CAPITOLO 20

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Oggi è il giorno: la lettura del testamento. Mi vesto di fretta e saltiamo in macchina con Jenn alla guida. La lettura è a casa mia. Saluto i miei zii, che mi fanno le condoglianze, anche i miei cugini. Inizia tutto in fretta. Un signore, mai visto prima, comincia a leggere: <<Leggiamo il testamento di Courtney Brown e Cristopher Williams. Dicono esplicitamente, in entrambi i fogli, le seguenti frasi: “Noi, Courtney e Cristopher lasciamo tutte le nostre proprietà ed eredità, la casa intestata a nostro nome, conto in banca e macchina, a nostra figlia: Naya Williams. Siccome Naya è minorenne, vorremmo che venisse data in affidamento alla signorina Jennifer Collins, come suo tutore e genitore. La signorina è l’unica che può fare da vera madre a Naya. Courtney e Cristopher”>>
Vedo che la tristezza in faccia di Jenn, scompare all’improvviso, si trasforma in gioia pura.
Si alza, fa un piccolissimo, quasi impercettibile, esulto, e mi abbraccia piangendo di felicità.
Poi si rivolge a quel signore: <<Sul serio c’è scritto così?>>
<<Sì>>
<<Non scherza?>>
<<Affatto. Per prendersi la responsabilità di tutore della ragazza, deve firmare questi fogli, e confermare ciò che è stato detto dai rispettivi genitori>>
<<Mi dia una penna>>
Prendo la chitarra, è ora del mio momento, anche se me ne vergogno: <<Ciao a tutti, sapete benissimo chi sono. Oggi non è una giornata particolarmente felice, ma io, in parte, lo sono. I miei genitori, andandosene, stanno ridando vita al mio essere, ed alla mia felicità. Mi stanno permettendo di avere la migliore mamma che si possa desiderare. Jenn, noi eravamo, fino a due minuti fa, solamente amiche, migliori amiche. Adesso siamo madre e figlia…>>
<<Ancora no, deve finire di firmare>> mi interrompe ironico il misterioso signore. Riecheggiano delle risatine nella stanza.
<<Mamma, vorrei dedicare questa canzone che ho scritto ieri, al cambiamento interiore che ho fatto con te in questi ultimi mesi>>
Inizio a cantare: << “Mi sentivo morire dentro, e, forse, lo sentivo solo io. Una persona mi ha tolto tutto, e questa persona è Dio. Sentivo il mio cuore urlare e piangere, ma tu, mamma, mi hai aiutato a curare. Sento i miei occhi stanchi dalla fatica di guardare ciò che è vero dalla fantasia. Non voglio altro che averti con me, nient’altro voglio che sia… così meraviglioso…>>
Ho continuato per circa due minuti. Non sono brava a cantare, ma ci tenevo a cantarla io.
<<Grazie, anche se so che non sono uno spettacolo, mentre canto. Mi sono inventata il testo all’ultimo, ma ne è valsa la pena. – faccio un respiro profondo – Vorrei raccontarvi una cosa, un’osservazione che ho fatto adesso: qualche mese fa, io e Jenn, mia madre, avevamo in mente di darci dei soprannomi. Io le ho detto che, a qualunque costo, l’avrei chiamata sempre Jenn. Lei mi aveva soprannominato “Sis”, “sister”, “sorella”. Io, invece, “Soul Sister”, “anima gemella”. Ci reputavamo sorelle. Qualche volta mi chiamava anche “principessa”, spero continui. – mi rivolgo a mamma. Wow, che bello sentirlo! – Ora, per mia fortuna, ho l’onore di averti come madre, e di non doverti chiamare più Jenn, ma “mamma”. Sapevo che, un giorno, il giusto nome da etichettarti sarebbe arrivato, e questo è perfetto. “Mamma” ti si addice alla perfezione. Naturalmente mi manca la mia madre biologica, perché mi ha cresciuta nel giusto modo, mi ha visto imparare a camminare, ha sentito le mie prime parole, e, purtroppo, anche le ultime che le ho detto. Speravo che questo giorno non arrivasse mai, ma ha tutto c’è una fine, ma c’è anche un inizio. L’inizio in questione è l’avventura che dovrò fare con la mia nuova mamma, in questa dolorosa, ma sorprendente vita. Grazie di esistere, mamma. Ti voglio bene>>.
Mia madre sale sul palco abbracciandomi forte, il migliore che mi avrebbe mai potuto dare: <<Vorrei, anche io, dire delle cose carine e commoventi, ma non basterebbero, non sarebbero all’altezza. Naya, tu mi ha chiamato mamma almeno dieci volte in tutto il tuo discorso, ma… io non ho ancora firmato niente. – tutti scoppiano a ridere, nonostante la situazione – No, no, scherzo. Avrò calcato per tre volte la mia firma su quei fogli. Ora ho capito che il tuo soprannome, non è “Sis”, ma “principessa”. Non ho mai voluto così tanto bene ad una persona. Adesso saremo io e te contro il mondo, ma lo faremo nostro amico, perché, sapete come si dice: “fatti amico il tuo nemico”. Il mondo ci ha dato tante disgrazie, ma ci ha mandato anche tante cose belle>> mi indica alla fine.
Riprendo in mano la situazione: <<Sinceramente, io, non mi sento diversa, mamma. Forse, dentro di me, eri già una mamma. Il mio corpo non recepisce cambiamenti. Sono davvero fortunata>>
Mi sento davvero figlia, adesso. Figlia di una madre che mi ha trattato come sua figlia sin dal primo istante, sin dal primo sguardo, sin dal primo abbraccio. Perché per essere genitori, serve amore, non DNA.

CHIAMAMI PURE MAMMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora