Parte 19

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Angel

Resilienza.
In psicologia, la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà.
Praticamente il momento in cui tocchi il fondo e, finalmente, ti rialzi.

Beh, sto aspettando che questa ultima fase sopraggiunga, l'aspetto a braccia aperte.
Perché, per Dylan, buttare fuori il passato, gli incubi che hanno affollato per anni le sue notti insonni, ha mostrato infine il conto.

Un conto davvero salato, oserei aggiungere.

Sono giorni di alti e bassi, di arte e di crisi.
Pronta ormai a tutto, l'ho supportato come meglio ho potuto.
Sotto consiglio di mia madre, mi sono armata di pazienza, di delicatezza e di forza, così tanta che neanche sospettavo di possedere, e ho accolto il suo dolore in tutte le sfaccettature che mi si sono palesate di fronte.

Ma il temporale notturno che in questo momento imperversa, ulula fuori dal laboratorio è troppo anche per me.
Un paio di tuoni roboanti e Dylan si è rintanato in un angolo, lontano dalla finestra; testa bassa, ha preso a dondolarsi con gli occhi fissi sulle sue mani, rifiutando qualsiasi soluzione mi sia passata per l'anticamera del cervello: le cuffie, la tela e i pennelli...
Tutto, anche la sottoscritta.

Eclissato nella sua testa, nei ricordi, si è annullato completamente.

Sto tergiversando, col suo telefono in mano, indecisa sul premere o meno il contatto che sfavilla sullo schermo come un salvagente: chiamare o non chiamare.
Un tuono, l'ennesimo sussulto, e non mi dà altra scelta, l'unica che può sapere come affrontare questa crisi è lei.

"Dylan, tutto bene?"

"Signora Blanc, sono Angel. Mi dispiace disturbarla a quest'ora, ma... Ho un problema."

Altaleno lo sguardo dal pittore alla strada, in attesa di scorgere i fari del taxi che sta portando Sue da suo figlio.
Ma lo stupore si impossessa dei miei muscoli facciali quando a parcheggiarsi davanti alla mia Mustang è un'auto che ben conosco e che mai avrei pensato di vedere in questo preciso momento.
Mi scaglio verso l'uscio per aprirlo il più in fretta possibile ed evitare così che i nostri ospiti restino sotto l'acquazzone.

"Dov'è?" Nessun convenevole, nessuna spiegazione, non c'è tempo da perdere.

Indico lo spazio in cui la figura piegata su se stessa prosegue il suo movimento, estranio a quello che lo circonda.

"Didi..." La madre si spoglia della mantella, asciuga le mani bagnate sui jeans e si dirige, senza indugi, verso il fantasma in cui è ridotto il nostro ragazzo.

"Angel... Lasciamoli soli, andiamo a preparare qualcosa di caldo. Tesoro, se hai bisogno, siamo nel laboratorio qui accanto."

La pianista mi regala un cenno, un sorriso che dovrebbe rassicurarmi, per poi voltarsi a mormorare parole di conforto verso quel muro fatto di carne.

Mi sento inutile... Inutile e frastornata.
E confusa, a causa della presenza maschile che mai mi sarei immaginata di vedere vicino alla madre del mio pittore da strapazzo. Eppure, non mi resta altro da fare se non lasciarmi guidare dall'uomo che due mesi fa mi ha accolta tra queste mura, dandomi un tetto sotto cui lavorare alle mie creazioni.

"Da quanto va avanti, CJ?"

Il quesito sfugge dalle mie labbra, mentre cerco tra il pentolame, non così numeroso a dire il vero, qualcosa che vada bene per preparare una tisana. O forse sarebbe meglio una camomilla, vista la situazione.
Se Dylan riuscirà a tornare vigile, la presenza di Caden, nei dintorni di sua madre, potrebbe scatenare qualche strana reazione.

"Perfettamente Imperfetti" Volume III "Lacerata, come pioggia sulla pelle"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora