Le due ore successive passarono in fretta, a parte ginnastica. La odio. Odio sudare, odio faticare per una squadra che neanche conosco, ma, nonostante odi fare sport, sono abbastanza magra. Uscii dallo spogliatoio con me che spruzzavo ancora profumo, odio puzzare. Arrivata con calma alla segreteria, da Jennifer e Britt, esordisco con questa frase: <<Se puzzo è colpa della Noviko, Novike, qualcosa, come cavolo si dice>> pronuncio queste parole con la mano sulla schiena dolorante.
<<Novikozlov, è russa>> mi corregge Jennifer.
<<Anche io russo, soprattutto la notte, ma non sgrido le persone e gli faccio del male praticando ginnastica in una scuola pubblica dell'America>> ridono esageratamente, ma io sono seria, serissima.
<<Pensa, io, prima che non riuscissi a dire il nome, non la chiamavo. Per parlarle le dicevo: "Ehi, tu, ehm...">>
<<Innovativo, lo userò anche io, grazie per il consiglio>>
<<Ma dai, alla fine è simpatica>>
<<Sei ironica? Perché in quel caso dovrei ridere>>
<<Almeno tu non devi "simpatizzare" con lei, non te la devi fare amica>>
<<Non ci tengo, e, comunque, non simpatizzo con i professori, o con gli adulti in generale>>
<<Con noi sì. Aspetta, vuol dire che non siamo amiche?>> Jennifer e Britt si guardano sorridendo e fanno una specie di saluto che facevo io fino alla terza elementare con le amiche del cuore.
Ridiamo tutte, un momento felice che non doveva essere rovinato. Ho sentito un clacson della macchina dell'ultima persona che volevo vedere in quel momento: mia madre.
Madre si faceva per dire. L'unica persona che sento come madre sono io stessa, sono dovuta diventare autonoma. I miei genitori fanno sono due cose: mi preparano da mangiare, e mi accompagnano a scuola. Non mi hanno peso neanche il libro di francese, ho ancora quello della professoressa. Non ho mai avuto dei veri e propri genitori da invidiare, ma va bene, mi accontento.
<<Ehm, vi devo salutare, c'è mia madre fuori, quindi...>> Jennifer non mi lascia finire.
<<Oh, ok, ti accompagno. Un'occasione per conoscere tua madre>>
<<No, ma non è costretta...>> mi aveva già superato.
Vedo mia madre interessata a parlare con Jennifer, mentre lo faceva mi guardava, contenta. Parlavano del fatto che sono l'aiuto-consulente, di quanto faccio meravigliosamente schifo. Poi ho sentito mia madre parlare di un'uscita con mio padre, ma perché glielo stava dicendo? Che le importa?
Le raggiungo di corsa, salutando Britt da lontano e saltando gli ultimi tre scalini aggrappandomi per scivolare dall'appoggio al lato. Atterro meravigliosamente, ma una voce familiare mi ricorda: <<Prima o poi ti farai male, Naya>>
<<Non accadrà, mamma>>
Jennifer chiude il discorso con mia madre: <<Per me va bene, penso di essere libera quel giorno. Naya ha il mio numero, può scrivermi o chiamarmi in caso di cambiamenti. È stato un piacere conoscerla, signora Williams>>
<<Courtney, anche per me è stato un piacere Jennifer. A presto>> salgo in macchina.
<<Arrivederci. Ciao, Naya>>
<<Ciao, Jenn>>
<<Sì, mi piace Jenn, ciao>> saluta con la mano all'ultimo secondo.
In macchina ho voluto spiegazioni: <<Mamma, di cosa parlavi con Jenn?>>
<<Questo sabato, io e tuo padre, saremo fuori>>
<<Aspetta, quindi Jenn verrà qui per farmi da "babysitter"?>>
<<Una specie, ti farà compagnia>>
<<Va bene>>
Entriamo a casa, mangiamo subito e mi chiudo nella mia stanza. Voglio solo stare sola ad ascoltare musica.*Spazio scrittrice*
Mi dispiace per questo capitolo corto, ma presto saranno più lunghi
- Caracol
STAI LEGGENDO
CHIAMAMI PURE MAMMA
JugendliteraturSono una ragazza molto introversa con alcune persone, ma con altre sono diversa, quasi non mi riconosco. Sono arrivata in questa nuova città, così fredda e cupa, ma solo una persona riesce a far splendere il sole: Jennifer Collins, la mia consulente...