CAPITOLO 18

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Stavo per aprire gli occhi, ma non ci riuscivo. Sentivo come una forza che me li teneva chiusi. Sentivo soltanto delle grida di una voce familiare: <<Un dottore, si è svegliata, presto!>>
<<Siamo qui. Perfetto, il battito è regolare. Lei è la madre?>>
<<No, ma, dica pure>>
<<È stata molto fortunata, ha avuto un leggero trauma cranico, ma ce l’ha fatta. Saltando fuori dalla macchina ha evitato traumi in tutto il corpo, avrebbe potuto perdere le gambe. Ancora qualche giorno di permanenza in ospedale, e poi potrà essere licenziata>>
<<Perfetto, le posso parlare?>>
<<Certo, ma non l’affatichi>>
<<Sì – si gira verso di me con occhi malinconici e con le lacrime agli occhi, sembrava un fiume in piena – Naya, mi senti?>>
<<S…Sì, ma par…la piano>>
<<Certo. Come ti senti?>>
<<Abbastan…za bene, devo so…lo riprender…mi>>
<<Può entrare Britt?>>
<<Ovvio>>
Entra Britt con un fazzoletto in mano, piangeva a dirotto, come se piovesse.
<<Naya, te l’avranno già fatta milioni di volte, ma come stai?>>
<<Bene, ma ora ve la posso fare io una domanda?>>
<<Già fatta>> scherza Jenn. Britt le dà un leggero colpo sulla spalla sinistra, ritornano serie.
<<Ne posso fare altre due, allora?>> sto al gioco di Jenn.
<<Ora solo una>> regge il suo piano.
<<Cosa mi è successo?>>
Si guardano tra loro, iniziando la frase con “ehm”: <<Non ti ricordi proprio?>>
<<No>>
<<Allora – tossisce – mentre stavate tornando da New York…>>
La interrompo: <<Chi?>>
<<Cosa?>>
<<Chi tornava con me?>>
<<I tuoi genitori>>
<<A proposito, dove sono?>>
<<Ecco, loro, sono…>>
<<Sono?>>
Si vedeva lontano un miglio che prendevano tempo.
<<Se ne sono andati>>
<<Dove? Dove sono andati?>>
<<In… cielo, ecco>>
<<Sono… morti?>>

CHIAMAMI PURE MAMMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora