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Seonghwa

Dopo la perdita del giorno prima, tornare a casa e non darmi alla più totale disperazione era stato praticamente impossibile. Non appena infatti entrato in camera ero scoppiato a piangere e un urlo straziante aveva lasciato la mia gola, per poi tornare a tacere nel momento in cui avevo sentito le braccia di Hongjoong avvolgermi. Se non avessi avuto lui lì a sostenermi tutto sarebbe andato nel peggiore dei modi e probabilmente non sarei nemmeno riuscito a presentarmi quel giorno per la mia seconda prova.

Era iniziata da qualche ora ormai ma nè io nè mio zio ancora eravamo riusciti a dare dei risultati. Quella di quel giorno era la caccia al tesoro: c'era qualcosa di nascosto nel bosco del castello e il primo che l'avrebbe trovata avrebbe vinto. Non sapevamo nè cosa fosse nè dove stesse, soltanto conoscevamo la presenza di otto biglietti sparsi tra gli alberi e i cespugli, biglietti dove avremmo potuto trovare qualche aiuto, consiglio o indizio per capire di cosa si trattasse e il punto in cui era.

Durante l'arco di tempo in cui era cominciata la sfida avevo trovato soltanto un biglietto su cui c'era scritto che l'oggetto l'avrei visto in maniera più semplice sotto la luce del sole: avevo intuito che fosse qualcosa che rifletteva la luce, perciò qualcosa di vetro o metallo.

Continuavo ad aggirarmi tra gli alberi, facendo sempre attenzione a dove mettevo i piedi sia per non cadere ma anche per non perdere alcun tratto di terra dove avrei potuto trovare l'oggetto del mio desiderio.

Non potevo assolutamente perdere anche quella sfida, o altrimenti avrei perduto il regno per sempre. Avevamo organizzato di proposito tre sfide e, colui che avrebbe ottenuto più vittorie, sarebbe stato quello che avrebbe avuto il regno come premio. Mio zio aveva già vinto una volta, se avesse vinto di nuovo per me sarebbe stata la fine.

Camminavo posando gli occhi su ogni albero, sotto ogni pianta, vicino ogni sasso e facendo anche attenzione agli uccelli e ai roditori che si trovavano in quel posto, ma ancora niente: iniziai anche a temere che magari mio zio aveva già vinto e che non si era curato di farmi tornare indietro, molto più felice di farmi disperdere in mezzo alla natura e di non vedermi più.

Scossi la testa per cercare di cancellare tutti quei pensieri negativi e tornai alla mia ricerca, mettendo maggiore concentrazione su ciò che facevo e prendendo ad aumentare il passo, non perdendo nemmeno un attimo. Ora non era più questione di fortuna e bravura quanto di tempo, dal momento che era molto che ci trovavamo entrambi a girare per quel bosco.

E poi, dopo qualche minuto in cui presi anche a rinunciare a tutto, un riflesso mi arrivò dritto nell'occhio destro. Alzai subito la testa e la voltai verso quella parte, notando con piacere qualcosa che splendeva sotto la luce del sole che trapassava tra le chiome degli enormi alberi che sovrastavano quel terreno. Sbattei più volte le palpebre per accertarmi che tutto quello fosse reale e, quando capii che lo era, presi a correre verso quell'oggetto che probabilmente mi avrebbe permesso di vincere la sfida.

Quando fui piuttosto vicino ad esso capii di cosa si trattasse e sorrisi spontaneamente: si trattava di una coppa con delle piccole gemme incastonate che spesso mi era capitato di vedere nella camera dei miei genitori quando ero piccolo. Mi divertivo a giocarci da bambino, ci versavo sempre la coca cola e poi mi sentivo sempre grande ogni volta che ci bevevo.

Fui ad un passo dal prenderla e poi mi chinai su di essa, afferrandola immediatamente e notando quanto in realtà fosse piccola rispetto a quando ci giocavo da ragazzino. Mi voltai per assicurarmi che mio zio non fosse vicino a me e poi iniziai di nuovo a correre per la strada che avevo appena percorso, cercando di ricordarmi i minimi dettagli che mi avevano permesso di arrivare in quel punto del bosco.

Sperai che l'oggetto vincita di quella sfida fosse proprio quello che avevo tra le mie mani ma ne ero quasi certo al cento per cento, anche perchè aveva un significato sia per me che per il fratello di mio padre, dal momento che entrambi avevano tenuto in alto quel calice quando erano stati giovani.

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