CAPITOLO 14

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<<In sospeso?>>
<<Non ricordi?>>
<<Cosa?>>
<<Ti dice qualcosa “i fogli medici”?>>
<<Ah, sì>>
<<Non mi hai più detto niente. Non volevo invadere la tua privacy, ma sto morendo di curiosità dentro>>
<<Sì, hai ragione. Come faccio a spiegartelo brevemente?>>
<<Cominciando>> suggerii.
<<Allora, quando avevo diciotto anni sono rimasta incinta di Mark, stavamo insieme dal liceo. Siamo rimasti insieme per questo. Abbiamo deciso di dare il figlio in adozione. Me lo ricordo ancora quando è nato: pochi capelli, rossi, come me, occhi azzurri come il padre. Non sapevo chi se lo fosse adottato, non mi importava, prima. Circa un mese fa, un bambino di dodici anni è entrato in coma a causa di un incidente, e, mentre era in ospedale, gli ho strappato qualche capello, per vedere se fosse mio figlio. Dopo due giorni, è morto, ho fatto fare le analisi: era mio figlio>>
<<Non…>> mi fa “stop” con la mano, non continuo.
<<Hollis Lopez, si chiamava così>>
<<Ma…>>
<<Sì, era figlio adottivo della professoressa Lopez, per questo si è presa un giorno di malattia>>
<<Ora si spiegano tante cose>>
<<Già, ma non ne parliamo, per favore>>
<<Certo, mai più>> mi alzo e la consolo con un abbraccio caldo. Nel frattempo, arriva Valerie.
<<Ehi, Naya, che ci fai qui?>>
<<Aiuto-consulente>> alzo le mani come se fossi colpevole.
<<Ah, che coincidenza>>
<<Già>>
Comincia a spiegare dei suoi problemi con i compagni e con i bulli, la capivo benissimo.
Uscite di lì mi hanno accompagnato a casa con la macchina Britt e Jenn. Le saluto calorosamente, aggiungendo: <<A domani>>
<<A domani>> rispondono insieme.
Entro in casa con facilità, la porta era aperta. Salgo in camera, non incontrando i miei. Arrivata li vedo davanti la porta della mia stanza, la aprono: pareti bianche, specchio bordi rossi, scaffali vedi chiaro, scrivania azzurra, quadri con nostre foto, c’erano anche foto con Jenn e Britt.
<<Ma… mamma, avete fatto tutto in due ore?>>
<<Sì, è stato un po’ faticoso, ma faremo di tutto per te>>
Ci abbracciamo stretti, stretti. Che genitori meravigliosi.
Dopo dei leggeri festeggiamenti, studio qualche materia per il giorno dopo, ceno in venti minuti, e vado a letto. Mi addormento in poco tempo con la musica a volume basso. Durante la notte ho sentito mia madre che saliva e mi metteva il cellulare sotto carica e spegneva la musica. Ora posso dormire tranquilla. Sento la sua voce: <<Buonanotte, amore>>.

CHIAMAMI PURE MAMMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora