SIDNEY
Sbuffo impaziente. Non poteva esserci sfiga più grande di questa. Il primo taxi mi ha dato buca ed io sono sola davanti alla sede centrale mentre aspetto che si presenti il secondo taxi.
Alan ed Ethan si erano offerti di darmi un passaggio, ma ho rifiutato. Sono rimasta in ufficio a rivedere le ultime cose e a cercare di capirci qualcosa in più sul nostro amato (si fa per dire!) serial killer.
Guardo di nuovo l'orologio che porto al polso, e sbuffo. Anche questo è in ritardo!
Porto le braccia sotto al seno, tenendo stretto il cellulare tra la mano destra. Ad un certo punto lo schermo si illumina e lo guardo. Quando sono in riunione o sto facendo qualche lavoro importante, tolgo sempre la suoneria perché mi infastidisce essere disturbata. Eppure, dopo dimentico sempre di reimpostare la suoneria, o almeno la vibrazione.
Messaggio BFF: Alan mi ha raccontato tutto. Sei una grande!
Sorrido e reprimo un risolino. Nonostante ci siano solo tre ore di fuso orario tra San Francisco e New York, io ed Abigail facciamo sempre una gran fatica a sentirci per chiamata. Lei ha il suo bel da fare con le bambine ed io con il caso. I nostri orari non coincidono mai.
Le rispondo con un semplice ti voglio bene, e torno ad osservare la strada davanti a me. E' deserta e qualche lampione non funziona. La luce ad intermittenza che proviene da quello più vicino a me, non fa altro che incutermi una sorta di terrore.
La verità è che più mi addentro nel cuore del caso e nella mente del serial killer e più mi sento emotivamente coinvolta, ed è un male. Il passo falso più grave che un profiler possa fare è provare eccessiva empatia nei confronti delle vittime. Si inizia a non essere imparziali, a voler fare giustizia a tutti i costi e si perde di vista la realtà.
<<Hai bisogno di un passaggio?>> La voce arriva alle mie orecchie ed io reprimo un grido isterico. Mi porto una mano sul cuore, che ha iniziato a battere veloce, e guardo il mio interlocutore.
Vorrei iniziare a sbraitare, ma la vista che si offusca per un attimo me lo impedisce. La gola si fa improvvisamente secca e il suono dei miei battiti inizia a diventare insistente nelle mie orecchie.
Muovo la mano su e giù, dando di tanto in tanto dei colpetti, come se servisse a qualcosa.
<<Cazzo ragazzina non volevo spaventarti in questo modo.>> Si avvicina e mi prende tra le sue braccia, iniziando ad accarezzarmi la schiena con movimenti circolari e ad imprimere il ritmo della respirazione.
<<Respira con me.>> Inizia a dettare il ritmo, ma non riesco a seguirlo.
Pian piano il suo respiro e la sua voce si fanno sempre più lontani. Poi il buio.
Un odore acre mi pizzica le narici e mi fa storcere il naso. Con calma apro gli occhi e cerco di farli abituare alla luce bianca presente nella stanza e puntata interamente su di me.
Muovo le mani intorpidite così come le gambe, provando un fastidio tremendo quando uno strano formicolio le percorre.
Cerco di alzarmi e, dopo qualche tentativo a vuoto, ci riesco.
<<Finalmente si è svegliata.>> I miei occhi si posano su un giovane uomo col camice bianco.
Per un attimo, l'immagine di Steven mi passa davanti agli occhi.
Mi ha salvato la vita. E gliene sarò sempre grata. A dirla tutta, un po' mi manca.
Nonostante non lo conoscessi così bene, mi piaceva averlo intorno nei momenti di compagnia.
STAI LEGGENDO
Sii la mia luce
Chick-LitTravis McGregor non ha affrontato nulla di semplice nella sua vita. Vittima del traffico di minori quando era solo un neonato, ritrova la sua famiglia dopo ben trentuno anni. Quando tutto sembra andare per il meglio però, un evento improvviso cam...