I successivi due giorni passano veloci, è già sabato. Mi sveglia alle sette il campanello della porta. Sono molto assonnata in faccia, capelli scombinati raccolti in una disordinata coda, sono impresentabile. Mi avvicino, con gli occhi socchiusi, parlando con mia madre che sta dietro la porta: <<Ma', ti sei dimenticata le chiavi?>>
Apro la porta, ma non era proprio mia madre, era Jenn. Non mi aspettavo che arrivasse così presto. Interrompe il momento imbarazzante: <<Hai sbagliato soprannome: mi chiamo Jenn, non Ma'>> puntualizza ironicamente. Io spalanco gli occhi, che brutta figura.
<<Oh, ehm, scusa. Non...niente. Prego, entra. Scusa se sono così, ma...>>
<<Non sapevi che sarei arrivata adesso>> finisce la mia frase.
<<Già>> chiudo la porta alle sue spalle.
<<Vuoi che ritorno, magari, fra un'oretta?>>
<<No, tranquilla, anzi, sediamoci>> si siede e raggiunge subito la sua postura comoda: gamba destra accavallata sulla sinistra, l'ho notato gli ultimi giorno che l'ho vista.
<<Vuoi vedere qualcosa in televisione?>> prendo il telecomando.
<<Alle sette? Non saprei...>> mi risponde ironica.
<<Beh, in effetti>> mi rialzo per posarlo dov'era.
<<Bella casa>> cerca di rirompere il ghiaccio.
<<Vuoi fare il giro della casa, Jenn?>>
<<Adesso che chiami con il nome, sì, grazie>> accenno un sorriso.
<<Prego, da questa parte>> le indico le scale.
Saliamo quasi di fretta. Le indico i bagni: <<Questo è per me, quello per i miei - designo la camera dei miei genitori e la mia - e questa è la mia camera>>, finisco di parlare.
<<Non mi immaginavo così...>>
<<Buia? Lo so, i miei dicono che devo illuminare la stanza con la mia allegria, non con il colore delle pareti>>
<<Veramente?>>
<<Sì, ma, secondo me, è perché l'abbiamo comprata così e gli secca dipingerla>>
<<Solamente che il blu petrolio non ti donano>>
<<Lo penso anch'io, soltanto che loro mi hanno fatto la domanda più difficile della mia vita: "quale colore ti dona?". "E che ne so", ho risposto, ed ho avuto come compromesso a tutto questo: "se non sai che colore ti dona, vuol dire che nessuno può farlo, quindi ti tieni il blu petrolio">>, ho descritto in una sola frase i miei.
<<Io, se fossi tua madre, te le avrei tinte di bianco con qualche adesivo da parete musicale e vivace>>
<<Grazie mamma di un mondo parallelo>>
<<Prego figlia di un mondo parallelo>> mi abbraccia dopo quella frase.
Continuo facendo vedere la mia scrivania: <<Questa è la mia scrivania nel mondo reale>> la presentai con la mano.
<<Anche questo non l'hai scelto tu, vero?>>
<<Giusto, non ho scelto niente>>
<<Proprio niente?>>
<<Solo il laptop, perché l'ho portato dalla mia vecchia casa>>
<<Ed è del colore che vuoi? Nero?>>
<<No, l'avrei voluto argento>>
<<Perché nero, allora?>>
<<Perché così, quando sarò grande, il nero trasporterà alla gente serietà, almeno, così dicono. Secondo me, è perché costava meno>>
<<E tu non dici niente?>>
<<No>>
<<Sapevo che fossi educata, ma una cosa che hai voluto fino in fondo, c'è in questa stanza?>>
<<Sì, gli auricolari>> dico, tirandoli fuori dalla tasca.
<<Stai scherzando?>>
<<Sì e no>> dico alternandoli e sottolineando in "no". <<Invece, dimmi, come sarebbe la mia camera se fossi tua figlia?>>
<<Prima di tutto: pareti bianche, come ti ho detto, scrivania azzurro chiaro, come il cielo, con sopra un laptop nuovo color argento, qualche quadro con nostre foto e con i tuoi amici, degli scaffali verdi, sempre chiari, come i tuoi occhi...>>
<<Ma i miei occhi sono marroncini>>
<<No, assolutamente>> prende il telefono ed attiva la torcia. Ci avviciniamo allo specchio mezzo rotto della parete più isolata della camera. Indirizza la luce verso i miei occhi, li guardo riflessi: verdi.
<<Non è possibile>> li guardo con più attenzione, prendendo il possesso del cellulare. <<Come ha fatto a notarlo, se non me ne sono mai accorta neanche io?>>
<<La prima volta che ti ho visto, ti ricordi che siamo rimaste a guardarci negli occhi in silenzio per un po'? in quel momento il sole te li illuminava, e l'ho notato>>
<<Neanche i miei l'hanno mai notato: li ho castani e basta per loro>>
<<No, se guardi bene, un po' marroni lo sono, ma hanno l'interno della pupilla verde con delle strisce verdi chiaro, come se fosse un tronco d'albero>>
Continua quello che stava facendo, mentre scendiamo le scale: <<Poi lo specchio avrà i bordi...>> si ferma perché salto gli ultimi quattro scalini, <<...rossi>>.
<<Scusa, Jenn, lo faccio sempre, è come un rito per me>>
<<Avevo paura che cadessi, mi sono preoccupata>>
<<Neanche mia madre si preoccupa>> dico ad alta voce, neanche me ne accorgo. <<Oh, l'ho detto ad alta voce?>> chiedo sapendo già la risposta. Mi copro la faccia con le mani, stringendo i denti.
<<Tranquilla, anzi, mi hai fatto un complimento. Sarebbe un onore essere tua madre, guarda>>
<<Mia madre non lo pensa>>, ci sediamo sul divano.
<<Devi vedere il bene che ti vuole da piccoli gesti>>
<<Tipo?>> resta ferma. <<Non mi ha neanche fatto scegliere il colore delle pareti della MIA stanza, che poi è MIA. Mi dice di riordinare la mia stanza, ma se è mia la lascio come voglio, ma lei mi risponde sempre che la mia stanza è dentro la sua casa. Cosa dovrei fare, chiedere l'autonomia della mia camera ad un referendum?>>, lei ride leggermente e mi riabbraccia.
Arrivata ora di pranzo voleva prepararmi qualcosa, ma non sa cucinare, almeno, non me l'ha detto esplicitamente: <<Ordiniamo una pizza?>>
<<Margherita>>, alzando la mano.
<<Pure per me>>
Mangiamo in un'ora perché parlavamo anche lì.
Parliamo fino a quando non arrivano i miei, fino a sera. Mia madre esordisce con questa frase entrando in casa: <<Ciao Jennifer, vi siete divertite?>>.
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CHIAMAMI PURE MAMMA
Ficção AdolescenteSono una ragazza molto introversa con alcune persone, ma con altre sono diversa, quasi non mi riconosco. Sono arrivata in questa nuova città, così fredda e cupa, ma solo una persona riesce a far splendere il sole: Jennifer Collins, la mia consulente...