Parte 11

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Dylan

Dopo le nostre reciproche rivelazioni, abbiamo deciso che i brutti ricordi, le bieche sensazioni, hanno occupato troppo spazio in questa giornata.

Non ne meritano altro.

Ordiamo cinese, e giochiamo a rubarci il cibo in una vera e propria guerra all'ultima bacchetta.
Pancia piena, sorriso soddisfatto sulle facce, intavoliamo discorsi leggeri.

"Signore e signori: L'opera delle opere!" Indico con le mani la sua figura, come se stessi presentando la creazione di punta della mostra.

E lei ride di gusto alla mia performance, per poi bloccarsi in una posa plastica come se fosse la Statua della Libertà: la mancina a sorreggere un album da disegno e la destra alzata con un cartone vuoto del cibo da asporto al posto della fiaccola.

"Se sapevo che sareste andati così d'accordo, avrei evitato di sistemare l'altra stanza!"

Ed eccolo il padrone di casa fare il suo ingresso senza chiedere il permesso.

"Ma prego, entra pure!" Imprimo tutto il sarcasmo di cui sono capace, mentre la ragazza monumento arrossisce colta in fallo.

"Grazie per l'ospitalità, Dylan. Sono solo passato a vedere se era tutto a posto. Angel, la location è di tuo gradimento?"

"Perfetta, CJ." Mormora imbarazzata.

"Dirò a Ophelia che hai gradito. Allora, tolgo il disturbo. Vi lascio lavorare alla vostra opera delle opere. Eh, sì... Ti ho sentito, ragazzo." Sorride alla mia figuraccia.

Come è arrivato si dilegua, lasciandoci di stucco per un lungo momento, spezzato dai risolini della mia Musa.

"Ti ha fatto il verso!" E la risata esplode tra le pareti.

Fermate il tempo, chiudeteci in questa bolla; ditemi dove devo firmare, perché non penso di poter più fare a meno di lei.

"È arrivato il momento di togliere il disturbo. I bagagli non si svuotano da soli." Asciuga qualche lacrima sfuggita e si accinge a sparecchiare il letto dove abbiamo consumato il pasto.

"In uno sembra che tu ci abbia messo un cadavere, da quanto pesa!" Getto le ultime cose nell'immondizia, mentre faccio finta di sciogliere i muscoli del collo per enfatizzare le mie parole.

"Sono i miei attrezzi, scemo! E... qualche chilo di creta. Avrei davvero voglia di mettermi al lavoro, ma per un paio di giorni mi accontenterò di fare qualche schizzo. Appena mi sarò messa in sesto con la mano, non avrò più scuse."

"Te la senti ancora di farmi da modella?"

"Certo, non l'ho mai fatto... Mi spaventa un po' il dover restare immobile, a dire il vero."

"Vedremo cosa si potrà fare in merito." Schiaccio un occhiolino.

"Per quanto riguarda il... resto?"

Noi. Fa riferimento a noi.

"Sei pentita?"

"No, no, assolutamente. Ma capisco che potrebbe essere stato un momento dettato dalla situazione non proprio... stabile?"

"Se posso essere sicuro su una cosa, mia cara Angel, è quello che c'è stato tra noi. Te l'ho detto, mi sei rimasta qui dentro dalla prima volta che mi sei piovuta, letteralmente, tra le braccia." Indico la testa con l'indice della destra.

Il suo viso si apre in un sorriso entusiasta e io ricomincerei da capo.

"Allora, io vado. Ci... Ci vediamo dopo."

"Perfettamente Imperfetti" Volume III "Lacerata, come pioggia sulla pelle"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora