Dylan
Brooklyn, precisamente Bushwick, mi ospita da tempo.
Tra i suoi edifici, ricoperti dai murales, mi sento a casa anche quando sono per strada.Fermo alla pensilina del pullman, attendo con impazienza il mezzo che mi strapperà dalle vie artistiche per portarmi da mia madre.
Sguardo fisso davanti a me, tento di non guardare verso il cielo; nelle orecchie, sparata a tutto volume, musica rock della vecchia guardia, perché nel 2033 si può affermare di tutto, ma non che si faccia della buona musica.
Mi concentro sulla voce graffiata del cantante, sulla chitarra elettrica, ma non serve a nulla.
Lo so, le nuvole si stanno radunando.
E no, non lo so se saranno clementi con me.L'arrivo di un messaggio ammutolisce la canzone; questione di pochi istanti e, questa, ritorna a rimbombare nella mia testa.
Ethan ha saputo da mia madre che stasera farò loro l'onore della mia presenza.
Sorrido proprio a quella parola, 'onore', mentre prendo posto sul bus sgangherato.
Non posso dargli torto, da quando la primavera ha scavalcato l'inverno, mi sono tappato tra le mura del mio appartamento.Ethan...
Con lui non mi devo giustificare, non ce n'è bisogno. Perché è l'amico di sempre, quello che ti guarda le spalle quando i pensieri distolgono l'attenzione da tutto ciò che ti circonda.
Da quando ci siamo incontrati in prima elementare, dopo il nostro improvviso trasloco, non ci siamo mai persi di vista. Abbiamo sempre frequentato le stesse scuole, compagni di banco per la vita, fino a quando la nostra creatività ci ha portato su strade diverse.
Musica e Arte, strumento a fiato e pennello; nonostante tutto, abbiamo trovato il modo per vederci, frequentarci, vivere la nostra amicizia negli anni.O meglio, Ethan ha trovato il modo per restare al mio fianco.
Lui e la sua fottuta e fidata tromba non sono mai mancati a casa mia. Per anni i miei timpani si sono goduti le sue note, più o meno intonate, con mia madre seduta al pianoforte intenta ad accompagnarlo nelle sue acrobazie, mentre io, nella stessa stanza, scarabocchiavo, dipingevo le mie opere.
Si è fatto un nome tra gli artisti; piccolo, ma pur sempre un nome.
Il sottoscritto? Non ancora.
Vendo qualche quadro di tanto in tanto e sbarco il lunario grazie a lavoretti saltuari.Ma adesso ho la mia occasione.
Un incontro casuale, seguito da altri che di casuale non avevano la ben che minima ombra, strano, improvviso, sottovalutato in partenza, si è concretizzato in un cartoncino nero cosparso di caratteri dorati.
Non ho dovuto neanche accettare, mi sono state date un paio di chiavi, una pacca sulla spalla e un sono sicuro che ci rivedremo presto.Quelle chiavi le ho osservate per giorni. Poi, un mattino, il sole ha deciso di farle risplendere e io di prenderle e aprire il mondo che custodivano.
Una stanza con un divano letto premuto contro un muro, un minuscolo bagno e una piccola cucina attrezzata.
Un biglietto di benvenuto, bloccato con una calamita all'anta del frigorifero, ha atteso pazientemente il mio arrivo.Ho chiesto che fosse rifornita di ogni comfort.
Usala, crea. Metti la tua paura e sigillala dentro le tue opere.
CJQuando il tempo mi è avverso, e non mi da possibilità alcuna di tornare a casa, mi rinchiudo in quel rifugio. Scarico le emozioni fino a quando, fuori, la tristezza del cielo cambia forma.
Fino a quando insieme torniamo a sorridere.Il West Village mi accoglie, ma non mi mette a mio agio; non è colpa sua. Il pavimento che mi sovrasta dall'alto si fa sempre più scuro, è lui l'artefice del tremore che mi agita il sangue nelle vene.
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"Perfettamente Imperfetti" Volume III "Lacerata, come pioggia sulla pelle"
ChickLitAngel è cresciuta in fretta, ha dovuto, non ha avuto scelta. La cecità di sua madre l'ha obbligata a vestire i panni di adulta, quando adulta, ancora, non era. La lama di un bisturi, la vede, la sente sulla pelle, la sogna di notte. Incubo a occhi...