CAPITOLO 17

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Abbiamo passato dei fantastici giorni a New York, quasi i più belli della mia vita. Abbiamo visitato tutto quello che c’era nella lista, ho spuntato tutto. Domani bisogna partire alle sette del mattino per essere a casa alle nove. Vorrei avvisare Jenn, ma non voglio rovinare questa “sorpresa”, soltanto che deve saperlo, perché è la mia migliore amica. Prendo di corsa il telefono per l’esaltazione di dirglielo: squilla. Squilla. Chiamata aperta: <<Ehi, Jenn>>
<<Ehi, Sis, cosa si dice da New York>>
<<Niente di interessante, solo che ritornerò domani. Sarà un viaggio lungo quattordici ore, torneremo per le nove>>
<<Ma non dovevi restare di più?>>
<<Sì, ma una certa Jennifer Collins, mia carissima amica e sorella, compie gli anni prima del mio ritorno, allora, ho anticipato la partenza>>
<<Veramente state tornando per me?>>
<<Sì, Soul Sister, ed ho anche un bellissimo regalo>>
<<Da NY?>>
<<Non posso avere amiche cretine? Mi chiedo>>
Sento le sue risate al telefono.
<<Jenn, ti devo salutare, devo andare a dormire>>
<<Io vado a mangiare>>
<<A domani>>
<<A domani, non ci credo che lo possa dire>>
<<Neanche io>>
Chiudiamo. Domani mi aspetta una grande giornata, rincontrerò Jenn. Seno impaziente come se la vedessi per la prima volta. Buonanotte, ma con il sorriso di Jenn.

Mi alzo senza sveglia, non l'ho neanche attivata la sera prima. Già da ieri sapevo che mi sarei svegliata comunque. I miei non dormono, stavano caricando le valigie nel bagagliaio ormai stracolmo. Facciamo una veloce colazione, e si parte. Ci siamo messi in macchina il più velocemente possibile, almeno, io l'ho fatto. Non ho pazienza in queste cose.
Mio padre parte subito, io mi addormento alla prima curva.

Al mio risveglio eravamo in un Autogrill disperso nel nulla. Vedo mio padre tornare con un caffè in mano, deve assolutamente rimanere sveglio. Il sole era coperto da nuvoloni neri, piani d'acqua, quindi era passato tempo. Guardo l'ora: sei ed un quarto. Ho dormito per undici ore? Non le ho neanche sentite. Vedo dalla tendina del cellulare, che Jenn ha chiamato due volte: chiamate senza risposta.
<<Ma avete sentito il telefono squillare?>>
<<No>>
Riguardo il volume: al minimo. Ecco. La richiamo, mi risponde al primo squillo.
<<Ehi, scusa Jenn. Era tutto al minimo, e stavo dormendo>>
<<Tranquilla, soltanto che mi stavo preoccupando>>
<<Stiamo bene>> taglio il discorso, ho ancora sonno.
<<Ti sei divertita in questi giorni nella città più bella e più grande che vedrai mai?>> ho capito che lei non voleva chiudere il discorso.
<<Ovviamente - mi esalto subito - è stato il miglior viaggio che abbia mai fatto>> vedo dallo specchietto mia madre, sorride.
<<Prima o poi, dobbiamo tornarci insieme>>
<<Promesso>>
Sento lei che dice qualcosa a Britt, e riecheggia al telefono la sua voce allegra: <<Naya torna tra qualche ora?>>
<<Esatto>>
<<Non ci posso credere>>
Cerco di intervenire tra i festeggiamenti vocali: <<Jenn, ma non glielo hai detto?>>
<<Ha dovuto lavorare sino ad adesso, non volevo disturbarla>>
<<Va bene>>
<<Dove siete ora?>>
Chiedo a mio padre: <<Papà, dove siamo adesso?>>
Dice delle cose incomprensibili, allora, gli passo il telefono con Jenn, lei capisce, perché l'ho sentita dire: <<Ho capito>>
Poco dopo vedo mio padre che mi lancia il cellulare, aveva cominciato a piovere fortissimo.
<<Papà, attento!>>

CHIAMAMI PURE MAMMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora