo Naya>>
<<Piacere, Edwyn. Non ti ho mai visto, sei nuova?>>
<<Sì, sono arrivata quest'anno>>
<<È stato complicato entrare a terzo anno?>>
<<Non tanto. Ero abbastanza avanti nel programma>>
<<Fortunata, io non riesco a capire lo spagnolo, non lo studio da un po'>>
<<Tranquillo, se en hai bisogno, ti posso aiutare>>
<<Sì, grazie>>
<<Ho sentito da quello che hai detto, che hai quindici anni, hai fatto la primina?>>
<<Già, una vera tortura. Tutti i bulli mi prendono di mira>>
Stavo per rispondere, ma Baldric Wiedemann ci spinge entrambi in una sola mossa verso gli armadietti. Io non mi sono fatta niente, ma lui aveva una ferita sul braccio. Non tanto profonda, ma l'ho accompagnato lo stesso in infermeria, anche solo per un cerotto o una fasciatura.
<<Niente di grave o profondo, tutto bene>> ci comunicò l'infermiera.
Edwyn mi disse preoccupato e frettoloso: <<Oh, io devo andare di fretta alla lezione di inglese. Il professor Harris mi ammazza>>
<<Non ti preoccupare, oggi manca>>
<<Wow, mi sento più libero>> respira profondamente.
<<Io, invece, devo andare. Devo aiutare la signorina Collins>>
<<Va bene, ciao>>
Cammino verso lo studio di Jennifer: <<Ehi, come va?>>
<<Tutto bene, te?>> risponde.
<<Anche io, signorina Collins>>
<<Ormai sei mia collega ed amica, chiamami Jennifer>>
<<Certo, Jennifer>> dico accentuando il nome.
<<Naya, oggi aspettiamo un solo ragazzo: Edwyn Matthews, di terza>> mi porge un bicchiere d'acqua.
<<Ah, ci siamo salutati qualche attimo fa>> comincio a bere.
<<Oh, lo conosci. Carino?>>
<<Come, scusa?>> mi stavo quasi affogando.
<<Ha dei bellissimi occhi verdi, non li hai notati?>>
<<Sì, cioè...>>
<<Ahhhhh, quindi è carino. Wooow!>> disse felice battendo le mani eccitata.
<<Non ci scaldiamo, è solo accettabile>> cerco di depistare.
<<No, no, no, cara. Io, Jennifer Collins, capisco tutto>>
<<Beh, devo ammetterlo>>
<<Cosa? Che ho ragione o che ti piace?>>
<<Entrambe, ma...>> non mi lascia finire-
<<Wooooooooooow, primo amoreeee>> quasi urlando.
Arrossisco.
<<Scusa, ti sto facendo da mamma, come se non l'avessi già>>
<<No, ma a me fa piacere>>
Bussano alla porta: Edwyn. Jennifer tossisce sorridendo, guardandomi. Mi alzo e lo faccio sedere, lui stupito: <<Che ci fai qui?>>
Interviene Jennifer: <<È la mia fidatissima aiuto-consulente, è l'unica in cui mi possa avere fiducia. È molto responsabile, per fortuna si è iscritta per questo extra>> comincia ad esagerare.
<<Wow, non credevo>>
<<Bene, cominciamo>> intervengo, prima che si imbarazzi il momento.

*Spazio scrittrice*
Grazie ragazzi per tutto il supporto. Vi adoro
-Caracol

CHIAMAMI PURE MAMMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora